“Là sotto c’è un cimitero” avevano affermato i sommozzatori dopo aver perlustrato l’ampio garage sotterraneo, completamente inondato, del centro commerciale alle porte di Valencia. I soccorritori temevano di trovare ancora centinaia di morti. Persone rimaste intrappolate tra acqua e fango, nel tentativo di recuperare la propria auto per fuggire dalla furia di Dana.
Oggi, lunedì 4 novembre, le notizie sono invece incoraggianti: non sono stati trovati cadaveri. Ma il Bonaire ad Aldaia, ‘shopping mall’ tra i più grandi della Spagna, è diventato uno dei simboli dell’alluvione che, secondo il bilancio aggiornato, ha finora causato 217 morti.
In quel grande centro commerciale da 5700 posti auto, distribuiti su più piani, la sera di martedì 29 ottobre 2024 c’era anche Paolo Manzi, fotografo naturalista originario di Sondrio, metà valtellinese e metà piacentino, da due anni residente in provincia di Piacenza.
Da ottobre fino a febbraio Paolo si trasferisce vicino Valencia per fotografare animali e organizzare workshop di fotografia con alcuni clienti. Vive a Casinos, paesino di circa 3mila anime a 45 minuti di macchina dall’aeroporto. Si è salvato perché, fortunatamente, si trovava nel parcheggio al livello superiore del Bonaire.
“Anch’io ho saputo dei potenziali morti nel parcheggio seminterrato solo sabato” racconta a TAG24. “Mi ero recato al centro commerciale perché è nei pressi dell’aeroporto e il volo della persona che dovevo andare a prendere era in ritardo. Erano le otto di sera. Ai negozi non sono mai arrivato: sono rimasto bloccato in macchina tentando di andare via. Quando è arrivato quel maledetto alert le strade erano già allagate”.
Alluvione a Valencia, la testimonianza di Paolo Manzi: “La notte in macchina nel parcheggio del centro commerciale Bonaire”
Il paese di Casinos non è stato interessato dall’alluvione: Manzi racconta che, se fosse rimasto a casa, non si sarebbe accorto di nulla. “Tutti i paesi sul corso del Rìo Turia, da Utiel fino alla foce, invece sono stati distrutti” spiega.
“Io ho provato ad andare via dal Bonaire, ma non ci sono riuscito. Quando è arrivato l’alert tutte le persone che si trovavano lì hanno tentato la fuga, quindi si è creato un ingorgo e l’autostrada era già allagata. Sono tornato indietro, percorrendo un pezzo di strada totalmente in retromarcia, e sono salito su un’aiuola con la macchina perché ho visto che l’acqua continuava ad aumentare. Fortunatamente, a un certo punto, ha smesso e quindi sono rimasto nell’auto aspettando che defluisse. La situazione è migliorata intorno alle due o alle tre di notte: era buio, c’erano detriti ovunque, macchine ribaltate, nessuno sapeva cosa fare. Allora ho dormito lì, come hanno fatto tante altre persone”.
La mattina successiva Manzi nota dei veicoli: ma non erano i soccorsi. Tutt’altro.
“Invece di portare aiuti, ho visto membri della comunità gitana iniziare a rubare tutto ciò che potevano. Allora ho deciso di andarmene: la mia macchina per fortuna funzionava. Ovviamente raggiungere casa è stata un’odissea: Casinos è dall’altra parte rispetto al Rìo Turia ed erano saltati molti ponti. Per trovarne uno agibile ho impiegato quattro ore”.
Foto copertina e gallery Paolo Manzi
Il ritardo nei soccorsi e le polemiche
Il presidente della Comunità Valenciana, Carlos Mazón, è stato travolto dalle polemiche per aver sottovalutato l’intensità delle piogge, nonostante fosse stato avvertito delle conseguenze da parte del centro meteo nazionale. L’alert è infatti arrivato con un ritardo che si è rivelato fatale poco dopo le 20, quando moltissime persone erano fuori casa o stavano uscendo dal lavoro. Nella giornata di ieri anche il re Felipe e il primo ministro Sanchez sono stati pesantemente contestati dalla folla, mentre erano in visita presso le zone alluvionate.
“I soccorsi sono arrivati ugualmente in ritardo. Oltretutto venerdì, nei centri maggiori, venivano respinti anche i volontari che provavano ad andare a Valencia con le pale dopo gli appelli dei cittadini. C’è molta disorganizzazione. Nei piccoli paesini dell’entroterra credo che la situazione stia migliorando molto più rapidamente: lì ci sono molti contadini che hanno messo a disposizione macchinari e attrezzatura” racconta il fotografo.
La città di Valencia, invece, “è intonsa”. Non ha subito danni: “La sera del 31 ottobre c’erano i ragazzini che facevano ‘Dolcetto o scherzetto'” sottolinea. Il turismo non si ferma, all’aeroporto di Manises non è successo nulla. “Anche se sconsiglierei comunque di venire in una situazione del genere”.
Secondo gli ultimi aggiornamenti, probabilmente ci vorranno mesi per ripulire completamente le strade. “Ci sono 8mila camion che dovranno essere rimossi dall’autostrada” afferma Paolo Manzi.
“I detriti sono dappertutto. Sabato 2 novembre ho fatto un giro nei paesi dell’entroterra per un reportage fotografico. Lì ci sono molti volontari che si sono organizzati autonomamente: trasportano l’acqua, puliscono, hanno allestito centri di accoglienza improvvisati. Sono tante le situazioni disastrose”.
A Casinos, nonostante non sia tra le località colpite da Dana, si stanno verificando problemi di approvvigionamento di acqua e cibo.
“I residenti di altri paesi stanno venendo a fare la spesa nei supermercati qui, dato che sono aperti. Non c’è più acqua ed è finita la farina, per esempio” racconta.
“Sembra uno scenario dell’epoca Covid, per intenderci. I camion non riescono ad arrivare a causa dei detriti e quindi il cibo comincia a scarseggiare. Oggi sono uscito per comprare qualcosa (ieri, domenica 3 novembre, ndr) e le panetterie erano tutte chiuse: il pane era terminato. Mancano anche la carta igienica e i prodotti non deperibili come i cibi in scatola. È rimasto proprio poco” sottolinea.
Lo sciacallaggio e quelle scene “da incubo”
Manzi sta ancora cercando di metabolizzare quanto accaduto. “Ciò che mi ha colpito di più è stato vedere lo sciacallaggio, forse perché non mi aspettavo una reazione del genere di fronte a una tragedia simile. Scene da incubo” racconta.
“Il centro commerciale Bonaire non è al chiuso come in Italia: qui i negozi sono all’aperto perché di solito c’è sempre bel tempo. Uno di questi è Decathlon, che ha due entrate con le porte scorrevoli. Quindi l’acqua è entrata da una parte e, quando è uscita dall’altra, ha trascinato qualsiasi cosa con sé. Tende, zaini, borse, scarpe, vestiti. È successo anche con altri negozi. Ho visto persone arrivare e caricare di tutto. Quando non hanno più trovato roba in giro, hanno iniziato a spaccare i finestrini delle auto rimaste vuote”.
Non solo gli sciacalli. Sono diverse le immagini rimaste impresse nella mente di Paolo Manzi.
“Passando su un ponte ho visto tre macchine sepolte dai detriti nel fiume. Mi auguro che non ci fosse dentro nessuno. E poi, quando ho provato a prendere l’autostrada- seguendo Google Maps- ho finito per costeggiarla tramite una strada parallela. Ho potuto notare camion ribaltati, macchine girate su un fianco, una fila interminabile di persone che andava verso Valencia a piedi. Probabilmente tutti lavoratori della zona industriale, sorpresi dalla piena, che hanno passato la notte nei capannoni delle fabbriche. E poi i ponti, completamente distrutti: scene da film apocalittici”.
Paolo non dimentica inoltre quel terribile momento, durato fortunatamente pochi minuti, in cui ha dovuto agire velocemente e con freddezza per salvarsi: “Ho dovuto tentare la fuga mentre vedevo macchine che galleggiavano, una Tesla che scivolava via come una barchetta di carta e con l’acqua arrivata quasi alle portiere.”