L’attrice trentanovenne Anna Kendrick ha debuttato come regista firmando una pellicola thriller intitolata “Woman of the Hour”, basata sulla vera storia del killer Rodney Alcala e della sua partecipazione al programma televisivo The Dating Show. Presentato in anteprima l’8 settembre 2023 al Toronto International Film Festival, è poi uscito nelle sale canadesi nel 2024. In Italia è stato reso disponibile per lo streaming sulla piattaforma Netflix a partire dal 18 ottobre 2024.
“Woman of the Hour”, recensione
1978.
Nella calda aria di una soleggiata Los Angeles c’è una giovane ragazza, di circa trent’anni, di nome Cheryl Bradshaw (Anna Kendrick) che sta cercando strenuamente di fare successo come attrice. Una delle tantissime donne che ogni anno si trasferiscono nella città delle star inseguendo le luci della ribalta, come gazze ladre attratte dal luccichio di una collana pregiata. Milioni di aspiranti attrici e soubrette sfilano tutti i giorni lungo le vie cittadine correndo tra un casting all’altro, coi loro corpi longilinei, quasi perfetti, ma tutti così banalmente uguali. E Cheryl non è da meno coi suoi grandi occhi da cerbiatta incorniciati da un folto strato di lunghe ciglia incurvate, il naso aquilino, il sorriso perfetto, la carnagione chiarissima e il fisico assai minuto ma comunque attraente; però tutte queste cose non la fanno apparire tanto diversa, o speciale, al punto da fare la differenza.
E allora cos’è che la rende così particolare da spiccare in un gruppo di sue simili? Il carattere e il suo temperamento indomabile. Ha capito molto presto com’è che gira il mondo dello spettacolo e, anziché subire passivamente un sistema misogino e patriarcale fatto di molestie e richieste di prestazioni sessuali in cambio di una parte in un film o di una comparsata in un programma in tv, ha deciso di farsi strada usando l’astuzia. Ed è proprio per questo che quando accetterà la proposta della sua agente di partecipare a una puntata dello show televisivo “The Dating Game” e si ritroverà affiancata da Jim Lange (Tony Hale), un presentare insopportabilmente maschilista, tirerà fuori tutta la sua verve per non farsi schiacciare.
Il gioco è molto semplice: lei dovrà scegliere uno tra tre pretendenti col quale uscire per un appuntamento romantico. Se i primi due di certo non sembreranno essere dei fini pensatori, e uno tra questi addirittura anche poco galante, il terzo sfoggerà immediatamente una certa genialità che colpirà tutti. Intelligente e colto, si contraddistinguerà da subito per le sue frasi sagaci e anche largamente femministe. Si chiama Rodney (Daniel Zovatto) e a guardarlo non è esattamente quel che definiresti un adone, coi suoi capelli lunghi e disordinati, ma ha un nonsoché di affascinante. E così, dopo un’attenta analisi e un divertente botta e risposta, la scelta di Cheryl ricadrà ovviamente su di lui. Ma Rodney, se pur gioviale e garbato, nasconde un oscuro segreto taciuto a chiunque. Di cosa si tratterà?
“Woman of the Hour”, critica
Verso la fine degli anni ‘70, in una California che si muoveva sempre di più verso un’emancipazione culturale e sessuale delle donne, c’era un violento serial killer che si aggirava indisturbato spostandosi per il Paese. Il suo nome era Rodney Alcala, conosciuto in seguito col soprannome “The Dating Game Killer” proprio per la sua partecipazione nel 1978 al programma The Dating Game presentato da Jim Lange. Rodney, nato il 23 agosto 1943 a San Antonio in Texas, condusse la sua attività criminale e omicida tra il 1968 e il 1979. Il 25 settembre del ’68 a Hollywood rapì, violentò e picchiò con una sbarra di metallo Tali Shapiro, una bambina di soli otto anni, rimasta in coma per 32 giorni. Riuscito a scappare, si trasferì per qualche tempo a New York iscrivendosi alla New York University col nome di fantasia John Berger, dove studiò cinema con Roman Polanski. Precedentemente si era già laureato alla Scuola di Belle Arti dell’Università della California in fotografia. Gli omicidi, in alcuni casi caratterizzati anche da violenze sessuali, per cui venne arrestato furono in tutto otto, ma successivamente la polizia arrivò ad ipotizzare che la vera cifra si aggirasse intorno a 130 uccisioni. L’arresto avvenne il 14 febbraio 1979 quando un’adolescente in fuga, sfuggita ad Alcala con la promessa di tenere segreto il loro incontro avvenuto qualche ora prima, chiamò la polizia. Una volta uscito su cauzione uccise ancora: prima una donna di 21 anni e dopo una ragazzina di 12. Venne nuovamente arrestato e solo allora le forze dell’ordine cominciarono a rendersi conto dell’entità dei suoi delitti. Per dieci anni Alcala fu ripetutamente denunciato da sopravvissuti e vittime per svariati crimini, prevalentemente aggressioni sessuali e tentati omicidi, senza venire mai fermato. Condannato alla pena di morte soltanto per sette omicidi alla fine morì il 24 luglio 2021, all’età di 77 anni, ancora detenuto nel penitenziario di San Quintino, presso l’ospedale di San Joaquin Valley.
È di questa storia che l’attrice Anna Kendrick ha deciso di farne un film debuttando da regista con “Woman of The Hour”, presentandolo poi in anteprima l’8 settembre 2023 al Toronto International Film Festival. Successivamente nel 2024 è stato distribuito nelle sale canadesi e in Italia è stato reso disponibile per lo streaming sulla piattaforma Netflix lo scorso 18 ottobre. Anna Kendrick, anche protagonista di questa pellicola, ha deciso di raccontare la vicenda incentrandosi principalmente sul ruolo di Cheryl Bradshaw, l’aspirante attrice che partecipò davvero alla puntata di The Dating Game insieme ad Alcala, scegliendolo come vincitore della competizione amorosa. Il lungometraggio si sviluppa in tre diversi tempi narrativi, che però si mescolano alla rinfusa creando una narrazione confusionaria e poco attenta. Quel che non ho apprezzato di questo dramma sono la lentezza, la mancanza totale di suspense e la perdita di un focus centrale. Sembra quasi che la Kendrick abbia voluto confezionare un film cucendoselo addosso, per assegnarsi il ruolo principale. Tant’è che per parlare delle vicende di uno dei serial killer più violenti d’America, ha scelto di farlo tramite una figura marginale che non è neanche stata, fortunatamente, sua vittima. La Bradshaw dopo il programma andò veramente a bere qualcosa con Alcala, ma grazie a un brutto presentimento scappò e non volle più vederlo. Questo la spinse a lasciare la California e a non inseguire più la carriera da attrice. Per quanto sia singolare la partecipazione di un pluriomicida ad uno Show televisivo, non ha molto senso far ruotare un’intera trama intorno a un simile evento quando ci sarebbe stato ben altro su cui concentrarsi. Di brividi da thriller neanche l’ombra. Soporifero. Due stelle virgola nove su cinque.