Come hanno fatto ma, soprattutto, perché? La Procura di Milano cerca di capire e anche la politica scende in campo con la Commissione antimafia: com’è riuscito Pazzali ad ottenere dati e informazioni sensibili (principalmente conti bancari) di politici e personaggi famosi italiani?
Poco importa che, leggendo le carte del gip di Milano Fabrizio Felice, Pazzali (presidente della Fondazione Fiera Milano e della società Equalize) sembra non sia a capo di un’associazione eversiva ma di un gruppo desideroso di arricchirsi. In Italia ancora una volta è scoppiata la polemica sulle falle nella cybersicurezza dei più importanti e delicati database italiani.
Qui sta il nocciolo della questione: se in tanti sembrano dimenticarsi di quest’aspetto, altrettanti si domandano se all’opera c’è una questione di dossieraggio. Sia Giovanni Donzelli (Fratelli d’Italia) che Mauro D’Attis (vicepresidente della Commissione antimafia) non ne parlano, ma promettono che il governo risolverà questa questione spinosa.
Governo alla prova cybersicurezza e delle paure di dossieraggio, Donzelli: “La sicurezza dei dati è un problema di democrazia”
Esecutivo in difficoltà, con la Procura milanese che da un’ipotesi eversiva ben presto è arrivata al “mercato delle informazioni”. Mentre oggi 29 ottobre 2024 si è riunita la Commissione antimafia, le falle nella cybersicurezza ravvisate ancora una volta per colpa di Enrico Pazzali e della sua società Equalize hanno ottenuto l’attenzione politica su possibili episodi di dossieraggio.
Al momento sembra interessare a tenti l’idea che qualcuno, per fini oscuri e sicuramente non leciti, abbia interesse ad introdursi in conti bancari o nel Servizio Sanitario Nazionale per estrarre dati e informazioni che possono colpire un avversario politico, e non per rivenderli al miglior offerente.
Cos’è più grave, la prima o la seconda ipotesi? In passato Fratelli d’Italia aveva fatto sua la narrazione del “ricatto” come arma politica contro Giorgia ed Arianna Meloni, ma la questione Pazzali imbarazza perché legato al presidente leghista della Lombardia Attilio Fontana e perché tanti accessi sembrano esser derivati da richieste di politici del centrodestra.
Secondo una circolare del Ministero dell’Interno datata 2013, ogni comandante entro uno-due mesi massimo deve ricevere una segnalazione quando un qualcuno effettua accessi illeciti. Ciò però non è avvenuto e le persone indagate al momento, oltre al caso di Pazzali, non riguardano mai chi era tenuto a fare controlli.
In altri termini, sono stati beccati i “pesci piccoli” e la politica in questi giorni continua a dibattere su cosa sia necessario fare adesso per evitare altri casi simili in futuro. In tanti però si concentrano, come accennato, sulle falle nella cybersicurezza italiana e sul possibile dossieraggio ai danni di una determinata parte politica.
Il responsabile per l’organizzazione di FdI Giovanni Donzelli non aderisce esplicitamente a quest’ipotesi, ricorda che anche se i dati sono immateriali la loro sicurezza resta un elemento imprescindibile per il corretto funzionamento dello stato:
Sicuramente c’è un tema di protocolli, c’è un tema di sicurezza, il governo ci sta lavorando con attenzione e sicuramente ci sono dei criminali che devono essere puniti: non sempre bastano le leggi per evitare i crimini. Oltre alle leggi, bisogna ovviamente punire e far pagare le conseguenze a chi sbaglia. Dossieraggio? Così appare ed è particolarmente grave: c’è un tema, quello della tutela dei dati, che deve essere portato avanti, mentre negli scorsi anni non è stato fatto quello che doveva essere fatto. Adesso grazie al governo Meloni stiamo intervenendo: la sicurezza dei dati è un problema di democrazia.
Dato che si è in tema, anche a Donzelli viene chiesto se ha qualcosa da “nascondere nell’armadio”. Considerato che la domanda viene da “Striscia la Notizia”, il meloniano la prende sul ridere e rimanda al mittente la maliziosa insinuazione:
Io ricattabile su qualcosa? Assolutamente no!
Il vicepresidente della Commissione antimafia D’Attis: “Seguiamo ancora il caso Striano-Laudati, non capiamo il perché di così tanti accessi illeciti”
La Commissione antimafia è entrata in campo oggi 29 ottobre 2024, il cui ufficio di presidenza riunitosi per capire la direzione da seguire. La concatenazione di eventi che ha messo sotto l’occhio pubblico il Ministero dell’Interno e la società privata Equilize ha fatto domandare a molti se effettivamente ci sia un problema di sicurezza in Italia.
Se è pacifico parlare di preoccupazione su quanto facilmente persone esterne possano accedere a determinare informazioni, altra cosa è capire se esista quello che spesso nei media viene definito “secondo livello”. Per conto di chi cercava Pazzali? Servizi segreti esteri, criminalità organizzata, avversari politici?
Anche se lo stesso Viminale oggi si è affannato a spiegare che dallo SDI (Sistema di Indagine) non sono state estratte informazioni, sono ormai acclarati migliaia e migliaia di accessi illeciti alle banche dati senza che nessun allarme sia scattato.
Fuori Montecitorio è stato intercettato Mauro D’Attis, vicepresidente della Commissione antimafia. C’è un possibile problema di criminalità organizzata? Allo stato attuale delle cose non è possibile rispondere in modo affermativo o negativo a questa domanda:
Ufficialmente sull’ultima inchiesta noi non siamo stati investiti: in Commissione antimafia c’è l’attività riguardante l’inchiesta Striano-Laudati. Se c’è un asservimento alla criminalità organizzata stiamo messi male…
La presenza di “Striscia la Notizia” rende una parte dell’intervento di D’Attis scherzoso, ma l’ironia sembra spegnersi quando le audizioni all’Antimafia ancora non sono riusciti a capire le modalità concrete degli accessi illeciti.
Mentre Procura e gip di Milano continuano a discutere della gravità della situazione, D’Attis assicura che il lavoro della Commissione continuerà:
Non solo non dobbiamo guardare agli interessi che possono essere economici o della deviazione dei servizi, ma anche della criminalità organizzata e della mafia. Io ricattabile? Eh, devo andare anche io a controllare… A parte gli scherzi, noi abbiamo fatte diverse audizioni riguardo il caso Striano e in tutte le audizioni raramente c’abbiamo capito qualcosa sia nelle audizioni pubbliche sia in quelle segrete: non si capisce perché uno come Striano abbia scaricato tonnellate di dati e nessuno sapeva niente.
Nelle parole di D’Attis comunque sembra mancare la preoccupazione che, ad oggi, in Italia chiunque riesca con un po’ di pazienza e gli agganci giusti arrivare a visionare informazioni sensibili e delicate.
A nessuno piacerebbe sapere che il proprio estratto conto, la propria cartella clinica o la lista delle proprie telefonate sia alla mercé di persone indesiderate: D’Attis indica che il governo presto arriverà ad offrire una risposta definitiva al problema.
Stiamo lavorando da quando siamo stati investiti da questa cosa e debbo dire che il presidente Chiara Colosimo è molto determinata su questo, ma anche gli altri gruppi: al di là della polemica sulla presenza di De Raho, che è una questione di opportunità, ora non abbiamo capito perché ora chiunque può fare tutto… Credo che il governo abbia fatto bene a rispondere subito dicendo di fare un intervento immediato e so che stanno lavorando seriamente: adesso bisogna trovare una sistemazione definitiva a livello normativo ed organizzativo.
Opposizioni all’attacco: “L’Agenzia Cybersecurity gira a vuoto”
La natura prettamente patrimoniale e privatistica degli accessi illeciti costituisce, come accennato in precedenza, un tratto in comune anche col caso Striano-Laudati, ma anche con quello di Vincenzo Coviello o in precedenza con altre falle in importanti banche dati presenti in Italia.
Cosa succede quindi? Difficile dare una risposta al momento, ma dal lato delle opposizioni si sottolinea al momento come i tre partiti di maggioranza (Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia) sembrino non fidarsi gli uni degli altri e arrivino a chiedere a diverse persone informazioni pruriginose o sensibili sui propri avversari politici.
Il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva e componente del Copasir, sembra punto sul vivo quando affronta la questione. Avendo a che fare con una commissione dal compito così delicato, è naturale anche chiedersi se le informazioni ottenute illegalmente possano essere uscite dai confini italiani:
In Italia ci sono due elementi legislativi: la pubblica amministrazione ha un livello di permeabilità elevatissimo perché funziona a canne d’organo, e qui una struttura come ACN che deve essere l’armatura del Paese deve intervenire. E poi c’è la terra di nessuno del ruolo di queste nuove società di intelligence, che in passato facevano spionaggio o pedinamenti, e oggi fanno operazione di intelligence pura, il cui confine tra il codice civile e il codice penale è sempre più labile e soprattutto non è normato.
La preoccupazione sulla permeabilità o meno delle banche dati con le quali la pubblica amministrazione lavora era stata espressa anche da Vincenzo De Feo. L’esperto di sistemi informativi aveva parlato anche del preoccupante coinvolgimento di ex dipendenti della pubblica sicurezza.
Matteo Renzi, fra una frecciata e l’altra dopo la sconfitta del “campo largo” alle regionali ligure, ha ancora una volta accusato il governo di incompetenza. Sembrerebbe anche che nell’ultima falla della cybersicurezza anche il suo nome sia stato scandagliato da Pazzali e sodali.
Sia Borghi che l’ex premier indicano che è inutile annunciare un aumento delle pene quando non molto tempo fa il Ddl cybersicurezza era stato annunciato come lo scudo definitivo contro le intrusioni esterne, ma allo stesso tempo Meloni non può retrocedere dopo aver basato tanta della sua strategia comunicativa su un forte giustizialismo e sull’incremento delle pene.
Sono giustificate le paure di dossieraggio e di falle nella cybersicurezza in Italia? La questione in 5 punti
- Accesso illecito ai dati: la Procura di Milano indaga su Enrico Pazzali, presidente della Fondazione Fiera Milano, per aver ottenuto informazioni sensibili su politici e celebrità italiane, sollevando preoccupazioni sulla cybersicurezza in Italia.
- Politica in allerta: la Commissione antimafia si è riunita per affrontare il problema, con membri politici che si interrogano sull’eventualità di dossieraggio ai danni dei propri avversari, mentre il governo promette di risolvere le falle nella sicurezza informatica.
- Falle nella sicurezza: nonostante le leggi esistenti, non sono state segnalate irregolarità nei controlli di accesso ai dati, evidenziando una mancanza di supervisione che ha permesso accessi illeciti a informazioni sensibili.
- Possibili implicazioni criminali: si solleva la questione di possibili collegamenti con la criminalità organizzata o servizi segreti esteri, mentre i politici discutono la gravità della situazione e le responsabilità di chi doveva vigilare.
- Il ruolo delle opposizioni: i partiti di maggioranza sembrano non fidarsi l’uno dell’altro e ci sono accuse di incompetenza verso il governo, con richieste di una riforma normativa per garantire una maggiore sicurezza dei dati e prevenire futuri abusi.