Le elezioni presidenziali negli Usa del 2024 sono una corsa serrata tra i due principali candidati. Donald Trump è alla sua terza campagna elettorale per le presidenziali e questa volta affronta la vicepresidente democratica, Kamala Harris. Martedì 5 novembre, gli elettori americani si recheranno alle urne per esprimere il proprio voto al candidato che determinerà la politica statunitense dei prossimi quattro anni.
Gli occhi del mondo intero sono puntati sugli Usa, quindi è importante capire come funziona il sistema elettorale americano che è uno dei più complessi. Infatti, il risultato non riflette direttamente il voto popolare, poiché l’elezione del presidente è determinata dai grandi elettori.
Come funzionano le elezioni presidenziali negli Usa? Il sistema elettorale
Quando gli americani si recano alle urne non eleggono direttamente il candidato. Il sistema elettorale degli Stati Uniti è basato su una votazione indiretta. Gli elettori segnano sulla scheda il nome del candidato che preferiscono, in questo caso Kamala Harris o Donald Trump, tuttavia, nella pratica, non necessariamente vince chi riesce ad ottenenere complessivamente il maggior numero di voti nei 50 stati.
La corsa alla Casa Bianca si svolge stato per stato. Ogni territorio ha un certo numero di cosiddetti “grandi elettori”, che sono in totale 538, e vengono determinati in base alla popolazione. Il candidato che ottiene il maggior numero di voti in uno stato si aggiudica tutti i suoi grandi elettori. Per vincere, un candidato deve ottenerne 270 o più.
Il ruolo dei grandi elettori
Ogni stato ha un numero di grandi elettori proporzionato alla sua popolazione. La California, lo stato più popoloso, ha un numero maggiore di grandi elettori rispetto a stati meno abitati come l’Alaska. La maggior parte degli stati utilizza il sistema del “winner-takes-all” che assegna tutti i grandi elettori al candidato vincitore. Quindi, se un candidato ottiene il 50,1 per cento dei voti in Florida, ottiene tutti i suoi 30 grandi elettori. Solo due stati, il Maine e il Nebraska, non seguono questa regola.
Dopo le elezioni di novembre, i grandi elettori si riuniranno a dicembre per votare formalmente il presidente. Nella maggior parte dei casi, votano in linea con le preferenze degli americani del loro stato. Tuttavia, ci sono stati rari casi di “elettori infedeli” che hanno votato diversamente ma ciò non ha mai influenzato il risultato finale delle elezioni. Il voto dei grandi elettori verrà infine certificato il 6 gennaio, durante una sessione congiunta del Congresso. Il presidente eletto si insedierà ufficialmente il 20 gennaio.
Lo spostamento di uno stato da un candidato all’altro in seguito al voto di elettori infedeli sembra più teorico che pratico. In alcuni stati, infatti, i grandi elettori sono legalmente obbligati a seguire il voto popolare. Tuttavia, nella storia recente si sono registrati diversi casi in cui alcuni di questi hanno votato diversamente rispetto alla scelta degli americani. Nel 2016, cinque grandi elettori si sono spostati dalla candidata democratica Hillary Clinton al candidato repubblicano Donald Trump, mentre due hanno votato per Clinton anziché per il tycoon. Questo, però, non ha comunque cambiato l’esito finale.
Quali stati sono più importanti per l’elezione del presidente?
Il sistema elettorale statunitense conferisce un grande peso al voto dei singoli elettori degli stati meno popolosi dato che questi avranno un’impatto maggiore rispetto allo stesso voto di un elettore in uno stato più popoloso. Quest’ultimi restano cruciali per i candidati in quanto permettono di ottenere un ampio blocco di grandi elettori. Vincere in uno stato come la California o il Texas può quindi avvantaggiare notevolmente nella corsa alla presidenza.
Il vero ago della bilancia, però, è rappresentato dagli stati in bilico, detti anche swing states, dove gli aventi diritto non votano tradizionalmente per un partito o all’altro. I candidati dedicano molte risorse e attenzione a questi stati poiché il risultato può variare di elezione in elezione.
Le discussioni sul sistema elettorale
Il sistema attuale rimane controverso, poiché chi ottiene più voti potrebbe comunque avere meno grandi elettori e di conseguenza perdere le elezioni. È proprio quello che è accaduto nel 2016. Hillary Clinton aveva ottenuto 232 grandi elettori, corrispondenti a 65.853.625 voti cioè il 48 per cento delle preferenze, mentre Donald Trump aveva ottenuto 306 grandi elettori con un totale di 62.985.106 voti cioè il 45,9 per cento. Trump si era così aggiudicato la vittoria.
Una situazione simile si era verificata nel 2000, quando George W. Bush aveva vinto contro il suo avversario democratico, Al Gore. In quelle elezioni, Bush aveva ottenuto 271 grandi elettori contro i 266 di Gore, diventando presidente, nonostante quest’ultimo avesse ricevuto circa 543.835 voti popolari in più. Questi episodi hanno alimentato, nel tempo, il dibattito sul sistema dei grandi elettori. Molti sostengono la necessità di una riforma affinché il voto popolare nazionale abbia un peso maggiore nella scelta del presidente.
Come funziona il voto americano?
- Sistema di voto indiretto: Il voto degli americani assegna i grandi elettori, che poi scelgono il presidente. Il candidato deve ottenere almeno 270 grandi elettori per vincere.
- Distribuzione dei grandi elettori: Ogni stato ha un numero di grandi elettori proporzionato alla popolazione e quasi tutti applicano il sistema “winner-takes-all”, con l’eccezione di Maine e Nebraska.
- Swing states: Gli stati in bilico, dove l’esito è imprevedibile, ricevono particolare attenzione dai candidati, poiché il loro voto può determinare l’esito delle elezioni.
- Casi di elettori infedeli: I grandi elettori raramente votano diversamente dalle preferenze popolari del loro stato. I pochi casi registrati non hanno mai cambiato il risultato finale.
- Dibattito sul sistema: Il sistema elettorale americano è controverso perché può permettere ad un candidato con meno voti popolari di vincere le elezioni, come accaduto nel 2000 e nel 2016.