Lunedì 21 ottobre 2024, il Consiglio dei Ministri, ha approvato in tempio record l’ormai famoso “Decreto paesi sicuri”, scritto in tutta fretta nel fine settimana precedente per ‘salvare’ l’operazione Albania e ‘blindare’ i futuri trasferimenti di migranti richiedenti asilo nei centri di accoglienza italiani in territorio albanese a Shengjin e Gjader da ulteriori ‘sentenze scomode’.
A indurre il Governo a correre ai ripari una sentenza della diciottesima sezione civile del Tribunale di Roma che aveva ‘annullato’ il primo trasferimento eseguito dall’esecutivo Meloni e disposto il rientro in Italia dei richiedenti asilo coinvolti, in quanto provenienti da paesi non considerati sicuri per il rimpatrio.
La sentenza oltre ad aprire un caso politico, ha sollevato un caso giuridico in merito alla gerarchia delle leggi. Nella sentenza i giudici della sezione immigrazione del tribunale capitolino, infatti, hanno disapplicato una norma italiana (il decreto interministeriale della Farnesina) per applicarne una europea, contenuta nella recente sentenza della Corte di Giustizia europea, secondo il principio della gerarchia delle norme in base al quale le leggi europee sono ‘superiori’ a quelle nazionali.
Un principio che rendere ‘vulnerabili’ tutti i successivi trasferimenti di richiedenti asilo in Albania che il Governo Meloni è intenzionata a compiere. Ecco allora il tentativo dell’esecutivo di correre ai ripari emanando un decreto che ha status di legge, quindi di norma primaria (più forte rispetto al decreto ministeriale che è norma secondaria) per contrastare la normativa europea a cui avevano fatto riferimento i giudici capitolini
Migranti in Albania, l’avvocato dell’Asgi Fachile: “Non cambia nulla, si alza solo il livello di scontro politico”
E’ davvero così? Il Decreto Paesi sicuri chiude davvero il ‘caso Albania’ e salva l’operazione dei Cpr al di là delle coste italiane?
Tag24.it lo ha chiesto all’avvocato Salvatore Fachile, membro del direttivo dell’Asgi, l’Associazione Italiana per gli Studi Giuridici che dal 1990 riunisce un pool di avvocati, giuristi ed esperti in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza.
“Il decreto – a mio giudizio – non cambia molto la questione dal punto di vista tecnico. Ma semplicemente innalza un po’ il livello dello scontro politico. Tecnicamente il fatto che il Governo con un decreto abbia inserito la lista dei Paesi sicuri in una legge, invece che in un decreto ministeriale, non elimina l’obbligo da parte dei giudici di valutare la conformità con la normativa europea e di conseguenza l’obbligo di disapplicare la legge italiana nel caso in cui si rappresenta una contrarietà con le norme UE”.
Secondo l’avvocato Fachile, quindi, la risposta alle precedenti domande sarebbe ‘no’ e che il decreto – firmato nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – non metterebbe al riparo l’operazione da possibili nuove sentenze scomode, ma servirebbe solamente a creare una maggiore ‘pressione mediatica’ sui giudici deputati a decidere in futuro e che dovranno tenere conto del fatto che la giurisprudenza europea è sempre ‘superiore’ a quella dei singoli stati.
Di conseguenza, dinanzi a un caso come quello della scorsa settimana con richiedenti asilo provenienti da paesi non considerati sicuri, i giudici potrebbero decidere nuovamente di applicare quanto disposto nella sentenza del 4 ottobre 2024 della Corte di Giustizia EU e annullare eventuali nuovi trasferimenti.
“Le questioni che sono state sollevate dal Tribunale Civile durante la convalida tecnicamente rimangono uguali. Cambia un po’ il messaggio mediatico, perché adesso i giudici dovranno disapplicare una legge invece che un decreto ministeriale. Il giudice è obbligato a disapplicare anche la legge nazionale qualora ci sia la neutralità al diritto europeo, però è chiaro che mediaticamente si tratta di un’affermazione che per i non addetti ai lavori potrebbe suonare anomala, che un giudice disapplichi una legge.”
Spiega l’avvocato Fachile.
Decreto paesi sicuri, cosa si intende e lo sono davvero?
A questo punto è necessario aprire una parentesi su quanto accaduto la scorsa settimana e su cosa prevede la sentenza della Corte UE.
Il caso dei migranti in Albania è esploso lo scorso fine settimana quando i giudici del Tribunale di Roma hanno disposto il rientro in Italia dei 12 migranti trasferiti all’hotspot di Shengjin il lunedì precedente, in quanto provenienti da Egitto e Bangladesh, paesi considerati non sicuri per i rimpatri.
È sulla determinazione della sicurezza dei due paesi che verte lo scontro. Per l’Italia Egitto e Bangladesh sono da considerarsi ‘paesi sicuri’ in quanto a rischio solo per determinate categorie di persone come, ad esempio, dissidenti politici o appartenenti alle comunità Lgbtq. Per i giudici di Roma, invece, sono da considerarsi ‘insicuri’ poiché, come stabilito dalla Corte di Giustizia UE nella succitata sentenza, nella determinazione dello status di paese sicuro non possono esserci distinzioni, se un paese non è sicuro per tutti i suoi cittadini e per tutte le categorie di persone, allora tale stato è da considerarsi ‘insicuro’. Essendo quindi i due stati in questione non sicuri per determinate categorie, devono considerarsi a rischio.
Il decreto ‘Paesi sicuri’ pubblicato in Gazzetta Ufficiale individua i paesi in cui sono possibili i rimpatri dei ‘migranti non vulnerabili’. Si tratta di diciannove stati e tra questi compaiono anche Egitto e Bangladesh, i due paesi di provenienza dei primi 12 migranti ‘trasferiti’ in Albania, sulla nave Libra della Marina Militare lunedì 14 ottobre, e fatti poi rientrare in Italia il venerdì successivo per ottemperare alla sentenza della diciottesima sezione civile del Tribunale di Roma.
Per poter essere definito sicuro per un rimpatrio è necessario – come spiegato dall’avvocato dell’Asgi – che tale paese sia sicuro per tutti i suoi cittadini senza distinzioni.
“Rimane fermo il principio chiarito dalla Corte di Giustizia che ovviamente è contenuto nella norma europea secondo cui nessun Paese può essere considerato sicuro se per alcune categorie di soggetti non lo è. Anche se la nostra legge, quella che è stata emanata adesso, dice che quel Paese è sicuro.”
Ma, allora, i 19 paesi individuati dal Governo Italiano sono davvero sicuri?
“Alcuni probabilmente possono anche essere considerati sicuri, ma Tunisia, Egitto, Marocco, che sono anche i paesi di maggiore affluenza sicuramente non lo sono. Lo stesso Ministero, nelle sue relazioni evidenzia che presentano delle criticità nei confronti di alcune categorie, basta immaginare gli LGBT in Tunisia per fare un esempio. In conclusione, le dico sì, probabilmente in questi 19 sicuramente ce n’è qualcuno che potrebbe essere considerato legittimamente come un paese sicuro, ma quelli che conosciamo, quelli di cui si è parlato non sono sicuri per tutte le categorie, che è poi questo il punto.”
Cosa prevede il Protocollo Italia-Albania, e perché il Governo non intende fermarsi
Il Governo Meloni, però, non intende rinunciare all’operazione Albania, presentato come ‘modello’ in Europa al tavolo presieduto dalla Presidente Giorgia Meloni con numerosi leader europei, tra cui la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e che va nella direzione indicata dalla stessa Ue di guardare al di fuori dei confini europei per la gestione dei flussi migratori.
Accordo con l’#Albania: gli italiani mi hanno chiesto di fermare l’immigrazione illegale, e farò tutto il possibile per mantenere la parola data e fermare la tratta di esseri umani. pic.twitter.com/pMhjw3M125
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) October 18, 2024
Il protocollo Italia-Albania stilato tra il nostro Governo e quello presieduto da Edi Rama è alla base dell’operazione avviata lo scorso lunedì e prevede – a fronte di un costo che dovrebbe aggirarsi intorno agli 800 milioni di euro, ma su questo le opposizioni incalzano il Governo per avere chiarimenti sulle cifre – il trasferimento di un massimo di 3000 migranti maschi non vulnerabili nei due Cpr costruiti in Albania e gestiti completamente dall’Italia. I richiedenti asili trasferiti in questi centri vengono sottoposti a controlli in merito alla propria richiesta e quelli che non ne hanno diritto vengono poi rimpatriati nei paesi di origine.
Un protocollo che con il primo trasferimento di lunedì 14 ottobre è entrato nella fase operativa. Il Governo è poi sceso in campo per blindarlo con il ‘Decreto paesi sicuri’ e con il ricorso in Cassazione contro la sentenza di annullamento del Tribunale di Roma. Ricorso su cui si attende il pronunciamento della suprema corte.
Il Caso migranti in Albania e lo scontro con la magistratura in cinque punti:
- Approvazione del Decreto: Il 21 ottobre 2024, il Governo italiano ha approvato il “Decreto paesi sicuri” per sostenere i trasferimenti di migranti richiedenti asilo in Albania, a seguito di una sentenza del Tribunale di Roma che aveva annullato un precedente trasferimento.
- Gerarchia delle Norme: L’avvocato Salvatore Fachile sottolinea che, nonostante il decreto abbia forza di legge, i giudici sono ancora obbligati a seguire la normativa europea, che prevale su quella nazionale.
- Definizione di “Paesi Sicuri”: Il decreto include paesi come Egitto e Bangladesh nella lista dei “paesi sicuri”, ma i giudici italiani li considerano insicuri per determinate categorie in ottemperanza con la sentenza della Corte di Giustizia europea.
- Implicazioni Legali: Anche con il nuovo decreto, i trasferimenti potrebbero essere annullati in futuro se i giudici riterranno che violano le norme europee.
- Protocollo Italia-Albania: L’operazione prevede il trasferimento di fino a 3.000 migranti non vulnerabili in centri di accoglienza in Albania, con l’intento di alleggerire la pressione nei centri di accoglienza per migranti italiani.