L’omicidio di Emanuele Tufano, il ragazzo di soli 15 anni incensurato, avvenuto la notte del 24 ottobre 2024 a Napoli, riporta di tragica attualità nel capoluogo campano (ma non solo) la problematica della delinquenza giovanile, delle cosiddette baby gang.

Non si sono ancora chiarite le circostanze della sparatoria di cui è rimasto vittima Emanuele: si sa che essa è avvenuta in un’area degradata del centro storico, nel quartiere Mercato, verso le due di notte, che ha ferito altri due minorenni che erano con lui (o come lui) in sella a uno scooter. E poco altro: di sicuro, ciò che hanno registrato le telecamere di videosorveglianza al vaglio degli inquirenti.

Di lui, invece, si sa che era di tutt’altra zona del centro di Napoli: di un altro rione difficile, la Sanità. Che la mattina andava a scuola e al pomeriggio in una officina dove si occupava di motorini. Che i genitori, gestori di una tavola calda, al momento della tragedia, erano in vacanza a Ibiza. Il che, naturalmente, vuol dire tutto o niente. Ma tant’è: Emanuele Tufano, 15 anni per sempre come si scrive sui social, non è la prima vittima giovanissima del grilletto facile a Napoli. E probabilmente, non sarà nemmeno l’ultima. Il sindaco Gaetano Manfredi, quando ha detto che “siamo di fronte a un fenomeno che fa rabbrividire”, lo sa bene. Così come il vescovo, monsignor Mimmo Battaglia, che predica, purtroppo a vuoto, affinché la città sia disarmata.

Ma perché le forze dell’ordine, le istituzioni, la politica faticano a mettere un freno alla violenza delle baby gang? Napoli non è l’unico esempio di città violenta da questo punto di vista, ma è qui che si incardina una delinquenza tutta particolare. A sostenerlo è uno dei massimi esperti di camorra, il sociologo nonché ex deputato e sottosegretario al Tesoro Isaia Sales.

L’omicidio di Emanuele Tufano, il 15enne incensurato, a Napoli e il fenomeno delle baby gang

Le forze dell’ordine chiariranno i contorni della sparatoria di cui è rimasto vittima, a 15 anni, Emanuele Tufano. Sta di fatto che la politica spesso e volentieri non sa che pesci prendere quando capitano episodi del genere.

Il fatto è che, soprattutto a Napoli, che un ragazzo ci rimetta la vita capita abbastanza spesso. Solo un anno fa, infatti, un 17enne ammazzò per futili motivi un ragazzo di 24 anni che nulla aveva a che fare con la delinquenza: Giovanbattista Giogiò Cutolo. Ma ancora più recentemente, un 16enne è stato accusato di aver ucciso e dato fuoco a un amico d’infanzia per volere di un clan di camorra. Come dire: siamo di nuovo in piena emergenza criminalità. Ma dal punto di vista della reazione delle istituzioni, siamo sempre all’anno zero?

Come combattere i “Teneri assassini”

Nel 2021, Isaia Sales, uno dei massimi esperti di camorra, deputato e sottosegretario ai tempi dell’Ulivo di Romano Prodi, ha dato alle stampe “Teneri assassini”, un saggio che, numeri alla mano, dà una lettura sorprendente della violenza giovanile a Napoli. Le premesse sono già contenute nell’incipit:

“Napoli non è tra le prime 50 città più violente al mondo per numero di omicidi. Non è la prima in Europa, né tanto meno in Italia. Da dove deriva, allora, la singolarità della situazione dell’ordine pubblico a Napoli? Sicuramente da due dati: il più alto numero di clan presenti nel tessuto urbano; il numero più alto di minorenni in contatto con la criminalità degli adulti. A Napoli, nella terza città d’Italia, si può essere boss di camorra a 18 anni, si partecipa a delitti efferati tra i 15 e i 18 anni, a 14 anni si è già nel giro della droga e si è pronti per essere assoldati dai clan, a 13 anni si ha già come modello di vita il camorrista del quartiere”

Il professor Sales, in pratica, sostiene che a Napoli si forma una criminalità tutta sua. Se al Nord, ad esempio, le baby gang sono un fenomeno fino al 50% riconducibile all’immigrazione, sotto il Vesuvio è un fenomeno esclusivamente indigeno: i nuovi criminali nascono in determinate famiglie, in determinati ceti sociali, in determinati quartieri e si radicalizzano un pò come fanno gli estremisti islamici o gli appartenenti alle bande delle metropoli sudamericane:

“Se nascono in una determinata famiglia, specie con qualche componente già in carcere, il loro destino è scritto”

Nel presentare il suo lavoro ad Avviso pubblico, Sales lo ha raccontato così

Il legame con l’evasione scolastica

Il professor Sales, poi, tiene sempre a sottolineare la correlazione che c’è tra evasione scolastica e delinquenza giovanile. È assodato che in alcuni quartieri di Napoli essa arriva addirittura al 40%. Il che significa che la mattina, mediamente, all’appello di dieci studenti ne mancano ben quattro. E che fanno quest’ultimi invece di stare a scuola? Beh, facile immaginare come siano facili prede della camorra perché, come sottolineato dallo studioso, a Napoli come in nessun altro posto, la malavita dei grandi si lega a doppio filo con quella dei ragazzini.

L’idea di togliere bonus e agevolazioni economiche alle famiglie

Cosa fare, quindi, per spezzare le catene che condannano i bambini che nascono in determinate famiglie alla delinquenza? All’inizio dell’amministrazione Manfredi, si pensò di togliere ai genitori dei bambini assenteisti a scuola ogni tipo di aiuto economico dello Stato, Reddito di cittadinanza in primis. Ma questa proposta, avanzata dallo stesso Salis, fu bocciata perché alcuni esponenti della giunta napoletana, in primis i Cinque Stelle, avanzarono il timore che così facendo si sarebbe finito di penalizzare e isolare famiglie già difficili.

Fatto sta che, dopo tre anni, la tragica fine di Emanuele Romano riporta indietro le lancette dell’orologio catapultando tutti al punto di partenza: come si fa a uscire dall’incubo baby-gang?