Quando siamo chiamati ad apporre la marca da bollo su documenti, fatture o ricevute, spesso, abbiamo dubbi sul valore: da 2 euro o da 16 euro? Ovviamente, non si tratta di una scelta arbitraria, ma il taglio della marca è definito da alcune regole ben precise.
Ultimamente, ci sono state alcune novità relative agli importi dell’imposta che, di norma, si acquista presso le ricevitorie e i tabaccai. Senza contare che, con il tempo, si sta andando verso la digitalizzazione delle modalità di pagamento.
Vediamo, quindi, quali sono gli importi e quando utilizzarli, quando e come si paga la marca da bollo.
Cos’è e a cosa serve la marca da bollo
Simile a un francobollo, la marca da bollo si deve apporre per adempiere all’obbligo di versamento dell’imposta dovuta su specifici documenti, ricevute o fatture.
L’obbligo di apposizione riguarda numerosi casi:
- Rilascio di documenti da parte della PA;
- Fatture;
- Ricevute fiscali.
Nello specifico, si tratta di un’imposta obbligatoria per i contribuenti, al verificarsi di alcune situazioni. Solitamente, la marca è da due tagli: 2 euro e 16 euro.
Il versamento dell’imposta di bollo è direttamente legato agli obblighi di fatturazione. Nel corso degli anni, con l’avvento della fattura elettronica, è cambiata la stessa modalità di pagamento. L’imposta di bollo per le fatture elettroniche deve essere versata seguendo specifiche scadenze: trimestralmente.
Quando usare quella da 2 euro e quando quella da 16 euro
La marca da bollo si utilizza su fatture o ricevute fiscali di imposto non soggetto a IVA superiore a 77,47 euro. La Legge n. 71/2013 ha stabilito l’aumento degli importi delle marche, come si seguito indicato:
- 1,81 per quella da 2 euro;
- 14,62 euro per quella da 16 euro.
Quale marca da bollo utilizzare?
- Per fatture e ricevute fiscali superiori a 77,47 euro: da 2 euro;
- Per atti delle pubbliche amministrazioni, documenti societari o notarili: da 16 euro.
Se scendiamo ancora più nello specifico, la marca da bollo da 2 euro non deve essere mai apposta nei seguenti casi:
- Quando l’IVA è esposta sul documento e la parte in esenzione non supera i 77,47 euro;
- Sulle fatture relative a esportazioni di merci;
- Sulle fatture relative a operazioni intra comunitarie;
- Sulle fatture con IVA assolta all’origine;
- Nel caso delle operazioni in reverse charge.
Nel caso della marca da 16 euro, invece, non si deve usare nei casi di seguito elencati:
- Importo indicato sul documento è inferiore a 77,47 euro;
- Quote associative e contributi liberali o donazioni ad associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali e sportive;
- Importo assoggettato a IVA;
- Se il documento è già assoggettato a imposta di bollo oppure quando è esente per legge.
Invece, i soggetti che non sono tenuti ad applicarla sono i seguenti:
- Onlus iscritte all’apposita Anagrafe presso l’Agenzia delle Entrate;
- Associazioni di volontariato iscritte al Registro regionale del Volontariato;
- Federazioni sportive ed Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.
Come applicare correttamente la marca da bollo
La marca da bollo deve essere correttamente applicata. Deve trovarsi sulla copia originale della fattura che sarà consegnata al cliente, mentre sulle altre copie (eventualmente previste) è sufficiente che sia riportata la seguente dicitura: “imposta di bollo assoluta sull’originale”.
La data di scadenza deve essere sempre anteriore rispetto alla data della fattura o della ricevuta fiscale.
Infine, si deve considerare anche il costo variabile della marca. Se è a carico del cliente, allora l’importo deve essere indicato in fattura tra le operazioni escluse dalla base imponibile e dell’IVA. Invece, quando è carico del fornitore, l’importo della stessa non deve essere specificato in fattura.
Si tratta di passaggi molto importanti da eseguire correttamente e con molta attenzione, onde evitare sanzioni.