Continua il processo sull’omicidio di Giulia Cecchettin: oggi, 25 ottobre 2024, l’ex fidanzato Filippo Turetta, reo confesso, ha lasciato il carcere di Montorio Veronese per recarsi in aula per l’interrogatorio a cui lui stesso ha chiesto di essere sottoposto. Presente il papà della vittima, Gino Cecchettin. Assente invece la sorella Elena, che sui social, in mattinata, ha scritto:

Non sarò presente in aula. Non per disinteresse, ma per prendermi cura di me stessa. Sono più di 11 mesi che continuo ad avere incubi, 11 mesi che il mio sonno è inesistente o irrequieto. La mia salute mentale e soprattutto quella fisica ne hanno risentito […].

E, ancora:

Seguirò a distanza anche tramite i miei legali, tuttavia non parteciperò: sarebbe per me una fonte di stress enorme e dovrei rivivere nuovamente tutto quello che ho provato a novembre dell’anno scorso. Semplicemente non ne sono in grado […]. Sono umana e come tutti non sono invincibile.

Omicidio Cecchettin, nell’interrogatorio in aula Filippo Turetta ammette la premeditazione

“Voglio raccontare tutto quello che è successo”, avrebbe dichiarato Filippo Turetta davanti ai giudici della Corte d’Assise di Venezia. Lo riporta Il Mattino, spiegando che, attraverso i suoi legali, gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, il 22enne ha già depositato una memoria di circa 40 pagine in cui, a mente lucida, ha ripercorso i fatti.

Un modo per soffermarsi anche sulle cose che, a suo dire, non si sentiva “di descrivere sul momento”, quando è stato sentito. Dal banco degli imputati, incalzato dal pm Andrea Petroni, all’inizio dell’interrogatorio ha ammesso di aver pensato “di togliere la vita giorni prima” all’ex fidanzata, facendo riferimento, in particolare, alla “lista di cose da fare” stilata il 7 novembre 2023.

Lista che includeva voci come “legare caviglia e ginocchia, spugna bagnata in bocca, coltello“.

Avevo ipotizzato di rapirla, stare con lei per qualche tempo e poi farle del male, toglierle la vita,

le sue parole. Mentre parla, secondo l’Agi, tiene la testa bassa, è titubante. Per la prima volta, da quando è detenuto, si trova nella stessa stanza dei familiari della vittima. E ammette di aver premeditato l’aggressione alla giovane, come l’accusa ha sempre sostenuto (e lui aveva negato). “Ho detto una serie di bugie”, dice.

Confermando di aver messo dei coltelli in macchina non per suicidarsi, ma per “eventualmente aggredirla”. “Forse ne ho presi due per avere più sicurezza”, aggiunge. Spiega, poi, come se ne servì per colpire la 22enne.

L’aggressione mortale tra Vigonovo e Fossò

La prese di mira una prima volta in un parcheggio situato a circa 150 metri di distanza dalla sua abitazione di Vigonovo, poi nella zona industriale di Fossò, dove, secondo le ricostruzioni, Giulia, ferita, provò a fuggire.

Volevo farla stare ferma […]. Si opponeva, non sarei mai riuscito a riportarla dentro in macchina,

racconta. E torna sul loro rapporto. Rapporto da cui, per sua stessa ammissione, sarebbe stato “dipendente”.

C’erano cose che mi portavano ad avere speranze di tornare insieme,

sostiene. Giulia però quella sera lo respinse. È stato lui a parlarne: al pm – come mostrato da un video diffuso nelle scorse settimane – disse che le aveva preparato dei regali, che le parlò dei suoi sentimenti e che lei – rifiutandolo – le confidò di star sentendo un altro ragazzo. Stando alla sua versione, una volta commesso l’omicidio avrebbe voluto suicidarsi, ma non ne ebbe il coraggio.

Abbiamo capito chi è Filippo Turetta. Il suo avvocato vuole capirne di più, ma per me è chiarissimo. Quello che emerge oggi è che la vita del prossimo è una cosa sacra e che non bisogna entrare nel merito della vita degli altri,

le parole che il papà della vittima ha affidato ai giornalisti lasciando l’aula. Rispondendo al suo legale Turetta ha dichiarato:

Non so perché non ho chiesto scusa, ma penso che sia ridicolo e fuori luogo, vista la grave ingiustizia che ho commesso […]. L’unica cosa a cui penso è che sia giusto espiare la mia colpa, provare a pagare per quello che ho fatto.

La ricostruzione del caso, dall’inizio

I fatti risalgono all’11 novembre del 2023. Dopo un pomeriggio trascorso insieme alla giovane al centro commerciale “Nave de Vero” di Marghera in cerca di un paio di scarpe che lei avrebbe dovuto indossare il giorno in cui si sarebbe laureata, il 22enne la uccise in quelli che il gip definì “due atti di inaudita ferocia”, con 75 coltellate.

“Non so perché l’ho fatto”, avrebbe scritto in una lettera indirizzata ai genitori. Ammettendo poi davanti agli inquirenti: “Avrei voluto tornare insieme a lei“. Secondo l’accusa, che gli contesta le aggravanti (da ergastolo) della crudeltà, della premeditazione e dello stalking, ne era ossessionato.

Al punto di non accettare che, dopo averlo lasciato, si costruisse una nuova vita. La ricattava emotivamente per convincerla a passare del tempo con lui; la controllava e, in qualche occasione, era stato anche violento: Giulia lo aveva confidato in dei messaggi alle amiche, spiegando di averne avuto paura.

A lui aveva consigliato di parlare con uno psicologo: Turetta lo fece, appuntandosi anche dei “buoni propositi” sul cellulare. Non servì ad evitare il peggio. Giulia fu trovata morta nei pressi del lago di Barcis dopo giorni di intense ricerche; il suo assassino fu arrestato in Germania a una settimana dalla fuga in auto.

Deve rispondere anche di sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto continuato d’armi. La sentenza, salvo imprevisti, dovrebbe arrivare il prossimo 3 dicembre.