Far scendere la tensione, nel governo e nel partito. Questo l’input venuto da Giorgia Meloni, all’indomani del nuovo caso che ha scosso il Ministero della Cultura portando ieri alle dimissioni di Francesco Spano, nominato appena dieci giorni fa capo di gabinetto dal neo ministro Alessandro Giuli. Oggi la premier e il ministro si sono sentiti: un confronto, si spiega, per spiegarsi e capire come riprendere il percorso. Ieri era stata la stessa Meloni ad ammettere che nel partito c’era stato “nervosismo” per la nomina di Spano, considerato di sinistra. Ma se mal di pancia ci sono – è il ragionamento – devono essere messi da parte, per non creare problemi alla navigazione del governo e in particolare all’attività del Collegio Romano, ancora scosso dal caso Sangiuliano-Boccia. Un primo ‘segnale’ del tentativo di distensione è la pace fatta tra la sorella di Giuli, Antonella, addetta stampa della Camera, e Federico Mollicone, presidente Fdi della Commissione cultura, protagonisti ieri di un diverbio nel Transatlantico di Montecitorio. Lo stesso Mollicone oggi ha espresso “pieno sostegno e massima fiducia” nei confronti di Giuli.
Giorgia Meloni ha sentito telefonicamente Alessandro Giuli
Anche Giovanbattista Fazzolari, potente sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Attuazione del programma, ha smentito dissapori: “Non c’è nessuno scontro tra me e il ministro Giuli. Notizia falsa e pateticamente inventata”. Per il sottosegretario, invece, “gli attacchi scomposti che gli sono stati rivolti da quando è diventato ministro sono sconcertanti e fanno ben capire quanti interessi abbia da difendere la sinistra all’interno del ministero della Cultura”. Giuli, da parte sua, oggi era a Venezia per la presentazione della rivista “La Biennale di Venezia”, e ha assicurato che non c’è un “caso” sul suo ruolo. “Non ha nessuna intenzione di dimettersi”, dice chi ci ha parlato. Anzi sta lavorando alla nomina di un nuovo capo di gabinetto, una scelta da fare in tempi rapidi, perchè non deve essere ulteriormente rallentata “l’operatività” del Ministero. Questa volta, però, la scelta sarà maggiormente condivisa tanto all’interno del partito che con Palazzo Chigi, per evitare nuovi inciampi.