L’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 contro Israele ha cambiato gli equilibri in Medio Oriente e ha scatenato una serie di conseguenze umanitarie devastanti. Dopo oltre un’anno dall’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, almeno 42.800 palestinesi hanno perso la vita e oltre 100.500 sono rimasti feriti. All’inizio del mese di ottobre, dopo un’ulteriore escalation di tensioni, è scoppiato il conflitto tra Hezbollah e Israele. Ad oggi, milioni di persone sono state sfollate dalle proprie abitazioni. Le condizioni umanitarie si sono aggravate a causa delle carenze di cibo, acqua e del collasso sanitario.
Durante oltre 12 mesi di combattimenti, l’amministrazione del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, è stata oggetto di numerose accuse a livello internazionale. Nel dicembre 2023, il Sudafrica ha intentato una causa presso la Corte internazionale di giustizia sostenendo che Israele sta commettendo un genocidio contro la popolazione di Gaza. Il 20 maggio 2024, il procuratore capo della Corte penale internazionale ha richiesto un mandato di arresto per Netanyahu.
La Spagna e l’Irlanda hanno recentemente sollecitato i paesi dell’Unione Europea a sospendere l’accordo di libero scambio con Israele. Al centro delle preoccupazioni vi è la vendita di armi allo Stato ebraico. Dal 7 ottobre, i governi occidentali si trovano ad affrontare il dilemma di limitare o fermare del tutto la vendita o la fornitura di armamenti a Tel Aviv, mentre le pressioni internazionali per un intervento umanitario e diplomatico continuano a crescere.
Quali sono i principali paesi che vendono armi a Israele?
La crisi umanitaria a Gaza, innescata dall’offensiva dell’esercito israeliano, ha messo in primo piano la questione delle forniture di armi a Israele. Gli Stati Uniti, da sempre storico alleato di Tel Aviv in ambiti diplomatici, economici e militari, continuano a sostenere Israele nonostante le divergenze tra Joe Biden e Benjamin Netanyahu riguardo alla conduzione della guerra in Medio Oriente. Washington ha dimostrato che, malgrado tali differenze, rimarrà comunque il principale alleato. L’approccio di Biden ha evidenziato il valore strategico di questa partnership.
A partire dagli anni ’40, gli Stati Uniti hanno fornito assistenza a Israele. Iniziata come aiuti militari, i legami commerciali sono stati estesi negli anni successivi. Anche se molti paesi non rendono pubblici i dettagli del commercio di armi, secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, SIPRI, nel 2023, circa il 69 per cento dell’importazione di armi d’Israele era dagli Usa. Questo sostegno militare ha riscontrato l’opposizione sia di politici che della società civile.
Gli Stati Uniti forniscono 3,8 miliardi di dollari di aiuti militari annuali a Israele nell’ambito di un accordo decennale firmato dall’amministrazione Obama nel 2016. Biden ha emesso un memorandum che impone, ai paesi destinatari di armi statunitensi, di fornire “garanzie scritte credibili e affidabili” sull’uso degli armamenti conforme alle leggi umanitarie internazionali. Tel Aviv ha sottoscritto tale garanzia.
La Germania è il secondo esportatore di armi a Israele dopo gli Usa. Secondo il Sipri, nel 2023 ha fornito il 30 per cento degli armamenti al Paese. All’inizio del 2024, il Nicaragua ha presentato un’istanza alla Corte internazionale di giustizia sostenendo che la Germania facilitasse il genocidio a Gaza attraverso la vendita di armi. La Germania ha dichiarato che il 98 per cento delle esportazioni autorizzate dopo l’inizio della guerra riguardava solo “altre attrezzature militari” ma non “armi da guerra”. Tuttavia, questa classificazione viene contestata dalla società civile tedesca.
Nel corso dell’anno, Berlino ha progressivamente ridotto la fornitura di armi a Israele. La decisione di continuare ad appoggiare Israele è legata alla “responsabilità del paese derivante dall’Olocausto”. Il governo tedesco, come l’amministrazione Biden, ha pronunciato più volte il sostegno al diritto di Israele alla difesa.
Sebbene esporti lo 0,9 per cento, l’Italia è il terzo fornitore di armi. Nonostante il governo avesse rassicurato sul blocco dell’esportazione di armamenti verso eserciti in guerra, uno studio di Altreconomia basato sui dati Istat aggiornati al mese di marzo, sembra smentire questa affermazione. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha specificato che le esportazioni erano relative ad accordi precedenti allo scoppio del conflitto e “non comprendevano materiali che potessero essere utilizzati contro i civili a Gaza”.
Gli altri paesi
Oltre a Stati Uniti, Germania e Italia, altri paesi costituiscono una piccola percentuale di esportazione di armi. La Gran Bretagna afferma che le sue vendite rappresentano lo 0,02 per cento. Il paese ha sospeso circa 30 licenze su 350 concesse a Israele dopo l’insediamento del nuovo governo a luglio. Questa sospensione riguarda la fornitura di alcune parti per droni e F-35 ma non la fornitura di materiali bellici.
Il Canada non ha approvato nuovi permessi di esportazione a partire dall’8 gennaio ma restano in vigore gli accordi precedentemente siglati.
Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha chiesto, lo scorso 5 ottobre, di sospendere la vendita di armi “utilizzate nella guerra a Gaza”. Secondo Sipri, la Francia ha solamente fornito componenti ad Israele fra il 2019 e il 2023.
Nei Paesi Bassi, in seguito ad una causa intentata da Oxfam Novib e altri due gruppi per i diritti umani, nel mese di febbraio, un tribunale ha ordinato al governo di sospendere entro sette giorni l’esportazione di componenti per aerei caccia F-35 verso Israele. Il tribunale ha citato, nella sua decisione, gravi rischi di violazioni del diritto umanitario internazionale.
La posizione della Spagna
La Spagna è stata una delle voci più critiche del conflitto in corso a Gaza. Il ministero degli Esteri ha annunciato, nel mese di gennaio, che il paese non ha venduto armi a Israele dal 7 ottobre. Lo ha recentemente confermato anche il premier Sanchez che vuole spingere la comunità internazionale ad interrompere l’esportazione di armi verso Israele. Secondo Sanchez, Tel Aviv ha violato il diritto internazionale dopo l’invasione del Libano.
Il 22 ottobre, oltre 300 artisti e intelettuali, tra cui il regista Pedro Almodovar, hanno firmato una lettera indirizzata a Sanchez esprimendo la preoccupazione per la “grave situazione di oppressione e violenza subita dal popolo palestinese a causa del genocidio, del regime di apartheid e dell’occupazione israeliana”. Hanno chiesto al governo di adottare “misure urgenti per imporre un embargo globale sulle armi a Israele” citando l’obbligo del diritto internazionale e un imperativo morale. Madrid ha annunciato, il giorno dopo, di aver congelato l’acquisto di armi da Israele.
I principali fornitori e le loro posizioni politiche sul conflitto
Israele riceve armi da diversi paesi nel mondo:
- Stati Uniti: Il principale fornitore, con circa il 69% delle importazioni di armi israeliane nel 2023. Gli Stati Uniti forniscono annualmente circa 3,8 miliardi di dollari in aiuti militari a Israele.
- Germania: Secondo esportatore, responsabile del 30% delle armi fornite a Israele nel 2023. La Germania ha giustificato il suo sostegno a Israele per la responsabilità storica legata all’Olocausto.
- Italia: Terzo fornitore, con l’0,9% delle esportazioni. Anche se il governo ha affermato di aver bloccato le esportazioni, ci sono state segnalazioni di vendite precedentemente autorizzate.
- Gran Bretagna: Le vendite di armi rappresentano solo lo 0,02%, con alcune licenze sospese dopo l’insediamento del nuovo governo.
- Canada: Ha sospeso nuovi permessi di esportazione ma gli accordi preesistenti rimangono validi.
- Francia: Ha fornito principalmente componenti a Israele fra il 2019 e il 2023. Il presidente Macron ha chiesto alla comunità internazionale di sospendere la vendita di armamenti.
- Paesi Bassi: Un tribunale ha ordinato di sospendere le esportazioni di componenti per aerei F-35 a causa dei rischi di violazioni del diritto umanitario.
- Spagna: Ha recentemente congelato gli acquisti di armi e spinge per un embargo globale sulle armi.