La notizia è questa: anche in Italia, ci sarà un modo per vedere per intero ‘Loro’, il film di Paolo Sorrentino dedicato a Silvio Berlusconi. L’appuntamento è al cinema Troisi di Roma per domenica 3 novembre, quando sarà proiettata la prima parte; e domenica 10, quando sarà data la seconda. È un’occasione imperdibile per gli amanti del regista napoletano ma non solo. Perché, come si sa dallo scorso agosto dopo una denuncia pubblica di Toni Servillo, ‘Loro’, in pratica, è stato censurato da Mediaset, la società di casa Berlusconi che ne ha acquisito i diritti nel nostro Paese ma che, in pratica, anche a costo di rimetterci, l’ha tenuto in un cassetto.
Il film del 2018 che racconta il Cavaliere negli anni della crisi coniugale con Veronica Lario, delle papi-girls, delle accuse di compravendita dei parlamentari per tornare al potere, in sei anni, non è mai passato in tv, nemmeno per sbaglio, nemmeno a notte fonda. Tag24.it ha chiesto a qualche parlamentare forzista se il 3 e il 10 novembre sarà tra il pubblico del Troisi. E poi ha contatto Stefano Andreotti, il figlio dell’ex sette volte premier Giulio cui Sorrentino ha dedicato un’altra pellicola al veleno (“Il divo”, nel 2008), come converrebbe prenderla in queste occasioni.
‘Loro’ di Sorrentino al cinema, tra imbarazzi e il consiglio di Andreotti jr
Domani, 24 ottobre, farà il suo debutto nelle sale “Parthenope”, l’ultimo film di Paolo Sorrentino. Sta di fatto che tra 11 giorni, sebbene limitatamente al Troisi di Roma, si può dire che lo stesso regista napoletano è atteso da un’altra prima: quella di ‘Loro’, il film (in due parti) che ha dedicato a Silvio Berlusconi. Perché si tratta di un nuovo battesimo? Beh, la risposta è semplice: perché, nel 2018, quando andò nelle sale, nessuno avrebbe immaginato che sarebbe stata la prima e unica occasione per vederlo. I diritti italiani del film, infatti, li acquisì Mediaset. E la società della famiglia Berlusconi non lo ha mai trasmesso in tv.
In ogni caso: dove non è arrivato il piccolo schermo, sono arrivati i social. Gli spezzoni di ‘Loro’ che rimbalzano su TikTok fanno numeri impressionanti: milioni di ragazzi, che magari nemmeno erano nati nel 1994, anno della discesa in campo del Cavaliere, o che erano solo bambini nel 2011, ultimo anno di Berlusconi premier, si fiondano a vederli mettendo migliaia di mi piace. Solo ora, per la prima volta, avranno l’opportunità di vederlo di nuovo al cinema come i loro coetanei del resto d’Europa.
Ad agosto scorso, è stato Toni Servillo, l’attore che incarna Berlusconi nel film, a svelare l’arcano nel corso di un podcast con Dario Moccia
La reazione di Forza Italia
Ora che sono trascorsi sei anni dalla prima, che Berlusconi non c’è più, è giusto continuare a tenere nascosto ‘Loro’? Questa domanda, girata a vari parlamentari di Forza Italia, riceve un silenzio imbarazzato e dribbling improvvisati: “Non so di cosa parla, non posso risponderle”; “Non l’ho visto”; “Devo approfondire la questione”.
Insomma: ‘Loro’ non è per loro. ‘Loro’ non è per chi, almeno sulla carta, ha fatto della libertà la sua principale bussola politica. Citare il film di Sorrentino a un forzista è come – in tempi di Halloween – mostrare uno spicchio d’aglio a un vampiro.
E comunque: ma davvero la censura in questo caso aiuta?
Stefano Andreotti: “La censura non è mai bella. Mio padre Giulio, al film che gli dedicò Sorrentino, reagì così”
Occhio non vede, cuore non duole. Ora: è indubbio che la pellicola di Sorrentino su Berlusconi sia cattivissima. Ma nel 2024, di fronte alle milioni di visualizzazioni che le sue scene principali fanno su TikTok ha ancora senso per la famiglia Berlusconi tenerla in un cassetto? E chi fa politica tra le fila di Forza Italia quanto è giustificato a ritenerla una eresia da combattere in ogni modo possibile? Non rischiano, ai tempi dei social, di fare per di più una battaglia contro i mulini a vento?
Stefano Andreotti, contattato da Tag24.it, l’ha messa così:
“La censura non è mai bella”
Eppure, suo padre Giulio non prese affatto bene nel 2008 il film che Sorrentino dedicò a lui: “Il divo”…
“Ricordo che fu invitato a vederlo in anteprima dal grande critico cinematografico Gian Luigi Rondi in una piccola sala dove credo ci fosse anche Sorrentino. Fu una delle poche volte che lo vidi arrabbiato davvero. Ma a fine proiezione, quando gli chiesero cosa ne pensasse, se la cavò con una sola parola: ‘È una mascalzonata’”
Altri tempi, ma soprattutto altro stile. Eppure, come testimonia il trailer tratto da Indigo Film, ‘Il divo’, nei suoi confronti, non era affatto più tenero di ‘Loro’ nei confronti di Berlusconi
E comunque: nella lunghissima carriera politica e istituzionale di Giulio Andreotti, gli capitò davvero di vestire ufficialmente le vesti del censore:
“Subito dopo la guerra, con De Gasperi. Gli capitò di avere la delega al cinema che, all’epoca, voleva dire anche alla censura. Beh: sa tra migliaia di pellicole quante non andarono in sala? Cinque, solo cinque”
ha tenuto a sottolineare Stefano Andreotti.
Gli aneddoti con Pio XII e Vittorio De Sica
A Stefano Andreotti, poi, sono venuti in mente anche un paio di aneddoti niente male che raccontano come la censura sia sempre una brutta bestia da evitare, anche in politica.
“Una volta, mio padre fu chiamato da papa Pio XII, il quale gli rimproverò di aver fatto passare un film su Santa Maria Goretti in cui si vedevano le gambe della protagonista. Ma mio padre ebbe la prontezza di rispondere: ‘Sua Santità, è più grave il peccato di chi ha girato quel film o di chi l’ha prodotto?’ Il Papa gli rispose: ‘Di chi l’ha prodotto!’. Ma era una società del Vaticano…”
Anche con Vittorio De Sica molta letteratura ha attribuito con Andreotti un rapporto difficile:
“Si rimproverava al neorealismo di far vedere troppo la miseria dell’Italia anziché la ripresa economica del Dopoguerra. Ma i due ebbero sempre uno splendido rapporto. Così come papà lo ebbe con Federico Fellini, Monica Vitti, Alberto Sordi…”
E quindi: Stefano Andreotti andrà al Troisi a vedere ‘Loro’?
“Devo dire che io non amo molto il cinema italiano, preferisco quello francese”
Perché?
“Qui da noi, dagli anni Sessanta, si fa un cinema militante, politico. E a me non piace perché spesso non corrisponde alla realtà, come fu nel caso di mio padre. Nel film di Sorrentino, ad esempio, viene descritto come una persona così buia, così anaffettiva anche nel privato. Ora: ognuno è libero di dire e rappresentare ciò che vuole, ma posso testimoniare che era tutto il contrario”