Bisogna che le nostre italiane cambino atteggiamento in Champions League perché le prestazioni sono condite da ritmi lenti da poca qualità.

Assistiamo infatti a match di questa competizione dove le squadre vanno a mille all’ora, anche se stanno sotto col punteggio continuano a giocare a viso aperto non arretrando di un millimetro il proprio baricentro.

Le nostre tre big e questo è evidente sono molto spesso guardinghe, propositive solo quando serve, altrimenti una volta col risultato in tasca fanno un lungo possesso palla. Questo tipo di approccio alle situazioni di gioco durante le partite è sufficiente però solo se incontrano avversarie più deboli e a volte non basta neanche.

Champions League, le italiane devono alzare i ritmi se vogliono competere

Così non va e dirlo più e più volte fa più che bene alle nostre tre grandi: Juventus, Inter e Milan che portino a casa una vittoria, un pareggio o una sconfitta ci lasciano sempre la stessa sensazione a fine partita. Quale?

Sembrano compiacersi di interpretare rispetto all’avversario l’impegno con ritmi più dormienti e con una manovra esasperata senza intensità per mettere in cascina il risultato nonostante tutto accontentandosi di gestire.

La sconfitta contro lo Stoccarda della Juventus per esempio capita a fagiolo per spiegare l’atteggiamento che le nostre squadre non dovrebbero mai tenere durante un match di Champions League.

Il continuo tentativo degli uomini di Thiago Motta di tenere il pallino del gioco con un possesso che induce a rifugiarsi spesso e volentieri con retropassaggi verso il centrale difensivo o il portiere anziché tentare le verticalizzazioni davanti alla fine non ripaga, tutt’altro!

Costringe ad abbassare il baricentro di gioco perché l’avversario più veloce mentalmente e fisicamente mette pressione costantemente rendendo le uscite dal basso molto complicate.

La squadra teutonica forte fisicamente ma più veloce sia di piede con manovre ben concertate dal collettivo che di testa con approccio mirato a chiudere tutti gli spazi attraverso la pressione continua in tutti i lati del campo, alla fine è stata premiata più della Juventus che ha fatto fatica ad accontentarsi dello 0-0.

Come anche la vittoria del Milan che ha avuto la meglio sul Club Brugge e pur in superiorità numerica ha faticato ad imporsi col gioco. Senza fluidità di manovra in avanti e impacciato nel proporre soluzioni alternative anche lateralmente, ha avuto bisogno delle iniziative di singoli dotati di grande qualità tecnica per risolverla a proprio favore.

Fosse dipeso dall’idea di gioco impostata molto probabilmente non avremmo assistito ad una sua affermazione così larga su un avversario più che mediocre.

La stessa Inter (la nostra migliore italiana) che quando mette il naso fuori dai confini nazionali dimostra di poter surclassare anche la squadra più forte al mondo solo se gioca ad altissima intensità.

Appena appena decide di gestire la gara con il solito possesso lento e macchinoso incappa contro ogni tipo di difficoltà a spuntarla anche sulle avversarie più abbordabili.

Ritmi lenti e poca qualità delle nostre italiane in Champions League: ecco i motivi dove vanno ricercati

Non ci vuole un esperto di calcio per capire dove risiedono i motivi per i quali le nostre italiane ma soprattutto Juve, Inter e Milan si dimostrano più lente dei loro avversari in campo internazionale.

La ricerca va fatta partendo tra le mura della nostra Serie A non più considerato un campionato di gradissimo livello e pertanto orfano di giocatori fortissimi che offrono velocità e qualità di esecuzione nei loro gesti durante le partite.

I migliori dunque preferiscono accasarsi in squadre di campionati più competitivi perché offrono loro condizioni migliori non solo economicamente.

La conseguenza? La serie A è poco allenante sia livello di ritmi altissimi sia a livello di qualità del gioco. Per quando riguarda la poca intensità e il viaggiare a ritmi altissimi una gran parte di colpa è da affibbiare ai nostri arbitri che spezzettano troppo il gioco anche con fischi su interventi che in Europa non vengono considerati per niente fallosi.

A livello qualitativo invece è poco allenante perché i protagonisti che vi giocano non sono all’altezza di quelli di un tempo, ed ecco che i difensori non devono tenere a bada ogni domenica l’Haaland di turno e gli attaccanti non trovano più i Cannavaro, i Thuram e gli Stam di un tempo.

Per non parlare dei centrocampisti che si confrontano con giocatori di poca estrosità e che quindi non possono certamente riproporre manovre di gioco come faceva il Pirlo, o il Boban, piuttosto il Savicevic, o il Paulo Sousa della situazione solo per citarne alcuni.