Anche per la Serie A 24/25 il Var non va! Passano di fatto le domeniche e intanto a quasi 8 anni dall’introduzione della tecnologia come sistema coadiuvante per l’arbitro non mancano le grossi polemiche.

Simili episodi meritevoli di attenzione che in una partita vengono valutati in una maniera e nell’altra diversamente accendono dibattiti infuocati e nutrono le menti dei protagonisti dentro il campo e negli spogliatoi, dei dirigenti e presidenti nei post gara ma soprattutto degli gli opinionisti tv e dei tifosi e appassionati del calcio più bello del mondo di perplessità sulla sua utilità.

Uniformità assente su episodi simili

Accade spesso fine settimana che in un match si manifesti un episodio simile a quello della partita precedente del giorno prima o magari della settima prima. Come accade pure che se quell’episodio riguarda un fallo di mano oppure un pestone dentro l’area di rigore vengano valutati in maniera totalmente diversa.

Se da una parte ci sforziamo di condannare le contestazioni che non dovrebbero stare né in cielo né in terra perché basate sul nulla, su episodi di alcun che, dall’altro ne capiamo i sacrosanti motivi che richiedono l’uniformità di giudizio: non si possono subire su alcuni campi delle ingiustizie perché magari delle squadre non hanno visto applicare il protocollo ad hoc mente invece altre su altri campi si.

Con il Var la paura di arbitrare dei direttori di gara

Che il gioco del calcio sia caratterizzato da molteplici situazioni di gioco che possono mettere in crisi un qualunque arbitro anche il migliore al mondo è risaputo. Ma non si poteva immaginare che anche con l’utilizzo della tecnologia in Serie A potesse cadere ancora più in uno stato confusionario sul prendere certe decisioni.

Ad oggi molti fischietti, per quanto possano far male queste mie parole non arbitrano più da soli, o meglio, non si prendono più le responsabilità di decidere per un episodio piuttosto per quell’altro con convinzione, magari decretano una ammonizione o un rigore con la riserva di poter essere richiamati per l’errore fatto.

Col Var chi attacca si butta al minimo contatto

Il calcio non è più quello di una volta e al minimo contatto almeno qui in Italia, nella nostra Serie A, il giocatore di turno con si ritrova con la palla tra i piedi o che viene lanciato a rete a pochi passi dalla porta si butta come se fosse stato colpito da proiettile, tanto se l’arbitro non fischia per decretare l’eventuale rigore male che vada l’azione viene valutata lo stesso perché interviene il Var.

Ad onor del vero l’unico fallo privo di dubbi e che ormai mette ormai quasi tutti d’accordo i protagonisti della nostra serie A (il designatore Rocchi forse su questo è stato più che chiaro) è quello di mano: se il difendente tocca la palla aumentando il volume perché allarga il braccio allora è rigore, se la palla prende prima il corpo e poi finisce sulla mano no.

Chi difende vive con la paura di un rigore contro

Non è facile per i difensori scendere in campo come si faceva una volta con la mentalità di fare magari un falletto di nascosto per ostacolare l’attaccante, oggi con il Var si vede tutto anche se poi è l’uniformità delle scelte che lascia perplessi.

Dicevamo dei difensori o dei difendenti che durante la partita si ritrovano dentro la propria area e che psicologicamente si ritrovano o con l’imbarazzo di non poter utilizzare il proprio corpo nei contrasti liberamente o addirittura e con l’assumere nuove posture innaturali da compararli a pinguini quando affrontano un uno contro uno.

Se c’è un dato di fatto che si è costituito in questi ultimi anni è che il calcio tecnologizzato ha reso anche i movimenti dei giocatori robottizati, soprattutto nei pressi della propria porta.