La corsa alla Casa Bianca è serrata tra il candidato repubblicano ed ex presidente, Donald Trump, e la candidata democratica e vicepresidente, Kamala Harris. A soli 15 giorni dalle elezioni presidenziali, i sondaggi mostrano un margine di appena due punti percentuali tra i due sfidanti, che rappresentano schieramenti politici diametralmente opposti. Si prevede che sette stati chiave, noti per non avere un orientamento politico stabile, saranno decisivi il prossimo 5 novembre.
Cosa significano le elezioni americane per la politica estera degli Stati Uniti? Mentre Kamala Harris, se dovesse vincere le elezioni, potrebbe non discostarsi dalle politiche del suo predecessore Joe Biden, la vittoria di Donald Trump indicherebbe un ritorno ad uno statalismo lontano dagli schemi commerciali e diplomatici tradizionali, come avvenuto tra il 2017 e il 2021.
Dopo tre anni dalla fine della sua amministrazione, se il tycoon venisse eletto, dovrebbe affrontare anche questioni diplomatiche legate alla guerra in Ucraina. Le mosse di Trump potrebbero non essere quelle sperate da Kiev, che mira a costringere Mosca ad una pace giusta per il proprio paese, senza perdita di territori. Tuttavia, finora Trump è stato chiaro nelle sue dichiarazioni, affermando che il suo obiettivo è quello di rafforzare una negoziazione per porre fine alla guerra rapidamente.
Le elezioni americane del 2024
Il 5 novembre gli americani saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo presidente. Il voto deciderà il destino degli Stati Uniti per i prossimi quattro anni. In corsa ci sono Kamala Harris e Donald Trump che propongono due programmi completamente diversi su sanità, affari esteri, economia e questioni sociali.
Secondo gli ultimi sondaggi nazionali di 538/Abc News del 21 ottobre, Harris ha un piccolo vantaggio sul suo avversario (48 contro 46 per cento). La candidata democratica è entrata in corsa nel mese di luglio, dopo il ritiro di Joe Biden, e da allora ha guidato i sondaggi, anche se non ha ancora ottenuto una vittoria sicura.
Anche se la maggior parte dei 50 stati degli Usa vota storicamente per lo stesso partito, attualmente sono solo sette quelli in cui i candidati stanno concentrando le loro campagne elettorali. Questi sette stati, chiamati “swing states“, non votano storicamente per un partito specifico e tendono quindi a valutare il candidato e il programma elettorale. Secondo lo stesso sondaggio, Harris è in vantaggio in tre stati (Michigan, Nevada e Wisconsin), mentre Trump è avanti negli altri quattro (Arizona, Carolina del Nord, Georgia e Pennsylvania).
Mentre il giorno del voto si avvicina, Donald Trump recupera terreno. Il nuovo inquilino della Casa Bianca verrà deciso il 5 novembre.
Come potrebbero cambiare i rapporti tra Usa e Russia con la vittoria di Trump?
Nel suo discorso di insediamento del 20 gennaio 2017, Donald Trump aveva annunciato che avrebbe seguito un approccio “America First”, ovvero un isolazionismo in politica estera. Questo approccio prevedeva di “unire il mondo civile contro il terrorismo islamico radicale”, dato che “è diritto di tutte le nazioni mettere al primo posto i propri interessi”.
Nelle elezioni del 2016, si sospettava un’interferenza russa a sfavore di Hillary Clinton, attraverso una campagna di fake news e attacchi informatici. Nel 2018, l’ex presidente aveva affermato di “[non] vedere alcuna ragione per cui” la Russia avrebbe dovuto intromettersi nelle elezioni in cui è stato eletto. Il tycoon, infatti, non ha criticato apertamente il suo omologo russo, Vladimir Putin, durante la sua amministrazione.
Dopo l’insediamento, l’amministrazione Trump non ha compiuto dei passi sperati da Mosca: non ha revocato le sanzioni contro la Russia né ha riconosciuto i territori ucraini invasi dalla Russia nel 2014. Tuttavia, si è instaurato un legame tra i due leader. Nel periodo successivo, Trump e Putin hanno tenuto diversi colloqui durante la presidenza del tycoon. Il giornalista statunitense che ha svelato lo scandalo di Watergate, Bob Woodward, ha menzionato nel suo nuovo libro che i due politici avrebbero mantenuto i contatti anche dopo la fine del mandato di Trump.
A distanza di otto anni dalla prima elezione di Trump, se venisse rieletto, la guerra tra Ucraina e Russia rappresenterebbe una sfida importante. È possibile notare che il tycoon non scenderà a compromessi con la Russia. Le sue decisioni, prese sotto un approccio isolazionista, però, potrebbero effettivamente cambiare il corso della guerra in Ucraina. Trump potrebbe compromettere le relazioni con gli alleati occidentali, dando così un vantaggio all’amministrazione russa nel proseguire la sua agenda.
La guerra in Ucraina
Un secondo mandato di Trump segnerebbe un totale cambio di rotta rispetto alle politiche attuali di Joe Biden. Dallo scoppio della guerra nel 2022, gli Stati Uniti e gli alleati della Nato sono stati i principali sostenitori di Kiev. Tuttavia, il tycoon potrebbe togliere il sostegno all’Ucraina. Sono molti, infatti, i repubblicani sostenitori di Trump che si chiedono perché sia nell’interesse nazionale degli Usa investire armi e finanziamenti in questa guerra. Il candidato repubblicano ha criticato diverse volte gli aiuti militari statunitensi all’Ucraina.
Durante un recente incontro, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e Trump hanno discusso il piano di vittoria di Zelensky. In seguito alla riunione, Trump ha evidenziato i suoi “ottimi rapporti” sia con Putin che con Zelensky indicando infatti un eventuale impegno verso la diplomazia. Ha anche affermato che avrebbe risolto la guerra (anche rapidamente) se fosse stato eletto presidente:
Entrambi vogliamo vedere questa fine, ed entrambi vogliamo vedere un accordo equo. Dovrebbe finire e il presidente (Zelensky) vuole che finisca, e sono sicuro che il presidente Putin vuole che finisca e questa è una buona combinazione.
Dopo il suo ritorno da Washington, il leader ucraino ha annunciato che “Trump gli ha assicurato che sosterrà l’Ucraina”. Secondo gli analisti, i termini che saranno discussi con Trump potrebbero non corrispondere alle condizioni sperate da Kiev. Nonostante l’ottimismo espresso da Zelensky, il suo piano prevede un approccio che non include i negoziati con la Russia. Come annunciato successivamente, il piano prevede soprattutto il sostegno degli alleati all’Ucraina per porre fine alla guerra “entro e non oltre” il 2025.
In un recente intervento al Pbd Podcast, Trump ha chiarito le sue posizioni sul conflitto:
Mi dispiace molto per quelle persone, ma non avrebbe mai dovuto permettere che quella guerra iniziasse… quella guerra è una sconfitta. E questo non significa che non voglio aiutarlo perché mi sento molto male per quelle persone. Non avrebbe mai dovuto lasciare che quella guerra iniziasse.