Come in una partita di battaglia navale che nessuno vuole perdere, nelle ultime 48 ore, maggioranza e opposizione sono concentrate unicamente a ‘difendere’, o, ‘affondare’ le proprie navi. È il caso dei migranti in Albania e la nave ‘in gioco’ sullo scacchiere immaginario è una sola: la Libra della Marina Militare Italiana incaricata, lunedì scorso, di trasportare in uno dei due centri di accoglienza italiani in Albania i primi 12 migranti sbarcati sulle nostre coste e da rimpatriare nei paesi di origine.

Il Governo sta tentando di ‘difenderla’ a tutti i costi dagli attacchi della maggioranza e soprattutto dalla decisione del Tribunale di Roma che, dichiarando illegittimo il trasferimento e imponendo il rientro dei migranti, sembrerebbe essere riuscita a ‘colpirla’, ma non ad ‘affondarla’. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, infatti, sono a lavoro per un decreto d’urgenza che mira a ‘spuntare’ le armi degli ‘avversari’ è che sarà portato in Consiglio dei Ministri per l’approvazione già domani – lunedì 21 ottobre.

Una battaglia navale in cui è stato trascinato l’intero Paese con l’opinione pubblica divisa e schierata da una parte e dall’altra, come sempre accade quando si mette mano al tema dell’immigrazione, il vero conflitto irrisolto della nostra società. Ma soprattutto una battaglia che ha aperto una nuova crepa nei rapporti tra esecutivo e potere giudiziario.

Caso Albania: cosa è successo e perché i 12 migranti sono rientrati in Italia?

Uscendo dalla metafora della battaglia navale, ricostruiamo brevemente cosa è successo e perché i 12 migranti – protagonisti senza diritto di parola – sono rientrati in Italia dopo essere stati trasferiti a inizio settimana nell’hotspot italiano in terra albanese.

Tutto è iniziato lunedì 14 ottobre 2024, quando la nave Libra della Marina Militare Italiana è salpata verso i lidi albanesi con a bordo i migranti da rimpatriare nei paesi di origine, ovvero, Egitto e Bangladesh. La loro nazionalità, come vedremo, sarà determinante. Erano 16, ma poi sono diventati 12 perché si è poi scoperto che quattro non avevano i requisiti (due sono minorenni e due sarebbero malati) per poter essere trasferiti.

I migranti sono giunti in Albania e trasferiti nel centro di accoglienza mercoledì 16 ottobre, dopo due giorni di viaggio. Venerdì 18 ottobre è arriva la decisione dei giudici della Sezione per i diritti della Persona e Immigrazione del Tribunale di Roma di non convalidare i trattenimenti dei migranti nel CPR di Gjader, disponendone il rientro in Italia, dove sono sbarcati ieri, sabato 19 ottobre, al porto di Bari.

Perché i giudici del Tribunale di Roma hanno annullato il trasferimento dei migranti in Albania facendo scoppiare il caso? Perché i 12 migranti proverrebbero da paesi considerati ‘non sicuri’ e quindi non rimpatriabili.

Il protocollo per i trasferimenti dei migranti in Albania stilato dal Governo italiano, infatti, prevede che i migranti ‘trasferibili’ debbano essere solo uomini, adulti e non provenienti da paesi a rischio. Per determinare lo status di paese a rischio di Egitto e Bangladesh, i giudici di Roma, inoltre si sarebbero attenuti all’applicazione della sentenza del 4 ottobre 2024 della Corte di Giustizia Ue ed è proprio sull’interpretazione data di questa sentenza che si è scatenato lo scontro tra Governo e magistratura. Vediamo perché.

Migranti Albania: è scontro sull’interpretazione della sentenza della Corte Ue

Prima di entrare nel dettaglio della controversa sentenza della Corte di Giustizia Europea, bisogna premettere che il Governo italiano ha classificato Egitto e Bangladesh (con un decreto interministeriale della Farnesina) paesi sicuri eccetto che per determinate categorie di persone che potrebbero incorrere in persecuzioni come ad esempio i dissidenti politici.

La sentenza del 4 ottobre 2024 della Corte di Giustizia Europea stabilisce – in relazione a un caso specifico concernente la Moldavia – che un paese sia da considerarsi comunque a rischio anche se tale rischio riguardi sono alcuni aspetti o determinate categorie di persone.

Applicando questa sentenza i giudici di Roma avrebbero quindi ‘esteso’ lo status di paese a rischio ai due stati classificati ‘in parte’ sicuri dal nostro Governo, ovvero, Bangladesh ed Egitto.

In un intervento, postato oggi sul suo profilo X, l’ex presidente dell’Unione Camere Penali Giandomenico Caiazza ha difeso l’operato dei giudici del tribunale di Roma affermando che:

“I giudici italiani, semplicemente, non potevano fare altro che dichiarare paesi non sicuri Egitto e Bangladesh perché non possono statuire in difformità alla Corte di Giustizia Europea”.

I giudici del Tribunale di Roma, quindi, non sarebbero intervenuti in merito al protocollo per il dislocamento in Albania dei migranti, ma avrebbero applicato solo le norme sul diritto di asilo che stabiliscono chi può essere trasferito e chi no, ritenendo che i 12 migranti egiziani e bengalesi non potevano essere trasferiti.

Di diverso avviso l’eurodeputato di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini che, sempre oggi, ha postato un video sul suo profilo X spiegando perché l’interpretazione della sentenza della Corte Ue data dai giudici di Roma sarebbe invece ‘abnorme’ come dichiarato dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Procaccini spiega che la sentenza della Corte Europea si richiama alla Direttiva 32 del 2013 e in particolare l’articolo 37, che stabilisce che spetti ai singoli Stati nazionale la ‘responsabilità di designare i paesi sicuri‘ verso cui è possibile rimpatriare gli immigrati irregolari.

“La sentenza della Corte Ue ha confermato che la competenza resta in capo agli stati nazionali, il tribunale di Roma ha forzata in maniera evidente la sentenza europea.”

Il decreto Meloni-Nordio sui ‘paesi sicuri’: cosa sappiamo

Il Governo italiano è corso subito ai ripari per ‘blindare’ l’operazione Albania. La battaglia di Giorgia Meloni contro i giudici romani si sta combattendo in queste ore tra Palazzo Chigi e Viminale, con la preparazione da parte dei tecnici di un decreto che punta a stabilire quali siano i paesi sicuri e che dovrebbe essere approvato già domani in Consiglio dei Ministri per risolvere il pasticcio creatosi, nelle ultime 48 ore, dopo l’avvio della fase operativa della patto Italia – Albania sul migranti.

Vediamo allora cosa è previsto nel decreto.
Il decreto, secondo quanto si apprende, si comporrà principalmente due parti. La prima parte, che poi è il nucleo del nuovo provvedimento, consiste nel fissare per legge l’elenco dei paesi sicuri in cui poter rimpatriare migranti arrivati in Italia, un elenco che al momento è contenuto in un decreto interministeriale della Farnesina. Lo scopo di questa norma è quello di mettere al riparo questo elenco da eventuali interpretazioni da parte della magistratura.

La seconda parte consiste nel fornire al Governo strumenti più efficaci per reagire alla mancata convalida dei trattenimenti di migranti da parte dei tribunali nazionali. L’esecutivo starebbe pensando di introdurre il secondo grado di giudizio, con i ricorsi in appello e non come, invece, accade oggi, direttamente in Cassazione.

Questi i fatti fino a oggi, domenica 20 ottobre 2024, in attesa di conoscere i contenuti del decreto Meloni-Nordio e delle sue ripercussioni non solo a livello nazionale (versante Quirinale) ma anche europeo. Il patto per i migranti tra Italia e Albania, infatti, starebbe agitando e dividendo anche la maggioranza di Ursula von der Leyen al cui interno serpeggiano malumori da parte degli alleati per le aperture dei Popolari e soprattutto della Presidente della Commissione a favore del modello Albania presentato e proposto in Europa nei giorni scorsi da Giorgia Meloni.