I film sui criminali sono una garanzia, a maggior ragione quando riguardano delinquenti in carne e ossa come Rodney Alcala. Il killer di donne, operativo fra il 1971 e il 1979, diventa protagonista della pellicola “Woman of the Hour” di Anna Kendrick, regista per la prima volta e alle prese con il debutto su Netflix.
Il thriller, online sulla piattaforma già da ieri, 18 ottobre 2024, si propone di ripercorrere la lunga scia di sangue lasciata dal femminicida e ha già raccolto diverse ottime recensioni su RottenTomatoes, tanto dalla critica che dal pubblico.
Ma sarà tutto oro quel che luccica? Scopriamo di più sulla nuova Anna Kendrick regista e quali sono le differenze fra la vera storia di Rodney Alcala e il film.
Anna Kendrick debutta su Netflix: da attrice in “Pitch Perfect” e “Twilight” a regista
Pare che non ci sia proprio nulla che Anna Kendrick non sappia fare: cantante, attrice e adesso persino regista. “Woman of the Hour” segna, infatti, il suo debutto come regista e approda sul piccolo schermo per Netflix.
I fan di lunga data, però, la ricorderanno sicuramente per la sua Natalie in “Tra le Nuvole“, al fianco di George Clooney nel 2009. Nonostante la pellicola le sia valsa diverse nomination agli Oscar, ai Golden Globe e ai British Academy Award, ciò che l’ha definitivamente lanciata fra le stelle di Hollywood è stato “Twilight“.
Una saga nella quale interpreta l’amica della protagonista Kristen Stewart. Ben cinque film di vampiri luccicanti e licantropi mezzi nudi che, tuttavia, sono serviti a renderla riconoscibile al grande pubblico, anche se – al tempo – Kendrick si è sentita invisibile rispetto ai due co-protagonisti:
All’epoca ero come una figura satellite in quei film. Potevo camminare per strada senza problemi a quei tempi, anche se qualcuno mi riconosceva di tanto in tanto. All’epoca pensavo che fossero le persone più famose della Terra e che sarebbe durato per sempre. E invece non è stato così.
Sì, perché la sua fortuna è decollata con le tre irriverenti commedie musicali “Voices“, uscite in Italia con il titolo di “Pitch Perfect“. La sua incredibile ugola d’oro, poi, e la canzone Cups sono diventate un fenomeno mondiale, con tanto di reel su reel di persone che riproponevano le sue movenze con i bicchieri.
Certo, la sua carriera da attrice o da cantante non si può ridurre solamente a questi (notevoli) successi. Troviamo l’artista, classe 1985, infatti, nei cast di “Scott Pilgrim vs. the World“, “Che cosa aspettarsi quando si aspetta” e al fianco della straordinaria Meryl Streep e Johnny Depp in “Into the Woods“.
Eppure, Anna Kendrick riesce a brillare anche in film schiacciati dalla critica, come è successo nel caso di “The Last Five Years“. Pellicola bocciata, ma interpretazione lodata. Allora la sua volontà di passare dietro la macchina da presa da dove nasce?
Posso capire che un film che si apre con un atto di violenza non sembri proprio nelle mie corde. Ma sento di aver vissuto esperienze in cui posso immedesimarmi nell’essere con un’altra persona e scoprire improvvisamente di essere con qualcuno di profondamente insicuro.
Così la 39enne si è decisa ad affrontare questa nuova prova, che per molti è già una promettente promessa.
“Woman of the Hour” e la vera storia del killer Rodney Alcala
Penso che la storia in sé sia così avvincente per l’idea che quest’uomo pericoloso e violento sia andato in un programma come The Dating Game, dove l’obiettivo è scegliere un bravo ragazzo, e abbia vinto. È semplicemente comicamente perverso. […] la violenza nel film è raramente letterale o esplicita. Volevo essere lontana dalla violenza senza santificarla
Per stessa ammissione della regista, quindi, il film a debutto su Netflix non mostrerà tutto tutto della storia del killer Rodney Alcala, che ha agito indisturbato per quasi 10 anni, prima del suo arresto nel 1980. Anzi, ciò a cui si assiste in soli 135 minuti è la partecipazione dell’uomo all’allora celebre dating show “Gioco delle coppie”.
Un esordio coraggioso, con un soggetto complesso, ma anche con un piccolo aiutino: la strigliata del regista Paul Feig, che ha diretto Anna Kendrick in “Un piccolo favore“:
La prima persona che ho chiamato è stata Paul Feig, e l’unico motivo per cui lo trovo divertente è che questo è un film su un serial killer, e lui è conosciuto soprattutto per commedie come Le amiche della sposa. Lo ammiro moltissimo come regista e collaboratore, quindi volevo davvero avere la sua opinione. Mi ha dato un consiglio un po’ duro, un discorso del tipo: ‘Niente scuse, la responsabilità è tutta tua’ e gli sono davvero grata. Mi sentivo così fortemente legata al film che volevo solo fare ciò che fosse meglio per il progetto
Così, eccola qui, a dirigere e recitare nel ruolo di co-protagonista, vestendo i panni di Cheryl Bradshaw, la giovane partecipante che, per pura casualità – e un quantitativo spropositato di sfortuna – si è ritrovata a scegliere come suo appuntamento proprio il killer, impersonato da Daniel Zovatto.
La partecipazione reale di Rodney Alcala risale al settembre del 1978, quando l’uomo aveva già ucciso almeno cinque donne e arrestato per lo stupro di una bimba di 8 anni, Tali Shapiro, e di una 13enne. Presentato dal conduttore Jim Lange, Alcala vince l’episodio, facendosi scegliere dalla single Cheryl Bradshaw. Tuttavia, la giovane richiama la produzione del programma chiedendo di annullare l’appuntamento, dopo una conversazione “inquietante” con l’uomo dietro le quinte.
A oggi l’episodio non esiste più, ma online si possono ancora trovare alcuni frammenti.
Chi era Rodney Alcala, il “Dating Game Killer”
Alto, affascinante, bello. Questi gli aggettivi con cui Rodney Alcala era descritto nell’ultimo decennio degli anni ’70. Una prestanza fisica che gli ha permesso non solo di vincere l’episodio del “Gioco delle coppie” che gli è valso il soprannome di “Dating Game Killer”, ma anche di agire al di sopra di ogni sospetto per quasi 10 anni.
Serial killer e molestatore sessuale attivo soprattutto fra New York, California e Wyoming. A lui si attribuirebbero gli omicidi di oltre 100 donne e ragazze. Il suo successo come fotografo di moda, poi, è stato la copertura perfetta per attirare le sue vittime.
Condannato a morte una prima volta nel 1980, per aver tolto la vita all’adolescente Robin Samsoe – all’epoca a malapena 12enne -, la Corte Suprema della California ha ribaltato la sentenza, rinviandolo a processo nel 1986. A un passo dalla sedia elettrica nuovamente, Alcala ha ricevuto una seconda grazia nel 2003.
Sempre proclamatosi innocente, il killer di donne è finito in carcere con una condanna a 25 anni all’ergastolo nel 2012. Solamente di due omicidi si è dichiarato colpevole, avvenuti fra il ’71 e il ’77. Una lunghissima scia di sangue conclusasi nel 2021 con la sua morte a 77 anni.