Due sorelle nate a distanza di sei anni l’una dall’altra, ma che condividono la stessa malattia, rara e degenerativa: la PIG-N. Matilde ha oggi quattordici anni, mentre Margherita ne compirà otto il prossimo mese. Entrambe soffrono di ipotonia (assenza di tonicità muscolare), disfagia (difficoltà nella deglutizione) e di una forma di epilessia farmaco-resistente.
A causa di problemi respiratori, durante la notte sono supportate da una ventilazione meccanica. Hanno subito entrambe un importante intervento chirurgico a causa del forte reflusso gastroesofageo. Presentano inoltre una disabilità intellettiva e necessitano di un’assistenza costante, fornita dai loro genitori, Elena e Andrea, oltre che da un team di professionisti.
È proprio mamma Elena Abbate a raccontare a TAG24 la storia di Maty e Marghe, iniziata nel 2010 con la nascita della primogenita a Chivasso, in provincia di Torino.
“Matilde sembrava una bambina sana, normalissima. Poi con il tempo ho iniziato a notare che qualcosa non andava, confrontandola con i figli delle mie amiche che avevano partorito nel mio stesso periodo oppure successivamente. Piangeva sempre, aveva tremori strani, non sollevava il capo. Ma continuavano a dirmi che era colpa di un brutto reflusso”.
La diagnosi di malattia rara, però, è arrivata dopo tre mesi, quando Elena ha insistito nel ricoverare la neonata in ospedale, facendo rientrare in Italia il papà, che in quel periodo lavorava all’estero. “Mi sono sentita sollevata, perché finalmente qualcuno vedeva quello che vedevo io” racconta. Il nome della patologia, però, l’ha scoperto solo dopo la nascita di Margherita.
Matilde e Margherita, la storia delle sorelle con una malattia rara che conta pochissimi casi al mondo
Elena parla di una “vita ribaltata” dopo un ricovero durato tre mesi, da cui è uscita con una bimba con disabilità e con una malattia rara di cui nessuno conosceva il nome.
“Sono entrata in ospedale da mamma e ne sono uscita caregiver: non sapevo come affrontare la situazione. I medici mi parlavano di una malattie genetiche, di sondino gastrico e PEG: tutti argomenti di cui non sapevo assolutamente nulla, lontani anni luce dalla mia esperienza. I primi mesi sono stati segnati dalla disperazione. Poi ho dovuto affrontare il lutto: perché quando arriva un figlio con queste problematiche, avevi immaginato una vita che in realtà non c’è più“.
Nelle lunghe settimane di ricovero Elena ha conosciuto altre famiglie che stavano vivendo la sua stessa situazione. “Ho avuto la fortuna di incontrare un collega di mio marito che aveva un bimbo con disabilità, purtroppo mancato poco più di un mese fa. Gli chiedevo: ‘Ma come si fa a uscire con un disabile?’ Avevo ancora una visione per cui si stava a casa e basta. Un po’ come succedeva negli anni Settanta e Ottanta, quando si tendeva a nascondersi'”.
Il rapporto con questi genitori fa scoprire a Elena e Andrea un mondo del tutto nuovo.
“Mi dicevo: ‘Io voglio uscire, ma come faccio con Matilde?’ Ma loro mi spiegavano: ‘Guarda si possono fare tante cose, vedrai, ti aiuteremo’. Loro avevano fondato da poco un’associazione e il papà di Denis, che oggi è anche mio migliore amico, mi propone di aprirne una anch’io, per iniziare a rapportarmi con questa realtà. Parliamo di 14 anni fa, quando ancora eravamo molto indietro su certi temi” spiega Elena.
Quando sua figlia aveva appena un anno è nata l’associazione “Insieme per Matilde”, che ha permesso a Elena di comprendere come “ero io che dovevo imparare a stare nel suo mondo e non viceversa. E dovevo accompagnare le persone vicino a me, compresi i miei genitori, a condividere un nuovo modello di vita”.
La nascita della secondogenita e la diagnosi di PIG-N arrivata dopo due anni
Margherita è stata una figlia molto desiderata. Così tanto che Elena e Andrea decidono di sottoporsi a moltissimi esami genetici. La patologia rara di Maty non aveva (ancora) un nome e volevano capire se un altro figlio avrebbe avuto gli stessi problemi.
“Dagli esami non è uscito nulla, così abbiamo pensato che la malattia di Matilde fosse un caso ex-novo. Dopo circa un anno sono rimasta incinta di Margherita. Si muoveva tantissimo nella pancia, al contrario di Matilde, quindi ho subito pensato fosse un segno positivo. Già dopo pochi secondi dal parto (avvenuto nel 2016, ndr) abbiamo capito che invece c’era qualcosa che non andava. Ecco: era successo di nuovo”.
Quindi nuovi esami e ulteriori visite mediche. Margherita è nata senza tiroide: i medici, all’inizio, pensavano che i suoi problemi fossero dovuti a questo. Dopodiché sono iniziate le crisi epilettiche.
“Dopo i primi mesi di difficoltà, mi hanno prospettato un esame genetico nuovo rispetto a quelli effettuati fino a quel momento, però avremmo dovuto attendere un anno per avere il risultato: alla fine ne sono passati due. Lo abbiamo mandato in America e, tramite il progetto Telethon, anche in Puglia. Abbiamo analizzato il sangue e la pelle di tutti e quattro”.
Il responso? “PIG-N, una malattia genetica rara di cui si conoscono pochi casi al mondo. Io e mio marito ne siamo entrambi portatori sani: è come se fossimo fratelli. In realtà io sono di origine meridionale e lui è piemontese puro. Il destino ha fatto incontrare due persone che avevano la stessa ‘ammaccatura’ nella medesima catena del DNA. C’era il 20% di possibilità di avere un secondo figlio con la stessa patologia del primo: io ho beccato questa percentuale! Una rarità nella rarità. Anche i genetisti hanno sottolineato come sia un caso unico” racconta con tono scherzoso Elena.
Come affrontare la disabilità di due figlie? Il coraggio dopo il dolore
Ora, a distanza di diverso tempo da questa scoperta, non c’è tempo per rimuginare sul fato o sul destino. La forza per affrontare la disabilità di due figlie, sottolinea ancora Elena, però non è arrivata subito. Perché il dolore, inizialmente, li ha “inondati”.
“Loro due sono state le nostre maestre di vita e lo sono tutt’oggi. Hanno dato la forza a me e mio marito di essere quelli che siamo: nelle loro fragilità hanno bisogno di noi. Piangi un giorno, due giorni, ti disperi… Però poi ce la devi fare. Noi vediamo per loro, camminiamo per loro, parliamo per loro, perché non hanno la possibilità di farlo. Non possiamo fermarci, altrimenti cosa succederebbe?”
Matilde e Margherita non parlano, ma “comunicano con gli occhi“. Mamma Elena capisce quando stanno bene, quando sono serene oppure no.
“Abbiamo cucito intorno a loro bellezza, perché se lo meritano. Ci sono le tate, la famiglia, gli amici. Loro adesso sono integrate in una società. Faccio venire a casa la scuola e i loro compagni. Noi facciamo tutto insieme: le portiamo al mare, in montagna, a Leolandia (un parco giochi in provincia di Bergamo, ndr)”.
L’obiettivo, sottolinea, è quello di far capire agli altri che nonostante la disabilità “noi ci siamo, esistiamo, vogliamo vivere, andare avanti e con l’associazione Insieme per Matilde Aps lanciamo proprio questo messaggio. Cerco di dare uno stimolo e un aiuto a tutti quei genitori che hanno iniziato da poco il percorso con i loro bimbi piccoli, offrendo un supporto per andare avanti. Proprio come l’ho avuto io all’epoca con gli altri genitori”.
I social e l’associazione “Insieme per Matilde APS” per promuovere l’inclusione
Elena Abbate ha ora un concetto tutto nuovo di felicità. “Ho avuto tanto e adesso sono io che do agli altri, mentre prendo da chi è più grande di me. A volte siamo più felici noi, nel raggiungere certi piccoli obiettivi, rispetto a tante famiglie che non sono mai contente di niente”.
L’aspettativa di vita di Maty e Marghe? Un mistero. “Nella storia scritta della patologia studiata fino a oggi, le aspettative di vita sono bassissime, di pochissimi anni di vita. Questa malattia è velocissima e degenerativa. Quattordici anni fa mi dissero che Matilde sarebbe vissuta 5 mesi, Margherita anche meno. Sono ancora qui e hanno 14 e 8 anni”.
La scienza arriva fino a un certo punto, poi ci sono le storie personali che smentiscono molti dati. “C’è la famiglia, c’è quello che coltivi, c’è quanto ci credi. C’è la fortuna di incontrare medici che si fidano di noi genitori e fanno sempre un passo in avanti, non indietro” afferma mamma Elena.
Al momento i farmaci stanno tenendo in una situazione di ‘equilibrio’ i diversi problemi di salute delle sue ragazze. “Così le lascio vivere serene, intervenendo quando è necessario”.
Com’è cambiato il rapporto con la comunità dopo l’arrivo di due figlie con un malattia rarissima?
“Non è stato facile far capire agli altri come approcciarsi al mondo della disabilità. L’Italia è ancora molto indietro sotto questo punto di vista. Io parlo sempre di loro, organizzo stand nella mia città. Sono molto attiva sui social e racconto la storia di Matilde e Margherita su Facebook. Voglio far capire che si può vivere, che casa mia è sempre aperta. C’è chi mi critica perché espongo Matilde e Margherita: ma io lo faccio perché non si può e non di deve nascondere la disabilità”.
All’inizio non è stato affatto semplice accettare che amici e conoscenti decidessero di allontanarsi dalla sua famiglia. “Pensavo: ‘Perché ti devi allontanare? Ma che ti abbiamo fatto? Poi però ho capito che non tutti sono pronti ad affrontare, per esempio, un aspiratore o una crisi epilettica. Non gliene faccio una colpa. Tanto sono loro che ci perdono, perché le mie figlie trasmettono tanta voglia di vivere e di apprezzare il bello della vita”.
Un’altra, bellissima storia di resilienza è quella di Valentina Mastroianni e suo figlio Cesare, affetto da un’altra malattia rara, la neurofibromatosi.