Arrivano novità e conferme per i fan affezionati a Viggo Mortensen e al Signore degli Anelli. Questa volta l’attore che abbiamo visto brillare nei panni di Aragorn (e non solo) torna dietro la macchina da presa per un nuovo film western intitolato “The Dead Don’t Hurt”. Ci incuriosisce sapere quando e come è nato il suo passaggio dal mondo degli interpreti a quello dei registi e per farlo, è necessario gettare uno sguardo su diversi aspetti della sua vita.
Viggo è conosciuto per essere un attore che ama la multiculturalità. Consideriamo che è nato nel 1958 a New York da mamma statunitense e papà danese e che ha avuto modo di formarsi in giovanissima età in diverse parti del mondo tra viaggi e spostamenti per decisioni di famiglia: è stato quindi sia in Danimarca, sia in Argentina, che in Venezuela. Ha visto i suoi genitori divorziare quando aveva solo undici anni e ha vissuto con suo padre, allevatore in una fattoria, per buona parte della sua vita da quel momento.

Sebbene abbia iniziato a guadagnarsi da vivere con i lavori più disparati, ha deciso di studiare recitazione alla Warren Robertson’s Theatre Workshop, per poi volare fino a Los Angeles alla ricerca di una carriera da attore.

È riuscito ad ottenere la parte del capitano in un’opera teatrale, “Bent”, e una piccola comparsa all’interno della miniserie targata CBS del 1984, “George Washington”.

Da lì, una carriera da attore che, prima del fatidico ruolo nel Signore degli Anelli, si è confermata vincente con le interpretazioni in film come Carlito’s Way (1993) e A History of Violence (2005).

Ha collaborato anche con il grande regista David Cronenberg in diversi film: La promessa dell’assassino, A Dangerous Method, Crimes of the Future e A History of Violence; e non si è fermato di certo all’interpretazione sul set.

Eclettico, sempre pronto a mettersi alla prova, Mortensen, oltre ad esperimenti ben riusciti in fatto di musica e fotografia, ha deciso di approfondire completamente la carriera cinematografica, ponendo anche le basi per un suo percorso da regista.

Viggo Mortensen, l’attore del Signore degli Anelli come è diventato regista?

Un performer poliedrico amante dell’arte si, ma soprattutto pronto a mettersi a nudo nelle sue vicende più personali, ecco chi è il Viggo Mortensen dietro la macchina da presa. La scelta di esordire alla regia nel 2020 con il film Fallingstoria di un padre, infatti, nasce da un motivo tutto autobiografico.

Il progetto parte con un viaggio personale dell’attore che era di ritorno su un aereo dal funerale di sua madre. Cercava di dormire, ma non ci riusciva, poiché la mole di pensieri, ricordi dell’infanzia e il dolore della perdita, erano troppo forti per trovare pace. E così, ha compreso, durante una notte senza sonno, di dover iniziare almeno un po’ a sfogarsi, scrivere e buttare giù diverse conversazioni, memorie, della sua vita in famiglia.
Certe parti di biografia non vedevano soltanto sua madre come protagonista, ma anche e soprattutto la sua famiglia, l’infanzia e un papà che per lui non è stata una figura rassicurante, anzi. L’attore l’ha sempre descritto come una presenza piuttosto pesante nella sua vita, che lo schiacciava e lo metteva spesso a disagio tra sofferenze e un carattere difficile.

Da qui, l’idea di esporre tutto attraverso un film che si ispirasse a queste vicende:

“Non avevo paura di mostrare o alludere a qualsiasi cosa fosse realmente accaduta nella mia vita così come la ricordo, ma sentivo semplicemente di avere più libertà di esplorare ed espandere le dinamiche relazionali e i miei sentimenti personali su di esse attraverso una storia di famiglia inventata.”

Ha dichiarato l’attore-regista a Variety. E ha poi aggiunto:

“Come disse una volta il filosofo inglese Francis Bacon: ‘La verità è così difficile da dire che a volte ha bisogno della finzione per renderla plausibile'”.

L’uscita del nuovo film The Dead Don’t Hurt: tra amore, western e autobiografia

Dopo quattro anni, allora, Viggo Mortensen torna alla regia di un film (di cui compone anche la colonna sonora) e lo fa affrontando un genere apparentemente totalmente diverso dal dramma familiare di Falling: si addentra in una storia d’amore western dirigendo The Dead Don’t Hurt, in arrivo al cinema il 24 ottobre 2024.

La pellicola ha la particolarità di non essere un western come tanti. Anche qui, come per l’esordio alla regia di Mortensen, la componente autobiografica si fa sentire.

Presentato alla Festa del cinema di Roma 2024, The Dead Don’t Hurt ci mostra le vicende di un introverso immigrato danese, interpretato dallo stesso regista (Holger) che si innamorerà di una donna franco-canadese interpretata da Vicky Krieps di nome Vivienne, negli anni ’60 dell’Ottocento.


Si ritroveranno a decidere di abitare in una casa lontana da altri centri abitati, fatta di legno, in California e vicina ad Elk Flats, la città di frontiera che sta ancora nascendo. Da lì, dovranno affrontare i vari conflitti e vicissitudini della guerra civile che li costringeranno a separarsi. È proprio qui, che allora, l’occhio del regista si sposta tutto verso Vivienne, che diventa eroina, protagonista e figura centrale del film.

Anche in questo caso, da come si capisce dai titoli di coda del film stesso, il regista ha iniziato a scrivere di questa storia non focalizzandosi proprio sull’intento di fare un western: è stata più la figura di sua madre ad ispirarlo. Voleva parlare di una donna che fosse forte ed indipendente come lei, che fosse in grado di essere libera e, allora, solo in un secondo momento, ha avuto il lampo di genio di cimentarsi con un’ambientazione fatta di frontiere del selvaggio West.

Il nostro inviato di Tag24.it, Thomas Cardinali, ha avuto modo di incontrare al festival del cinema proprio il regista del film, che ha anche parlato del suo amore verso questo genere, a partire dalla tradizione del cinema italiano: