È una notizia uno sciopero che in Italia non si vedeva da tempo del settore automotive con (a detta degli organizzatori) 20 mila operai in piazza, mezza Roma bloccata, sindacati (la triade Cgil, Cisl e Uil al completo) sulle barricate, cinque leader di opposizione (Schlein, Conte, Calenda, Bonelli e Fratoianni) al seguito e un ministro, quello delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che annuncia una convocazione di Stellantis al grido “sono molto vicino ai lavoratori e ai sindacati, loro lo sanno”? Per Repubblica, evidentemente, no. Visto che sul suo sito on line non è mai stata evidenziata. Oggi, 18 ottobre 2024, si è consumato un altro atto di una querelle che sta precipitando il quotidiano fondato nel 1976 da Eugenio Scalfari in una seria crisi di credibilità.

Perché Repubblica ha bucato lo sciopero degli operai dell’automotive?

Qual è il corto circuito che sta mandando in tilt il giornale nato per essere il riferimento del centrosinistra? Evidentemente, quello della proprietà. Dopo gli anni dell’ingegner Carlo De Benedetti (per ben quattro decenni editore di Repubblica col gruppo Espresso), nel 2019, la testata è passata alla famiglia Agnelli-Elkann. La quale, naturalmente, ha in portafoglio anche l’azienda che l’ha resa famosa: Stellantis, ex Fiat. Di conseguenza, scrivere di auto è diventato lo sport più pericoloso dalle parti di via Cristoforo Colombo. Basti pensare che se dal 1996 al 2016 Repubblica ha avuto un solo direttore, Ezio Mauro, negli ultimi otto anni ne ha avvicendati ben quattro: Mario Calabresi, Carlo Verdelli, Maurizio Molinari e, il 7 ottobre scorso, Mario Orfeo. Il quale, notizia di oggi, ha scelto Annalisa Cuzzocrea come una delle sue vice, facendola tornare dopo il prestito alla Stampa.

Sta di fatto che proprio l’unione col giornale torinese, per molti, ha rappresentato l’inizio della fine: nel 2016, la fusione tra i due gruppi editoriali ha portato John Elkann a poter fare la voce grossa perché, sebbene il gruppo Espresso era più grande, quello di Torino si è mostrato più determinato a conquistare la posta in palio. Se, da una parte, nessuno dei tre figli dell’ingegnere De Benedetti (Rodolfo, Marco e Edoardo) ha ereditato la passione del padre per il giornalismo, dall’altra, il nipote di Gianni Agnelli ha avuto tutto l’interesse a mettere mani e piedi nella redazione di Repubblica.

Come mai? Secondo la versione di Carlo Calenda (nel 2016 ministro dello sviluppo economico dei Governi Renzi prima e Gentiloni poi), l’acquisizione del quotidiano punto di riferimento del centrosinistra gli è servita per zittire mediaticamente sindacati e oppositori che si sarebbero scagliati contro il progressivo disimpegno di Stellantis dall’automotive italiano. Difficile, stando anche a ciò che è avvenuto oggi, dargli torto.

La versione di Carlo Calenda

Carlo Calenda l’ha ripetuto proprio in questi giorni:

“Quando ero io al governo, Stellantis produceva ancora un milione di auto l’anno. Ora sono meno della metà”

Secondo il leader della Cgil Maurizio Landini, la cifra è vicina a 300 mila. Sta di fatto che, per il leader di Azione, anche i sindacati hanno colpa del declassamento dell’industria automobilistica italiana perché, prima della manifestazione di questa mattina,

“Non hanno mosso un dito nè detto una parola sull’evidente ridimensionamento in corso d’opera”

E sui social è uno dei più duri (da sempre) contro John Elkann

L’addio progressivo dell’ex Fiat all’Italia

E comunque: per la cronaca, già nel novembre 2012, dopo la fusione con Cnh, Fiat Industrial ha spostato la sede legale in Olanda e il domicilio fiscale nel Regno Unito; Stellantis, nata il 16 gennaio 2021 dalla fusione di FCA e PSA, ha fatto poi anch’essa armi e bagagli alla volta del Paese dei tulipani (e del fisco amico). Non una questione da poco, perché, complice anche l’avvento dei motori elettrici e un mercato rivoluzionato dallo sharing e dai noleggi a lungo termine, è un fatto che tutti gli stabilimenti italiani, da allora, hanno meno modelli e meno ordini in portafoglio.

Certo, a tal proposito, domani mattina in edicola con la versione cartacea, sarebbe una sorpresa una inchiesta di Repubblica.