Chi l’avrebbe mai detto? Preferire un ex comunista al segretario della Lega. A compiere l’ardita scelta è Roberto Vannacci, europarlamentare del Carroccio, che ha disertato l’udienza di Palermo in cui Matteo Salvini è imputato per il caso Open arms, per partecipare al congresso ‘Meritocrazia Italia’ in compagnia dell’ex comunista Marco Rizzo, ora coordinatore di Democrazia Sovrana e Popolare.
Un’assenza che, però, non significa distacco, con l’ex generale che ai cronisti, tra cui l’inviato di TAG24 Michele Lilla, ribadisce la sua vicinanza e solidarietà al ministro delle Infratrutture. L’ex generale si scaglia, poi, contro quelli che definisce i “nemici” del vicepremier che hanno “politicizzato” il procedimento contro Salvini, accusato di sequestro di persona per aver impedito, nel 2019, lo sbarco di 147 migranti a bordo di una nave della ong Open arms.
La sua esperienza militare, infine, gli fa commentare anche la situazione in Medio Oriente con gli attacchi di Israele al contingente Unifil dell’Onu.
Caso Open arms, Vannacci attacca i “nemici in Parlamento” di Salvini: “Esecrabile politicizzare il processo”
A Palermo oggi, 18 ottobre 2024, in una manifestazione di sostegno organizzata dal Carroccio in piazza Politeama, c’erano proprio tutti. Dai ministri Giorgetti, Valditara e Calderoli a tantissimi militanti e parlamentari. Schierati con maglietta d’ordinanza (con su scritto lo slogan: “Colpevole di aver difeso l’Italia, io sto con Salvini“), mentre il loro leader era alla sbarra per l’arringa difensiva pronunciata dalla sua legale Giulia Bongiorno.
Mancava solo lui.
Ma Roberto Vannacci non è uomo da gradire quando venga messa in dubbio la sua fedeltà e così, sollecitato dai cronisti a margine del congresso, eccolo spiegare di aver ‘disertato’ l’impegno siciliano per “un impegno personale inderogabile“ dopo aver, ovviamente, “informato da tempo il ministro Salvini“.
Ma le scuse non possono bastare e, così, l’ex generale cambia postura, tira fuori il petto e, facendosi serio, ribadisce la sua vicinanza al vicepremier “con il pensiero, con il cuore e con la mente“. Non pago, rincara la dose con la retorica patriottica che lo ha reso celebre, dicendosi “assolutamente convinto che difendere la patria non sia un reato, anzi è un sacro dovere di tutti i cittadini, figuriamoci di un ministro“.
Tutto qui? Neanche per sogno. Perché la solidarietà è un gesto puramente difensivo, che non può essere sufficiente a Vannacci che, dunque, decide di passare all’attacco. Non contro la magistratura, al contrario di certa destra degli ultimi decenni specializzata negli attacchi ai giudici. Anzi, nei confronti del potere giudiziario l’europarlamentare dice di avere “grande fiducia” nel fatto “che saprà riconoscere l’innocenza di Salvini“.
L’ex generale si scaglia contro i “nemici di Salvini” in Parlamento, responsabili di aver “politicizzato” il processo perché incapaci di affrontarlo “da un punto di vista politico e delle urne“. Azione che Vannacci definisce “esecrabile“.
L’ex generale sulla missione Unifil in Libano: “Ritiro o cambiare il suo mandato”
Vannacci viene, poi, sollecitato anche per un commento sulla missione Unifil dell’Onu, colpita dai recenti attacchi delle forze di difesa israeliane, che hanno generato anche una dura presa di posizione del governo italiano.
L’ex generale spiega che la missione è di peace keeping e prevede, dunque, la risoluzione pacifica delle controversie internazionali. Caratteristica che, però, è venuta meno nelle ultime settimane, così come il poter garantire l’inoffensività delle parti in gioco.
Per Vannacci, le decisioni da prendere seguono due strade diverse:
“O si ritira il contingente perché, con quel mandato e quelle forze è diventato inutile e probabilmente dannoso perché rischia di avere delle perdite per l’attività bellica in corso; oppure si cambia il mandato della missione“.
Tuttavia, Vannacci avverte che modificare il mandato di una missione da peace keeping a peace enforcement “non è semplice“ poiché significa modificare gli strumenti in dotazione del contingente. Una decisione su cui l’europarlamentare preferisce non pronunciarsi poiché spetta solo ed esclusivamente ai vertici dell’Onu a New York.