Arrivato alla corte di Thiago Motta attraverso un colpo di mercato alla Giuntoli, tifosi bianconeri e appassionati si chiedono con le dovute proporzioni se anche Douglas Luiz come giocatori illustri del passato o addirittura di pochi anni fa ha bisogno di tempo per esplodere definitivamente.

I valori tecnici del brasiliano non si discutono perché ha già dimostrato che col pallone ci sa fare, ha piedi fatati ed è un giocoliere pazzesco nello stretto, ma è del resto che forse dobbiamo dubitare?

Oggi infatti non basta essere dotato di grande tecnica, ci vuole anche altro perché il tatticismo esasperato che predomina lo scenario calcistico spesso porta società ed allenatori ad insistere su profili con caratteristiche più fisiche. Non è un caso che nell’era del calcio moderno sia stata coniata la massima “prima atleta e poi calciatore”. In questa, il centrocampista ex Aston Villa ci rientra?

Altro aspetto da considerare è che sembra per ora non appartenergli la concretezza perché tal volta commette degli errori ingenui quando è in possesso della palla molto probabilmente per eccesso di sicurezza. Dunque da qui si spiegherebbe anche il perché del suo poco minutaggio, infatti l’impiego centellinato fa per ora del centrocampista una delusione di giocatore che non ancora riesce a trovare l’ispirazione giusta di performare come veramente sa.

Juve, Douglas Luiz: anche Platini e Zidane hanno faticato agli esordi

E così il calcio italiano si ritrova per l’ennesima volta a fare i conti con la storia della Juventus e dei suoi acquisti che ci mettono del tempo per adattarsi e inserirsi in un contesto di squadra che ha bisogno come il pane quotidiano del colpo del campione come o hanno avuto le Juventus del passato.

Per esempio Michel Platini, arrivato a sostituire l’irlandese Liam Brady ha impiegato molti mesi per adattarsi: nel primo periodo bianconero di quel 1982 nessuno si è risparmiato critiche severe ma giuste.

Il talentuoso centrocampista offensivo francese arrivato per un tozzo di pane come soleva dire l’avvocato Gianni Agnelli in verità soffriva di pubalgia e ci ha impiegato addirittura un girone intero per ingranare a dovere. Il resto è storia e la conosciamo: dalla vittoria del titolo di capocannoniere al primo anno all’ultimo, nell’arco temporale di un quinquennio ha contribuito a conquistare in maglia bianconera, l’Italia, l’Europa e il mondo.

Zinedine Zidane, arrivato invece nell’anonimato più scuro (nessuno ne conosceva le doti da calciatore fenomenale) i primi tre mesi in maglia bianconera li ha vissuto come un incubo. Non riusciva ad adattarsi e gli serviva qualcosa per sbloccarsi: il 20 ottobre del 1996 nella partita valida per la 6ª giornata di serie A segna da più di trenta metri un gol capolavoro a Pagliuca. Da allora divenne il giocatore fantastico che abbiamo potuto ammirare fino ai primi anni 2000 anche ai tempi del Real Madrid.

Peggio di Rabiot?

Il timore che incombe nelle menti dei tifosi juventini ma anche di quelli che amano il calcio italiano è: mica farà peggio di Rabiot?

Il centrocampista brasiliano è arrivato in Italia questa estate in condizioni fisiche buone. L’attenuante con la quale si è avvicinato invece ai colori bianconeri Rabiot era sicuramente giustificata perché veniva da una inattività di quasi due anni. Messo fuori rosa dal Psg per degli screzi legati a situazioni contrattuali ha dovuto attendere che si liberasse a parametro 0 per cambiare casacca.

Quando dunque è arrivato alla corte della Vecchia Signora ha avuto bisogno in primis di ambientarsi e poi di ritrovare la condizione fisica perfetta. Condizione fisica che l’ha indotto ad aver solo a sprazzi prestazioni da grande giocatore qual’è.

Passato sotto la guida di Sarri, Pirlo e Allegri ha mostrato le sue vere qualità tecnico tattiche al top solo al quarto anno con il tecnico livornese quando ha saputo prendere in mano una squadra ormai orfana di grandi vittorie e in piena ricostruzione. La sua stagione migliore? La scorsa suggellata con la vittoria del suo quarto trofeo: la seconda Coppa Italia dopo lo scudetto e la Supercoppa Italiana.

Douglas Luiz non è Rabiot (tornato nel frattempo in patria per vestire la casacca del Marsiglia) e non ha vissuto le stesse dinamiche preliminari, dunque che non si faccia troppo attendere perché il popolo bianconero non è poi così impaziente ma soprattutto perché per quanto sia forte non è né Zidane né Platini.