La notizia della morte di Sinwar, l’ultimo capo di Hamas rimasto in vita dopo 377 giorni di guerra, l’ha colta mentre era tra le personalità premiate al Festival del Cinema di Roma ed era intenta a parlare della sua amata letteratura che – ha confidato – tanto si è nutrita anche di pellicole. Sta di fatto che anche per Lia Levi, classe 1931, 93 anni tra meno di un mese, scrittrice, giornalista nonché superstite dell’Olocausto, oggi, 17 ottobre 2024, può essere una giornata di svolta per l’intero Medioriente: dopo l’uccisione di colui il quale ha architettato il pogrom del 7 ottobre 2023 che fece 1200 morti e 250 ostaggi tra i civili israeliani, può spuntare una nuova alba di pace. È quello che si augura l’autrice di “Una bambina e basta”, l’opera con la quale nel 1994 vinse il premio Morante, ai microfoni dell’inviato di Tag24.it Thomas Cardinale.

Morte Sinwar, la scrittrice Lia Levi spera nella pace

Il festival del Cinema di Roma di quest’anno è stato dedicato alla forza delle donne. E probabilmente davvero poche come Lia Levi se lo sarebbero meritato. La sua vita è stata un costante esempio di resilienza, soprattutto nei suoi anni giovanili.

Nata a Pisa, Lia si trasferì con la famiglia prima in Piemonte e poi a Roma dove, per sfuggire alle persecuzioni contro gli ebrei, dovette rifugiarsi per dieci mesi presso il collegio romano delle Suore di San Giuseppe di Chambery. Per salvarsi la vita, però, dovette cambiare identità, e fingersi di religione cattolica. Dopo la guerra, divenne prima giornalista e poi scrittrice. Nel 1967 fondò la rivista di informazione ebraica Shalom. Ma il grande pubblico la conobbe solo nel 1994, quando vinse il premio letterario Elsa Morante con il suo “Una bambina e basta”. Si trattò di un libro che divenne un classico per ragazzi in quanto raccontava i traumi delle persecuzioni razziali subite dai piccoli ebrei anche quando non furono deportati nei campi di sterminio. Proprio come capitò a lei.

Oggi, alla notizia della morte di Sinwar, ha speso queste parole:

“La pace è faticosa. Di certo la scomparsa di un feroce terrorista credo che aiuti. Ma secondo me il vero sblocco della situazione deve arrivare dagli Stati islamici che hanno accettato l’esistenza di Israele come l’Egitto, la Giordania e l’Arabia Saudita. A un certo punto, disperavo, non speravo più. Adesso, invece, forse qualcosa si muove”

La battaglia contro l’antisemitismo

Le parole spese da Lia Levi, come quelle di Gadi Tachè, hanno rispecchiato lo stato d’animo della gran parte della comunità ebraica che da un anno, anche a Roma, a causa della nuova ondata di antisemitismo, vive blindata. E proprio a proposito di questo fenomeno, la scrittrice ha detto questo:

“La sua recrudescenza è clamorosa, è impossibile negarlo. Purtroppo l’antisemitismo esiste e si manifesta in cose che mi fanno ricordare la mia infanzia: una cosa assurda, al di là di ciò che accade in Medioriente. Ma cosa c’entrano le scelte del Governo israeliano con gli ebrei che vivono altrove? È una cosa mostruosa davanti alla quale l’Occidente non reagisce. Certo, si potrà ribattere: allora perchè non parla anche dei drammi dei palestinesi? Ma noi non vogliamo vederli soffrire, come potremmo? Nel racconto dei fatti, però, spesso non si ha equidistanza. Ad esempio, mentre parecchi intellettuali ebrei si sono fatti sentire a favore dei palestinesi, non ho visto la stessa cosa dall’altra parte”