L’ultimo è stato presentato martedì, 15 ottobre. Con tanto di conferenza stampa intitolata “Scrivere a mano e leggere su carta: nell’era digitale nasce l’intergruppo in difesa della scrittura a mano e della lettura su carta”. Il 2024 è stato l’anno del boom degli intergruppi parlamentari.
Hanno raggiunto la notorietà con Maria Rosaria Boccia, animatrice (esterna) di quello sulla dieta mediterranea e sulla “cultura della bellezza: medicina estetica, formazione, ricerca e benessere”. Prima ancora, all’epoca del Governo Gentiloni, all’inizio del 2017, con quello intitolato “Cannabis legale”.
Ma cosa sono? In pratica, dei gruppi di lavoro informali (e bipartisan) che raccolgono parlamentari di tutti i partiti attorno a un tema ben preciso. Ora: per molti, non sono altro che una sorta di club frequentati dai parlamentari per assecondare le loro passioni liberi dai lacci e lacciuoli delle sedute in aula e nelle commissioni, tant’è che le loro denominazioni, spesso, ricordano più delle pagine Facebook che altro. Ma la senatrice Lavinia Mennuni, ad esempio, animatrice dell’ultimo nato, contattata da Tag24.it, è di parere opposto.
Il boom degli intergruppi parlamentari: non solo Maria Rosaria Boccia
Ad oggi, si contano oltre trenta intergruppi, sui temi più vari: dalla sigaretta elettronica alla menopausa, dall’Alzheimer alla sussidarietà. Sta di fatto che essi nascono e muoiono con il susseguirsi delle legislazioni. In questa, ad esempio, si è sciolto quello sul Tibet. Ma è stato confermato quello su qualità e vita nelle città. Ma tant’è: qualche giurista, analizzando il boom degli intergruppi, ha parlato di “parlamento fluido”. Insomma: i parlamentari dei vari schieramenti vanno più d’accordo di quanto sembri su tantissimi temi. Per i cinofoli: una realtà che farebbe impazzire il protagonista di un vecchio film di Paolo Virzì, “Caterina va in città”, sconvolto dal fatto che i politici di destra litigassero con quelli di sinistra (e viceversa) davanti alle telecamere, salvo poi darsi la mano e andare a cena assieme appena terminato il talk di serata.
L’ultimo nato: l’intergruppo promosso dalla senatrice FdI Lavinia Mennuni
E insomma: come Internet con il deep web, anche nel Parlamento ci sono luoghi (più o meno visibili) che fungono da link sotterranei tra destra e sinistra, maggioranza e opposizione. Da due giorni, se ne è accorta anche Lavinia Mennuni, senatrice di Fratelli d’Italia, promotrice dell’intergruppo in difesa della scrittura a mano e della lettura su carta.
D Senatrice, come le è venuta l’idea di istituire quest’intergruppo?
R “È scaturita dal disegno di legge che ho presentato per proteggere giovani e minori nell’ambito della dimensione digitale”.
D Vale a dire?
R “Viviamo in un’epoca dove è molto forte la presenza dei social media, ma non solo: i ragazzi tendono a utilizzare i device elettronici anche per leggere e scrivere”.
D Un pericolo?
R “La neuroscienza avverte che la lettura su carta e la scrittura con penna, quindi senza interruzioni, distrazioni e notifiche di alcun tipo, sono indispensabili per sviluppare l’emisfero sinistro del cervello”.
D Che significa?
R “Che il quoziente intellettivo dei ragazzi cosiddetti ‘nati digitali’ rischia di ridursi”.
D Hanno anche più difficoltà con la grammatica?
R “Più difficoltà di ogni genere: anche di concentrazione”.
D E quindi, ha pensato all’intergruppo.
R “Faccio parte della commissione infanzia e adolescenza e, in quella sede, tutti gli esperti con cui abbiamo lavorato hanno sempre sottolineato la presenza invasiva dei social media: è un tema molto importante oggigiorno”.
Regolamentare i social e invogliare alla carta (anche con 25 minuti obbligatori di lettura a scuola)
D Qui ci vuole un intergruppo.
R “Un osservatorio per tenere alta l’attenzione sulla deriva tecnologica: non si può fermare, ma magari regolamentarla sì”.
D In che modo?
R “Ad esempio: nella prima seduta dell’intergruppo, stavamo immaginando di introdurre l’obbligo nelle scuole elementari, medie e licei di 25 minuti quotidiani di lettura ognuno per conto suo in silenzio per poi fare un commento con i professori e il resto della classe. Questo vuol dire abituare alla lettura. Da un lato bisogna regolamentare l’uso dei social, dall’altra invogliare la lettura e la scrittura tradizionale”.
D Quindi gli intergruppi servono?
R “Questo è il primo che ho attivato. Glielo farò sapere tra qualche tempo”.
D Non ha mai fatto parte di nessun’altro?
R “Mi hanno chiesto adesso di aderire a uno bipartisan sulle donne afghane”.
D Che ne dice?
R “Che do la mia adesione: se posso dare il mio contributo per le donne che stanno così in difficoltà…”.
D Se la chiamano per partecipare anche ad altri intergruppi?
R “Direi di no: sono già piena di lavoro”.
D Ora anche per quello cui ha dato vita lei stessa.
R “È bene che ci sia trasversalità. E come si può ottenere? Anche mediante la costituzione di un intergruppo”.
D Dà modo di lavorare meglio?
R “A prescindere dalle parti e dai colori politici, dà modo di riunirsi per parlare di uno specifico tema: il che può portare a dei risultati positivi”.
D Il primo intergruppo non si scorda mai: come è stato il suo?
R “È intervenuto un neuroscienziato che ci ha fatto capire meglio i problemi al cervello derivanti dall’abbandono della carta; una grafologa, che ci ha spiegato lo sviluppo anche della personalità attraverso la grafia; la Fondazione Einaudi e varie case editrici che, naturalmente, sono interessate al tema”.
D Oggi come siamo messi?
R “Che i nativi digitali a mala pena leggono una slide”.
D Leggono sui telefonini. Tra emoticon, faccine, parole abbreviate, sigle, hashtag e notifiche.
R “Non possiamo retrocedere, dobbiamo andare avanti. Anche grazie alla tecnologia”.
D E a quanti parlamentari che hanno aderito al suo intergruppo?
R “Quindici già in maniera ufficiale. Ma altri tre o quattro hanno già detto che vogliono aggiungersi”.
D Anche dal centrosinistra?
R “Anche, sì. Non mi immaginavo tutto questo interesse. Ma è un tema importante”.