Immortale Franco Lechner. Il ricordo dell’attore simbolo della comicità romana è più vivo che mai. Bombolo, il soprannome che gli avevano dato da ragazzino e che si è portato dietro per tutta la vita diventando anche il suo nome d’arte nello spettacolo, resta ancora oggi uno degli attori più amati. I suoi film, il fortunato sodalizio con Thomas Milian, il personaggio di Venticello e le sue battute lo rendono eterno. “Mi stupisce e allo stesso tempo mi inorgoglisce constatare come i giovani lo conoscano e lo imitino”, dice la figlia Stefania Lechner che in esclusiva a Tag24 racconta la storia privata, intima e artistica di Bombolo, divisa tra famiglia – “Che veniva prima di tutto”, precisa Stefania – e carriera, contornata da amici, passioni e tanta, tanta normalità. Franco Lechner è morto 37 anni fa, una malattia lo ha portato via. Era giovane, aveva 56 anni ed era all’apice del successo, forse anche questo ha contribuito a mantenere in auge la sua memoria. La sua vita è legata a Roma, nella capitale ha sempre vissuto e per anni l’ha rappresentata al meglio al cinema e a teatro. Un rapporto viscerale che sarà presto suggellato da una strada o un parco: ci sarà via Franco Lechner o parco Franco Lechner, il Campidoglio non ha ancora deciso cosa dedicargli. Questi sono dettagli, l’importante è che Bombola riceva il tributo che merita.
Bombolo, la figlia Stefania Lechner: “Una malattia me lo ha portato via troppo presto. Era umile e generoso”
“Mio padre era come lo vedevate al cinema. Nessuna maschera, semplice e vero. Quando girava un film la pausa pranzo la passava con le maestranze, non andava con gli altri attori al ristorante. Si univa ai vari addetti e mangiavano insieme a loro il classico cestino che si usa durante le riprese”. Stefania Lechner è orgogliosa quando parla di papà Franco, ogni tanto usa il presente, lo sente accanto. Quando è morto era poco più che ventenne, per lei e i suoi due fratelli è stato un dolore immenso: “Non eravamo bambini, avevamo tra i 18 e i 25 anni, eravamo ragazzi ma avevamo ancora bisogno di lui – spiega – Quando è morto ha lasciato un vuoto incolmabile, la sua assenza si sentiva in casa perché lui la riempiva. Noi tornavamo di corsa da scuola perché sapevamo di trovarlo”. Ricorda che quando era ragazzina i suoi amici facevano a gara per andare a casa sua, volevano passare del tempo con Bombolo: “E’ la dimostrazione di quanto fosse vero, mio padre non recitava era proprio così. I miei compagni con lui ridevano come matti. Si rideva e si scherzava sempre”, afferma Stefania che ricorda il carattere dolce e genuino di Franco: “Era buono come il pane ma non stupido però. Difficilmente si arrabbiava ma quando succedeva erano guai, dovevi scappare. Solo due volte in vita mia l’ho visto davvero arrabbiato”. Racconta qualcosa in più del carattere di Bombolo un aneddoto che Stefania rammenta con emozione: “Quando era ricoverato in ospedale e andavamo a fargli visita non lo trovavamo mai in stanza. Era con gli infermieri a fare spaghettate, chiedeva a mia madre di fare la spesa e con i prodotti che gli comprava papà preparava piatti da leccarsi i baffi”.
Bombolo e Tomas Milian, quel sodalizio artistico diventato amicizia. Venticello il personaggio più famoso
“Tomas Milian tutte le domeniche andava a trovare mio padre in ospedale. Erano come fratelli”. Stefania in poche parole riassume il bellissimo rapporto che Bombolo aveva con l’attore cubano. Erano colleghi e amici, amici fraterni: “Tomas frequentava casa mia, noi eravamo diventati la sua famiglia. Diceva sempre che voleva essere seppellito vicino alla tomba di papà. Dopo la morte di mio padre Tomas è venuto a trovarci qualche volta ma poi ha smesso perché diceva che non aveva la forza di sopportare la sua mancanza. Anche il giorno del funerale non si è seduto accanto a noi, ci avrebbe fatto molto piacere averlo vicino. Si è nascosto, ha dato uno schiaffetto sulla bara e se n’è andato via. Non l’ha visto nessuno”.
E sì, quello schiaffo che è rimasto nella storia del cinema. Il ceffone è parte integrante della serie comico-poliziesca, nelle sale tra gli anni ’70 e ’80, firmata e diretta da Bruno Corbucci, nella quale l’ispettore Nico Giraldi (Er Monnezza) è interpretato da Tomas Milian mentre il ladruncolo Venticello, informatore della polizia, da Franco Lechner. Ogni sberla è una risata perché è seguita dall’immancabile tze tze di Bombolo e da quelle incredibili mosse con la faccia che sembra di gomma. Indimenticabile la scena di “Squadra antifurto” (1976) in cui Venticello chiede “Cammeriè arriva ‘sta pizza?” e per tutta risposta Er Monnezza gli posa “gentilmente” una mano sulla guancia.
Dal carretto di piatti al Salone Margherita di Roma. Bombolo fu notato da Pingitore in una trattoria
“Papà deve la sua fortuna a mia madre. Lei lo costrinse a chiamare Pingitore che, lasciandogli un biglietto, gli aveva proposto di fare l’attore, di esibirsi nello storico Salone Margherita di Roma“, Stefania racconta così gli inizi della carriera di Bombolo: “Mio padre ha sempre fatto l’ambulante vendeva con il suo carrettino piatti, stoviglie e pentole. Era solito fermarsi a mangiare in una trattoria chiamata ‘Picchiottino’, oggi ‘Antica Taverna’, in pieno centro. E lì con i suoi amici si esibiva in scenette. Un giorno lo notarono il regista Pierfrancesco Pingitore e il suo autore Mario Castellacci che gli proposero di cominciare a fare teatro. Papà non era convinto, non voleva chiamare quel numero di telefono. Fu mia madre a costringerlo, gli disse: ‘Se va male hai sempre il carrettino che ti aspetta’”.
Non andò male, anzi. Dal Bagaglino al cinema il passo è stato veloce ma non ha mai trascurato la famiglia. Per Franco Lechner la moglie e i figli venivano prima di tutto. “Mio padre non aveva studiato, aveva lasciato la scuola a 8 anni. Ha sempre fatto un lavoro umile e aveva pochi soldi. Quando ha cominciato a guadagnare un po’ ci voleva comprare di tutto. E’ stata brava mia madre, lo ha fermato e ha cercato di fargli capire che esaudire tutti i nostri desideri non era educativo”, Stefania dà spazio alla memoria, le vengono in mente le frasi e gli insegnamenti che papà Franco le ripeteva: “Mi consigliava di fare quello che dice il cuore e di non guardare mai gli altri, soprattutto chi ha più di noi e di non fare male al prossimo”.
Roma, una strada o un parco per Bombolo nel III Municipio. Stefani: “Uscirà presto un documentario sulla sua vita”
Il 27 settembre 2024 l’Assemblea capitolina ha approvato la mozione del capogruppo della Lega Fabrizio Santori che aveva proposto di omaggiare Bombolo con una strada o una via nel III Municipio. E’ stata votata in un batter d’occhio e ha messo d’accordo tutti. “Siamo orgogliosi e contenti, stiamo raccogliendo i frutti di quello che seminato mio padre. Ha donato tanto amore e lo sta ricevendo in cambio”.
Le novità che riguardano la memoria di Bombolo non sono finite, Stefania svela: “Abbiamo realizzato un documentario sulla vita di mio padre e presto lo vedrete sulle piattaforme streaming. Il nostro intento, visto che dura un’ora e venti, è quella di proiettarlo anche al cinema. Il racconto del suo essere è affidato ai suoi figli e alle persone che lo hanno conosciuto. Abbiamo ripercorso la sua Roma, dov’è nato e dove ha vissuto. Mio padre non la riconoscerebbe per quanto è cambiata”.