Quando colpì la fidanzata Giulia Tramontano con 37 coltellate all’interno dell’abitazione in cui convivevano a Senago, nel Milanese, Alessandro Impagnatiello era “totalmente capace di intendere e di volere”: questa la conclusione a cui sono arrivati gli esperti incaricati di sottoporre l’ex barman di 31 anni, reo confesso, a una perizia psichiatrica. Se ne discuterà in aula il prossimo 21 ottobre. Per il 4 novembre è attesa invece la lettura della sentenza.

Omicidio Giulia Tramontano, cosa è emerso dalla perizia psichiatrica a cui Alessandro Impagnatiello è stato sottoposto

Alessandro Impagnatiello è accusato di omicidio volontario pluriaggravato, interruzione non consensuale di gravidanza (quando è morta, la compagna era incinta di sette mesi) e occultamento di cadavere. Rischia, quindi, l’ergastolo.

Se fosse stato accertato che – come sostenuto dalla sua difesa, rappresentata dalle avvocate Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, supportate dal consulente Raniero Rossetti – era affetto da un “complesso disturbo personologico” (problema che ne avrebbe offuscato la capacità di intendere e di volere), sarebbe andato incontro a uno sconto di pena.

Cosa che alla fine non succederà: lo psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca, incaricati dalla Procura di sottoporlo a una perizia psichiatrica, sono arrivati infatti alla conclusione che al momento dei fatti fosse totalmente in sé. Dai colloqui condotti in carcere con il 31enne è emersa

la presenza di tratti di personalità narcisistici e psicopatici che non configurano una entità psicopatologica.

Dettaglio da sempre messo in luce sia dalla pm Alessia Menegazzo e dalla sua consulente psichiatra forense Ilaria Rossetti, sia dai familiari della vittima, rappresentati dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti, e dai suoi consulenti, gli psichiatri Salvatore De Feo e Diana Galletta.

Che cosa succede adesso? La discussione, poi le conclusioni e la sentenza

Si apre, a questo punto, il tempo dell’attesa: secondo il calendario disposto dalla Corte d’Assise, la sentenza sarà letta il prossimo 4 novembre. Prima i risultati della perizia, depositati oggi, 16 ottobre 2024, dovranno essere discussi dalle parti in aula. Poi si arriverà alle conclusioni.

Il percorso esistenziale del periziando contrasta con una vita permeata da rigidità e maladattività, come testimoniato dalla presenza di storie sentimentali stabili, adattamento lavorativo e capacità di inserirsi in modo positivo addirittura nel contesto detentivo,

scrivono ancora gli esperti nella perizia. Lo riporta l’Agi. Difficilmente il 31enne riuscirà ad evitare il massimo della pena. “Non penso di essere pazzo. Ero un vaso completamente saturo di bugie”, aveva detto nel corso della seconda parte del suo esame in aula, lo scorso giugno. E si era soffermato, in particolare, sulla relazione parallela che da circa un anno – al momento dell’omicidio – portava avanti.

Frequentava, all’insaputa di Giulia, una sua collega di lavoro, Allegra, tra le prime a sospettare che potesse essere accaduto qualcosa alla 29enne. Il 27 maggio 2023, giorno dei fatti, l’aveva incontrata all’Armani Bamboo Bar di Milano, luogo di lavoro del 31enne, per un confronto: aveva scoperto le menzogne raccontate da Impagnatiello ad entrambe e aveva deciso di metterne al corrente Giulia.

Quest’ultima era quindi rientrata a casa con l’intenzione di lasciarlo: avrebbe voluto tornare dalla sua famiglia d’origine, nel Napoletano, e crescere da sola il bambino che portava in grembo. Non gli è stato permesso. Secondo le ricostruzioni, Impagnatiello la colse di sorpresa alle spalle e la uccise dopo che per mesi l’aveva avvelenata con l’intento di procurarle un aborto. Il motivo?

Ho tutto finito, tutto perso. Non ci sarà mai una motivazione. Ho visto il mio lavoro, ho visto la mia famiglia, ho visto la relazione con lei, tutto svanito. Ho visto la mia sconfitta, detta in maniera squallida, agli occhi di tante persone, poteva essere il collega, poteva essere la famiglia, poteva essere lei, poteva essere chiunque intorno a me. Ho visto la sconfitta,

avrebbe detto l’imputato ai periti.

Dopo l’omicidio provò a bruciare il corpo della 29enne nella vasca da bagno e nel box auto; la mattina successiva finse che si fosse allontanata da sola mentre lui era al lavoro, continuando a inviarle messaggi in cui si fingeva preoccupato. Avrebbe confessato solo davanti all’evidenza: mentre i carabinieri del Ris passavano al setaccio, con il Luminol, la scena del crimine, alla ricerca di tracce di sangue. Una storia che ha sconvolto l’opinione pubblica.