Il 31 ottobre si avvina e con esso la fatidica scadenza delle Partite Iva per decidere se aderire o meno al concordato preventivo biennale: alcune di esse, se non aderiranno, finiranno in modo particolare nel mirino del Fisco.
Già da mesi è in atto una vera e propria task force tra l’Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza sulle banche dati e nel mirino sono finite alcune categorie di contribuenti.
Chi, tra questi, decide di non aderire al patto con il Fisco, allora potrebbe rischiare maggiormente.
Vediamo subito perché.
Cosa rischiano le Partite Iva che non aderiscono al concordato preventivo biennale
La fatidica scadenza pubblicizzata e declamata da diversi mesi si sta avvicinando: mancano meno di 15 giorni al 31 ottobre, giornata in cui scade il termine per l’adesione al concordato preventivo biennale.
Entro il 31 ottobre, le Partite Iva sottoposte agli ISA dovranno prendere una decisione, ovvero aderire o meno alla proposta del Fisco. Se accetteranno, andranno a stabilizzare quanto dovuto e avranno la possibilità di accedere al ravvedimento collegato. Se, invece, opteranno diversamente, dovranno affrontare la concreta possibilità di essere sottoposti a maggiori controlli da parte del Fisco. Più che maggiori controlli, si tratterà di un vero e proprio controllo mirato.
Se prima era solo un’ipotesi, adesso si sta avvicinando a essere una vera e propria certezza. Infatti, dobbiamo considerare la task force che da 7 mesi sta lavorando sulle banche dati e che, in base alle osservazioni fatte, ha già puntato quali sono le categorie su cui focalizzare l’attenzione.
Partite Iva che non aderiscono al concordato preventivo nel mirino del Fisco
Il concordato preventivo ha un funzionamento molto semplice. È un accordo, o meglio, un patto con il Fisco della durata di 2 anni e prevede un accordo tra l’Agenzia delle entrate e i contribuenti.
In sostanza, il fisco propone una cifra da pagare per due anni. La cifra si basa su quanto dichiarato dai contribuenti affidabili, ovvero tutti quelli con un punteggio ISA pari o superiore a 8.
La misura ha l’obiettivo di andare a convincere i contribuenti inaffidabili a pagare più tasse, ottenendo in cambio uno sconto sui controlli fiscali. È un patto vero e proprio.
A meno di rinvii, la scadenza è molto vicina e manca poco per decidere. Ovviamente, chi non si adegua sarà sottoposto a maggiori controlli e ci sono alcune categorie di contribuenti che sono finiti sotto la lente d’ingrandimento del Fisco. I contribuenti facenti parte di queste categorie che decideranno di non aderire, finiranno nel mirino dell’Agenzia delle entrate.
Maxi task force del Fisco verso alcune categorie
Da 7 mesi, è al via una maxi task force tra l’Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza sulle banche dati. Le scoperte hanno acceso i riflettori su specifiche categorie di contribuenti che, se non aderiranno al concordato preventivo, finiranno maggiormente nella lente d’ingrandimento del Fisco.
Analizzando i dati, è emerso che nel 2022, sono stati dichiarati in media:
- 12.266 euro da bar e pasticcerie;
- 15.153 euro dai ristoranti;
- 15.449 euro dai taxi;
- 17.566 euro le discoteche;
- 26.851 euro da meccanici e carrozzieri.
I redditi appaiano decisamente più alti in questi casi:
- 46.000 euro dagli avvocati;
- 55.000 euro dai dentisti;
- 65.000 euro dai commercialisti;
- 258.000 euro dalle società di noleggio auto;
- 26.035 euro dagli operatori balneari.
Dalle osservazioni e dalle analisi dei dati, si notano differenze di reddito tra le diverse province. Il gap è molto più alto del previsto, considerando per esempio che un bar a Roma dichiara 9.412 euro, mentre un bar a Milano ne dichiara 20.573 euro.
Qual è l’obiettivo della task force? Ovviamente, capire quali sono i contribuenti sui quali accendere i riflettori, soprattutto in caso di mancata adesione alla proposta del Fisco.