Lo scorso sabato sera ha dato la buonanotte al papà (lui e la madre sono separati, ndr); poi, invece di dirigersi in camera da letto, è uscito e ha raggiunto un casolare di campagna abbandonato nei pressi di Montignano, in provincia di Senigallia, sparandosi con la pistola sottratta al genitore, vigile urbano di professione. Leonardo aveva 15 anni.

A settembre aveva cambiato scuola: sperava di trovare, all’Istituto alberghiero Panzini, delle materie più adatte a lui, ed era incappato, invece, in un gruppo di bulli. Non era più felice: si era fatto cupo e svogliato. Ai genitori aveva confidato di voler lasciare gli studi. Tutto per sfuggire alle umiliazioni, alle violenze perpetrategli da alcuni dei compagni. Sulla sua morte la Procura indaga ora per istigazione al suicidio.

Chi era Leonardo, il 15enne morto suicida a Senigallia? Le parole dell’avvocata Pia Perricci

Gli atti di bullismo

“All’atto di denuncia di scomparsa i genitori hanno riferito ai carabinieri di quello che avevano saputo da poco dal figlio e per cui stavano iniziando a mettersi in moto, cioè che era vittima di atti di bullismo. La denuncia è stata formalizzata ieri, 14 ottobre 2024, nei confronti di tre ragazzi, due ragazzi e una ragazza che frequentavano la stessa classe di Leo, iscritto al Panzini di Senigallia da quest’anno. Aveva cambiato scuola – dopo essersi impegnato per essere promosso – perché in quella precedente c’erano delle materie che non gli piacevano”, spiega l’avvocata Perricci, che assiste la famiglia del 15enne.

“Già dai primi giorni i genitori avevano notato in lui un cambiamento: era diventato più chiuso, cupo, svogliato. Poi, qualche settimana fa, aveva iniziato a dire loro che non voleva più andare a scuola, che al più avrebbe frequentato un istituto privato. I genitori pensavano che si trattasse di una crisi adolescenziale, invece Leo ha poi confidato loro quello che succedeva in classe. Ha parlato prima con la mamma, poi col papà, che insieme hanno cercato di capire come muoversi”.

“Hanno chiesto a Leo di denunciare i compagni, però lui aveva paura di ulteriori ritorsioni. Mercoledì o giovedì ha riferito alla mamma, in maniera orgogliosa, di aver preso coraggio e di essersi avvicinato a uno di questi ragazzi, di avergli dato la mano e di avergli detto ‘da adesso in poi però basta, facciamo che iniziamo ad essere amici’. ‘Mi sono comportato come farebbe un uomo’, ha detto ai genitori. Purtroppo il giorno dopo lo hanno preso ancora più di mira, non solo psicologicamente“.

“Ci sono stati anche degli atti fisici: in palestra, nello spogliatoio, gli strizzavano i capezzoli; in classe, o quando lo incontravano, gli davano delle ‘smanate’ pesanti nelle zone intime, facendogli male. I genitori erano preoccupati e avevano in programma di andare a parlare con la dirigente scolastica proprio ieri… Non hanno fatto in tempo”, prosegue la legale.

Un ragazzo educato e riservato, con tutta la vita davanti

La sua voce è provata: da anni, infatti, conosceva il 15enne. Oltre ad essere la loro avvocata, è anche un’amica dei genitori. E così ricorda Leonardo: “Era un ragazzo molto educato, riservato, dal viso pulito, che si dedicava allo sport. Voleva vivere la vita dei suoi 15 anni, ma non gli è stato permesso”.

“I genitori sono ovviamente distrutti, continuano a chiedersi perché sia stato preso di mira proprio il figlio. Ho detto loro di provare a concentrarsi su cosa possono fare affinché la vita di Leo non sia stata inutile: sensibilizzare, parlare. Ormai Leo non c’è più e la loro speranza è che venga fatta giustizia. Ma una giustizia che renda onore alle persone deboli, che faccia capire a tutti che il silenzio a volte uccide più di altro”.

“Se quella classe fosse stata un po’ meno silenziosa e un po’ più solidale con Leo, con il nuovo arrivato, probabilmente lui non si sarebbe sentito solo e non avrebbe fatto ciò che ha fatto”, conclude. Oggi prenderà parte all’autopsia che sarà eseguita sulla salma del ragazzo. La sua storia ricorderà a qualcuno quella del tiktoker Inquisitor Ghost.