Se negli ultimi giorni avete aperto i social o le homepage di qualche sito web, è probabile che vi siate imbattuti nel nome di Michelle Comi, sedicente influencer e content creator, classe 1995. Sebbene sia molto attiva su Instagram e TikTok, gran parte dei suoi guadagni sono dovuti al successo che ha ottenuto su OnlyFans, piattaforma di condivisione di foto e video su abbonamento, che veicola soprattutto contenuti per adulti. Prima di dedicarsi completamente al mondo digitale, lavorava come impiegata amministrativa presso un Istituto Tumori, ma ha poi deciso di intraprendere la carriera online a tempo pieno.
A far parlare di lei sono soprattutto i contenuti provocatori e le sue posizioni polarizzanti su diversi temi sociali. Ecco alcuni virtuosi esempi della “guru” della comunicazione:
I figli vanno fatti se si vogliono e se si ha la possibilità. Io quando mi sento sola mi faccio comprare una nuova Prada. Quando ho voglia la tiro fuori e quando non ne ho più voglia la rimetto nell’armadio.
E ancora:
Potrei fare dei figli quando scendo di hype così li butto sui social. Come fa quella tiktoker che ha fatto un bambino… Lo tira fuori per fare i like e lo piazza dai nonni.
Ma ciò che sta facendo discutere maggiormente nelle ultime ore è la raccolta fondi che la Comi ha avviato su GoFundMe per finanziare un intervento di chirurgia estetica per aumentare le misure del seno. In meno di 24 ore, l’iniziativa ha suscitato tanto sostegno quanta indignazione, permettendole di raccogliere oltre 15.000 euro. La piattaforma di crowdfunding però, complice la pioggia di polemiche che ha investito questa iniziativa, ha annullato la raccolta fondi dell’influencer, restituendo tutti i soldi ai generosi donatori.
Michelle Comi e gli onanisti che la finanziano
Michelle Comi ha saputo trasformare la provocazione nel suo marchio di fabbrica, utilizzandola come una strategia di marketing efficace. E’ per questo motivo che è diventata così popolare, nonostante non abbia nulla di diverso dalle tante appariscenti ragazze che si spogliano su Instagram e su OnlyFans. Di solito, a fare la fortuna di queste fanciulle sono gli onanisti e i voyeur, disposti a pagare anche belle cifre per fruire di foto e video più o meno hot, e per scambiare qualche parola con i loro oggetti del desiderio (o con un chatbot), in cambio di un “regalino” sul conto paypal.
Il motivo che spinge questi uomini a spendere i propri soldi per delle sessioni di autoerotismo, nonostante lo sconfinato universo di pornografia gratuita presente online, è materia per gli psichiatri, i sessuologi e i sociologi. Sta di fatto che, nel caso di Michelle Comi, il vero core-business non è rappresentato da questa platea.
Michelle Comi e i critici che fanno il suo gioco
A rendere così popolare la 29enne torinese non sono gli abbonati al suo canale OnlyFans, bensì i suoi critici più accaniti: intellettualoidi, moralisti e femministe bacchettone. Basta farsi un giro su Linkedin, considerato da quelli bravi l’unico social network serio che valga la pena frequentare. Non è raro in questi giorni, trovare dei post dedicati proprio al fenomeno Michelle Comi. Ecco uno dei tanti sermoni virtuali di professionisti che hanno voluto esprimere la loro opinione sul personaggio del momento:
Il caso Michelle Comi rappresenta un chiaro esempio di come, purtroppo, la meritocrazia possa essere messa in secondo piano a favore dell’immagine e della visibilità mediatica. E’ davvero scoraggiante vedere come una carriera possa essere costruita sull’assenza di competenze dichiarata, mentre tante persone qualificate e preparate lottano per emergere. Figure come Michelle Comi mettono in evidenza un sistema che premia la superficialità e l’intrattenimento anziché il merito, la dedizione e le competenze reali. E’ una tendenza preoccupante che rischia di svalutare i principi fondamentali su cui le aziende dovrebbero basarsi per garantire un futuro di qualità e progresso.
Novanta minuti di applausi? Anche no! Che tale contenuto sia condivisibile o meno nella sostanza poco importa. Il punto è che i fiumi di indignazione che scorrono sui social, sui siti web e persino sulle pagine dei giornali, non fanno altro che alimentare la popolarità del fenomeno Michelle Comi, basato sul vecchio ma sempre in voga slogan: “nel bene o nel male purché se ne parli”.
La tecnica del rage-bait
Dichiarazioni come “Le donne non dovrebbero votare” o “Potrei fare un figlio solo quando il mio successo calerà, così lo metto sui social” e iniziative provocatorie come la raccolta fondi per un intervento al seno, rientrano in ciò che viene definito “rage bait“. Questo termine, che significa letteralmente “esca per rabbia”, descrive la strategia di suscitare indignazione per attirare attenzione e incrementare la visibilità. Anche il nostro giornale ha parlato di Michelle Comi… Sapete perché? Perché porta click. Ma se non interessasse a nessuno ciò che fa e che dice, faremmo volentieri a meno di dare risonanza alle sue imprese.
Michelle Comi non è certo la prima a utilizzare la tecnica del rage-bait con metodo e costanza. Le emozioni negative, infatti, hanno un forte impatto e rimangono più impresse nella memoria collettiva. Gli scandali attirano inevitabilmente l’attenzione e “bucano lo schermo”, che si tratti di televisione o social media. Un esempio eclatante è la comunicazione di Donald Trump, il cui atteggiamento sfrontato e provocatorio gli ha garantito un’enorme visibilità e interazione sui social. Allo stesso modo, Comi ha imparato a sfruttare la sua immagine, generando dibattito e polarizzando il pubblico: da un lato ci sono i detrattori, dall’altro chi la difende a spada tratta. In alcuni casi, il suo linguaggio fa presa persino su chi, pur condividendo certe idee, non ha il coraggio di esprimerle pubblicamente.
Questa strategia è chiaramente premeditata e fa leva sulla provocazione. Se i critici di Michelle Comi riflettessero qualche secondo prima di prendere in mano lo smartphone e riversare il proprio sdegno sui social, attuando invece la sempre più sottovalutata tecnica dell’indifferenza, l’unica categoria su cui potrebbe far leva questa ragazza sarebbe quella degli onanisti, a cui le opinioni poco interessano. Lei avrebbe comunque un reddito garantito senza troppi sforzi, ma i non abbonati al suo canale si risparmierebbero il disturbo di leggere ovunque il suo nome e le sue provocazioni spicciole.