Alla vigilia della partita di Nations League Italia-Israele in programma domani, lunedì 14 ottobre 2024, a Udine, il commissario tecnico della Nazionale Luciano Spalletti ha rilasciato una intervista al Tg1 durante la quale ha fatto riferimento alla guerra in corso in Medioriente. Le sue parole, che pure sembrano ‘pacifiche’, nel senso ecumeniche, accettabili da tutti, sono destinate, però, a rinfocolare delle polemiche. Quando la Nazionale e, più in generale, la società civile con i suoi vip prende posizione sui grandi fatti della nostra epoca che esulano dal loro ruolo, il rischio di una scivolata è dietro l’angolo.

Le parole di Spalletti su Israele: “Molti non vogliono la guerra”

Certo, in democrazia, tutti possono dire la propria su tutto. E’ un fatto, però, che ogni presa di posizione pubblica dei vip della società civile, e soprattutto di personaggi importanti dello sport, corra sempre il rischio di essere strumentalizzata. Oggi, 13 ottobre 2024, alla vigilia di Italia-Israele, il Ct della Nazionale Luciano Spalletti ha speso parole che non faranno eccezione alla regola:

“Andremo a giocare questa partita con la speranza di convincere sempre qualcuno in più sulla contrarietà della guerra. Ci sono molti israeliani che non la vogliono. E noi dobbiamo convincere sempre qualcuno in più che questa è una cosa che deve finire”

Sembrano – e magari sono – parole di semplice buon senso. Ma, a ben vedere, sono pericolose come, tanto per citare un altro grande mister, Carlo Mazzone, un difensore scivoloso in area di rigore:

“Difensore scivoloso, difensore pericoloso”

avvertiva Sor Carletto.

E quindi: Spalletti è andato in fuorigioco? Non ci vuole il Var per dire che quantomeno ha peccato di imprudenza.

Le parole di Spalletti al ‘var’

E quindi: analizzando lo Spalletti-pensiero parola per parola e iniziando dalla fine. Quando Ct dice “noi dobbiamo convincere sempre qualcuno in più che questa è una cosa che deve finire” a chi si riferisce con il pronome della prima persona plurale? Noi chi? La nostra squadra di calcio? Undici ragazzi impegnati in quello che rimane un gioco devono cercare di fare gol, cercare di non subirli e, contemporaneamente, convincere che la guerra “è una cosa che deve finire”?

Beh, se tenteranno di farlo domani con i loro avversari rischiano di avere una risposta fin troppo scontata: la guerra è stata ed è voluta solamente dagli israeliani? Non (anche) da una organizzazione terroristica come Hamas che un anno dopo il pogrom con il quale ha ammazzato a sangue freddo 1200 loro concittadini ha ancora in ostaggio 101 persone, donne, uomini e bambini?

Ora: è vero che tanti israeliani sono contrari alle scelte del loro governo e del loro premier, Benjamin Netanyahu. E che lo dimostrano in ogni modo, con tanto di manifestazioni pubbliche. Ma perché anche i componenti di una squadra di calcio dovrebbero scendere in campo contro un avversario che coltiva “la speranza di convincere sempre qualcuno in più sulla contrarietà della guerra”?

Il campo è minato. Come lo è stato tantissime altre volte quando lo sport ha voluto mischiarsi con la politica.

Quando gli azzurri si inginocchiarono per il Black lives matter

Uno degli ultimi precedenti del mix sempre pericoloso tra sport e politica vede protagonista proprio la Nazionale di calcio. Giugno 2021, campionati Europei: Italia-Galles all’Olimpico di Roma. Erano le settimane delle manifestazioni in Usa del movimento Black lives matter, uno slogan ripreso durante i disordini a sfondo razziale che scoppiarono in seguito alla morte per soffocamento di George Floyd ad opera di un poliziotto bianco ripresa per oltre 11 minuti dai cellulari di alcuni testimoni e poi ritrasmessa sui social e dai media di tutto il mondo. L’ala più radicale del movimento voleva addirittura l’abolizione della polizia. In ogni caso, ci si inginocchiava per solidarietà. E prima di Italia-Galles, palla al centro, mezza squadra azzurra lo fece. Seguirono polemiche: perché si era fatto, perché non tutti lo avevano fatto, se e come la Federazione ne fosse stata a conoscenza. Fatto sta che prima della partita successiva, che capitò contro il Belgio, tutti gli azzurri si inginocchiarono per dire no al razzismo.

Ora, la prossima puntata è fissata per domani: ore 20:45, in una Udine che si annuncia blindata. Come se la guerra, almeno per una sera, si combattesse anche attorno al suo stadio.