A Cazzago Brabbia, sul lago di Varese, il borgo in cui la metà dei suoi nemmeno 800 abitanti ha il suo stesso cognome, è semplicemente “Giancarlo il commercialista”. Con quella faccia un pò così, di chi la sa più lunga di te, con quell’aria distaccata e familiare allo stesso momento e quell’atteggiamento così schivo e misurato quasi da parroco di paese per il quale una parola è poco ma due sono già troppe, del resto, chi non gli affiderebbe gli affari di famiglia?

Giancarlo Giorgetti, nato nella culla del leghismo nel 1966 da una madre operaia tessile e un padre pescatore, del resto, è l’orgoglio di casa. Uno di cui ci si può fidare a occhi chiusi tanto più che, dopo il diploma da perito aziendale (niente fronzoli: qui si pensa a lavurar, perché i danè a fan daná, ma avei minga fan tribülà: i soldi fanno dannare, ma non averne è peggio) è andato a Milano alla Bocconi a laurearsi. E quindi: chiavi in mano a lui. Anche nell’ambito politico, fin dai tempi del primo incarico: revisore dei conti al Comune di Varese. Giancarlo il commercialista, in fondo, non cambia mai: è l’uomo dei conti, è l’uomo di fiducia. L’uomo del quale prima Bossi, poi Maroni adesso Salvini, in casa Lega, non possono fare a meno. “E’ il volto buono del Carroccio”, ripetono militanti, amministratori e analisti politici. Quello presentabile, anche quando la sua Lega inneggia al dio Po, predica la secessione o bacia il rosario; la spara grossa contro i meridionali prima, contro gli immigrati poi; va al Papeete; flirta con Putin, fa sparire 49 milioni di euro, si reinventa sovranista, va sotto braccio con gli antieuropeisti alla Victor Orban, strizza l’occhio a Donald Trump e chi più ne ha, più ne metta. Tanto, al di là del teatrino da talk show televisivo, al di là dei tweet, dei reel, dei video, delle dirette, dei mi piace, degli hashtag, dei social, delle urla, delle boutade, delle interviste, delle canottiere di Bossi e dei post di Salvini con la fidanzata Francesca Verdini o con la foto di un bel piatto davanti per dire ‘Buon appetito, amici’, al di là di tutto ciò che lascia il tempo che trova, c’è lui: il buon Giancarlo. A costo di essere l’uomo del vorrei ma non posso.

Giancarlo Giorgetti, il ministro “cattivo” e l’uomo del vorrei ma non posso

Ora, ad esempio, da ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, deve dare le carte. Nel senso: l’Europa col suo patto di Stabilità chiama, il debito pubblico è al record dei 3000 miliardi di euro, e lui deve inventarsi una legge di Bilancio che non aumenti le tasse. Di conseguenza: che tagli la spesa pubblica. Tertium non datur. Per questo ha avvisato i naviganti: “Cari colleghi ministri, ditemi voi dove posso tagliare, oppure devo fare io il cattivo”.

Beh, cattivo lui: che pure di recente ha ricordato, per storia familiare (come visto, non a caso), a chi si possono chiedere i sacrifici. Ma che sembra sempre l’uomo del vorrei ma non posso. Esempi d’attualità: fronte immobili, bonus lavori verso il 50% sulle prime case: e le coperture? Fronte carburanti: diminuzione del prelievo sulla benzina e aumento su quello del gasolio: e il popolo dei trattori? Fronte cuneo fiscale: conferma della sforbiciata di 7 punti per le retribuzioni fino a 25 mila euro lordi l’anno e di 6 punti fino a 35 mila euro: e i 9,4 miliardi per finanziarla? Fronte previdenza: pensioni minime oltre i 621 euro e opera di convincimento per far restare al lavoro chi avrebbe diritto alla pensione anticipata: ma l’alleata Forza Italia si riterrà soddisfatta?

In ogni caso, ora Giorgetti è al momento della verità: l’agenda incalza. Martedì 15 ottobre, dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri, dovrà essere inviato a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio. Il 20 ottobre, in Parlamento sarà la volta della presentazione dei contenuti della legge di Bilancio. Per il 2025, dal suo studio di via XX Settembre, Giancarlo il commercialista ha previsto interventi per circa 25 miliardi, 9 dei quali finanziati in deficit e il resto con più entrate e meno spese.

La partita politica all’interno della Lega

Al di là dei numeri, Giorgetti in questi giorni sarà protagonista anche dell’ennesima partita politica che si giocherà (anche) all’interno della Lega: lui da una parte, a dare un volto all’ala del Carroccio più riformista; Matteo Salvini, che a Pontida canta ‘Generale’ con Roberto Vannacci, dall’altra. Chi la spunterà?

Bisogna dire che i sondaggi non sono un granché: ormai, la Lega di Salvini è stata distaccata anche da Forza Italia. Giorgetti, allora, potrebbe approfittarne? Questa è la domanda da un milione di dollari al suo riguardo. Da anni, ormai. Ma, prima o poi, dovrebbe pure celebrarsi un congresso a via Bellerio, no? Ma forse Giancarlo il commercialista sa che quello di frontman non è propriamente il suo ruolo. Ogni volta che ha tentato un passo in avanti in tal senso, è stato sconfitto. Un esempio su tutti: nel 2020, fu l’unico del Carroccio a invitare a votare no al referendum costituzionale per il taglio dei parlamentari lanciato dal Movimento 5 Stelle. Senza una vera riforma istituzionale di contorno, per lui, una semplice concessione al populismo. Niente da fare: i voti stanno altrove. Ma non tutto il potere: i conti continuano a passare dalle sue mani. E come dicono nella sua Cazzago Brabbia, cui danè as fa tüt (con i soldi si fa tutto).