Manca poco alla pubblicazione dell’unica autobiografia di Alexei Navalny, “Patriot: a memoir“. Il libro sarà disponibile anche in italiano e gran parte del materiale è stato scritto dallo stesso dissidente russo, morto questo febbraio in una prigione di massima sicurezza in Russia.
Navalny racconta la sua storia a partire dall’adolescenza per arrivare all’ultima detenzione, quella fatale del 2022, con accuse giudicate da tanti pretestuose e false. Sua moglie, Yulia Navalnaya, ha raccontato di aver aiutato i vari editori a sistemare tutto il materiale presente nel libro.
Vediamo in quest’articolo quando esce “Patriot: a memoir” e le anticipazioni dell’ultimo libro scritto da Navalny.
Quando esce e le anticipazioni dell’ultimo libro di Alexei Navalny, “Patriot: a memoir”
Con un tweet che conferma quanto già si sapeva da questo aprile, Yulia Navlnaya ha mostrato oggi 12 ottobre 2024 tutte le copertine che accompagneranno l’arrivo nelle librerie di “Patriot: a memoir“, l’ultimo libro scritto da suo marito.
Alexei Navalny è morto in una prigione russa il 16 febbraio in circostanze poco chiare, con la madre e la moglie dell’attivista politico che per settimane hanno lamentato lassismo e reticenze da parte delle autorità giudiziarie e politiche russe. Navalny è morto per le condizioni di detenzione o è stato assassinato?
Queste domande non troveranno risposta in “Patriot: a memoir“, che come suggerisce il titolo è un libro di memorie scritto dallo stesso Navalny. In Italia verrà pubblicato dalla Mondadori a partire dal 22 ottobre e le sue radici datano al 2020, quando l’attivista sopravvisse ad un tentativo di avvelenamento da novichok.
Essendo un’autobiografia, il libro si concentrerà sul raccontare una vita segnata dalla seconda metà del 2000 dall’opposizione a Vladimir Putin e ad un sistema politico, come quello russo, segnato da endemica corruzione, familismo e sfruttamento nelle mani di pochi di ingenti risorse (anche) statali.
Navalnaya in diverse occasioni ha ricordato che suo marito ha scritto di proprio pugno gran parte del materiale finito nell’autobiografia e che lei stava collaborando con gli editori per rifinire il testo. Anche il momento del matrimonio fra Alexei e Yulia sarà presente nel libro, così come la collaborazione sempre più forte che i due hanno instaurato per parlare delle condizioni dei dissidenti politici in Russia.
Come scritto in “Patriot”:
Allora, lasciatemi darvi un’idea dello SHIZO , il posto dove mi siedo sempre. È uno stretto corridoio con celle su entrambi i lati. Le porte di metallo offrono poca o nessuna insonorizzazione, inoltre ci sono dei fori di ventilazione sopra le porte, così due persone sedute in celle opposte possono conversare senza nemmeno alzare la voce. Questo è il motivo principale per cui non c’è mai stato nessuno nella cella di fronte alla mia, o in tutta la mia sezione di otto celle. Sono l’unico lì, e non ho mai visto nessun altro condannato punito per tutto il tempo.
In un’atra delle anticipazioni pubblicate dal “New Yorker“, viene brevemente descritto un incontro fra Yulia ed Alexei:
Yulia è stata di grande aiuto in questo. Non volevo che fosse tormentata da tutta quella roba del tipo “forse lo faranno uscire dopo un mese”. Ma soprattutto, volevo che sapesse che non stavo soffrendo qui. Durante la sua prima visita prolungata, abbiamo percorso un corridoio e parlato in un punto il più lontano possibile dalle telecamere cablate per l’audio che sono nascoste ovunque. Le ho sussurrato all’orecchio: “Ascolta, non voglio sembrare drammatico, ma penso che ci siano alte probabilità che non uscirò mai da qui. Anche se tutto inizia a crollare, mi faranno fuori al primo segno che il regime sta crollando. Mi avveleneranno”.
“Patriot: a memoir” è disponibile in pre-ordine sui maggiori siti di e-commerce e di distribuzione libraia, con un costo intorno ai 25 euro. La Penguin Random House, che cura l’edizione dell’unica autobiografia presente su Navalny, ha in una nota per la stampa presentato così la prossima pubblicazione:
Con vividi dettagli avvincenti, tra cui una corrispondenza mai vista prima dalla prigione, Navalny racconta, tra le altre cose i numerosi attentati alla sua vita e a quella delle persone a lui più vicine, e l’implacabile campagna che lui e il suo team hanno condotto contro un regime sempre più dittatoriale.
Il disincanto dell’attivista e le sue condizioni di prigionia: “Sono sicuro che morirò in carcere”
Gran parte dell’attività politica di Navalny, grazie alla quale è conosciuto anche in Italia, verte intorno alle denunce della corruzione imperante nella classe dirigenziale e politica russa. Nata dopo la dissoluzione dell’URSS e del tentativo fallito di impiantare un sistema capitalistico-liberista tentato da Boris Eltsin, tale classe politica ha poi sfruttato la presenza di un uomo forte per prosperare anche collaborando con la criminalità organizzata.
La simbiosi Putin-criminalità organizzata-siloviki (chi è delegato per far rispettare le leggi) è da leggere, per Navalny, anche come una reazione alla fortissima instabilità sociale, economica e politica che il periodo 1991-2000 aveva portato in Russia. Le denunce dell’attivista, però, avevano sempre trovato la risposta dura e minacciosa delle autorità russe.
Creatore della Fondazione Anti-Corruption, Navalny nel 2021 era stato arrestato in Russia con l’accusa di aver violato la libertà vigilata e nel 2022 era stato condannato a 9 anni in una colonia penale di massima sicurezza dopo essere stato dichiarato colpevole di frode e oltraggio alla corte. Durante quest’ultima prigionia, Navalny riuscì a tenere un diario parte del quale è finito poi in “Patriot: a memoir”.
Il dissidente russo non faceva mistero di cosa lo attendeva nel momento in cui venne trasferito in una colonia penale in Siberia. Il “New Yorker” ha pubblicato alcune anticipazioni del libro e questo passo riassume bene lo stato d’animo di Navalny:
Trascorrerò il resto della mia vita in prigione e morirò qui. Non ci sarà nessuno a cui dire addio… Tutti gli anniversari saranno celebrati senza di me. Non vedrò mai i miei nipoti.
Resta però il senso della sua battaglia politica, del suo non sottrarsi ad un sistema giudiziario e poi penale che è stato definito dallo stesso Navalny come gestito da “sadici”. Il motivo?
Non consegnerò loro il mio paese e credo che l’oscurità alla fine cederà. Ma finché persisterà farò tutto il possibile, cercherò di fare ciò che è giusto e solleciterò tutti a non abbandonare la speranza.