L’arte di costruire il nemico è il tema di un articolo di Emanuele Melani sulla rivista Espansione, in edicola. Scrive che “nella comunicazione digitale, si assiste a un preoccupante proliferare di atteggiamenti chiusi e intolleranti, che non costituiscono una vera forma di mutuo aiuto, come alcuni potrebbero sostenere, ma si traducono in gruppi focalizzati su un nemico comune. Queste dinamiche generano un ambiente in cui la solidarietà è costruita su divisioni e conflitti, piuttosto che su un autentico scambio di idee e valori. Ecco allora che si vede eccedere i limiti, si tollera la diffamazione e la calunnia, e si esclude ogni etica e ogni rispetto altrui e si alimenta la polarizzazione delle opinioni”.

Le persone sono portate a dare più credito alle informazioni che vogliono sentire

Ma chi è il manipolatore, il burattinaio? Per Melani è colui “che con professionalità e maestria muove i fili per sollecitare e nutrire la divisione.  Le scienze sociali da anni studiano tali fenomeni, rivelando la presenza di meccanismi alla base: le echo chambers e i bias cognitivi”.

Un meccanismo cognitivo che favorisce la polarizzazione è il bias di conferma. Questa distorsione induce le persone a cercare e a dare priorità a informazioni che confermano le loro credenze, mentre tendono a trascurare quelle che le sfidano.

Di conseguenza, i contenuti sui social media si orientano a mostrare esclusivamente le opinioni che si armonizzano con le credenze individuali, contribuendo a rafforzarle ulteriormente. Per Melani “questa selezione mirata e l’attenzione nella scelta delle informazioni generano l’illusione che le proprie opinioni siano ampiamente condivise dalla maggioranza” mentre sono quelle del gruppo di appartenenza. Il risultato è la radicalizzazione delle posizioni e l’impossibilità del confronto.

Stefano Bisi