A Livorno, oggi, 10 ottobre 2024, si è dimesso un assessore comunale: non dovrebbe essere una notizia di carattere nazionale, sennonché quell’assessore che ha lasciato le deleghe alla cultura, alla toponomastica, alle religioni e alla laicità si chiama Simone Lenzi, un nome di primo piano nel mondo culturale e dello spettacolo non solo livornese. Lenzi è uno scrittore, un paroliere, un musicista, nonché il cantante di un gruppo storico di Livorno, i Virginiana Miller. E, fino a oggi, aveva accumulato anche una bella esperienza politica, tanto che era al suo secondo mandato da assessore alla cultura. Allora: perché è arrivata la rottura con il sindaco (indipendente di centrosinistra) Luca Salvetti? In questa storia, c’entra (anche) il Fatto Quotidiano. Vediamo perché.
Chi è Simone Lenzi, le dimissioni da assessore a Livorno dopo una critica al Fatto Quotidiano
Simone Lenzi, 56 anni, un musicista e uno scrittore molto apprezzato, tanto da avere anche riconoscimenti importanti come un David di Donatello, una Targa Tenco e aver ispirato un film di Paolo Virzì (“Tutti i santi giorni”, nel 2012), fino a questa mattina, era assessore alla cultura della giunta di centrosinistra di Livorno. Alle ultime elezioni comunali, si era presentato come capolista di una lista civica che aveva avuto una buona affermazione, sufficiente per la nomina in giunta. Sta di fatto che oggi, 10 ottobre, Lenzi ha deciso di mollare quella poltrona in seguito a una marea di polemiche nate dal suo profilo X, ex Twitter, improvvisamente giudicato da quella che fino stamattina era la sua parte troppo politicamente scorretto. In parole povere: Lenzi è stato accusato di essere omofobo.
I tweet nel mirino
Quali sono stati i tweet di Lenzi finiti nel mirino di questa sorta di tribunale dell’inquisizione del centrosinistra livornese e toscano? Uno dello scorso 30 agosto, ad esempio. In cui Lenzi ha osato criticare un’opera apparsa alla Biennale di Venezia
Il 17 maggio, poi, non sarà per nulla piaciuto al Movimento Cinque Stelle un commento a una foto iconica del populismo di Roberto Fico: appena eletto presidente della Camera, si faceva ritrarre mentre andava a Montecitorio in pullman (per ragioni di sicurezza e, paradossalmente, di costi, sarà capitato solo quella volta a favore di telecamere e flash). Leggere per credere:
E insomma: dove vogliamo arrivare?! I giudici della suprema corte del perbenismo di centrosinistra sono andati a scandagliare il profilo di Lenzi cerchiando di rosso ancora altri tweet: quello del 25 aprile che sottolineava un congiuntivo sbagliato di Giuseppe Conte in tv. E poi, ancora un’altra prova schiacciante della sua omofobia, questo del 20 aprile:
Non potevano esserci più dubbi: l’imputato Simone Lenzi, tra tweet omofobi e tweet contro il Movimento Cinque Stelle, era immeritevole di sedere in una giunta di centrosinistra.
L’errore che ha dato il la alla tempesta mediatica: l’attacco al Fatto Quotidiano
Sta di fatto che l’errore fatale che Simone Lenzi ha commesso affinché si scatenasse la caccia al tweet “omofobo” e la serie di inviti a farsi da parte è stato commesso due giorni fa, quando ha osato dare addosso al Fatto Quotidiano:
Politicamente, qualcosa di insostenibile per il centrosinistra livornese, ad iniziare dal Partito Democratico e dallo stesso sindaco Salvetti che di fatto lo ha scaricato in questi termini:
“Le parole espresse nei post pubblicati da Simone Lenzi sono estremamente gravi, relativamente alle quali è difficile accettarne le giustificazioni. Le dimissioni sono state l’unica strada percorribile, la politica ha regole precise e ad ogni azione corrisponde una reazione”
Pina Picierno, l’unica a difenderlo nel Pd
Dopo aver affidato a Linkiesta il suo addio, sostenendo che, tutto sommato, è sempre meglio rimanere un uomo libero, Lenzi, nell’ambito del Pd, ha potuto incassare la solidarietà solo della vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, non a caso una delle poche personalità dem pronta a sfidare la maggioranza del partito filo-Schlein:
Un altro politico livornese doc come Marco Taradash, invece, l’ha messa così:
“Sì è dimesso, su dolente richiesta del Sindaco di Livorno, non iscritto al Pd, l’assessore alla cultura Simone Lenzi. La causa? Alcuni post su X (l’ultimo, quello che ha acceso la miccia, contro il Fatto Quotidiano, il vaso in cui fermentano gli istinti profondi dei compagnucci della parrocchietta piddina) che hanno irritato i Custodi del senso comune di sinistra”
Sempre per Taradash,
“Lenzi, scrittore musicista e sceneggiatore, aveva finalmente spinto Livorno a far emergere da una nebbiosa pigrizia ideologica la percezione della sua grande tradizione culturale cosmopolita. Peccato, perché non aveva ancora finito il suo lavoro”
In ogni caso, il passaggio più importante della sua lettera di dimissioni è stato messo in bella evidenza:
“Mi dimetto perché alla sinistra, che avevo visto sin qui come la roccaforte di ogni libertà, la libertà più autentica non interessa affatto. Essendo piuttosto il narcisismo etico l’unica molla ormai capace di muoverne i riflessi condizionati, capisco bene che l’unica cosa importante davvero per tutti voi sia adesso posizionarsi, quanto più in fretta possibile, dalla parte dei giusti e dei buoni”
Sic transit gloria mundi.