Il 9 ottobre si sono aperte le porte del tribunale per Sean John Love Combs, meglio conosciuto come Puff Daddy o semplicemente Diddy, che dal 16 settembre è detenuto in un carcere di Brooklyn con accuse di traffico sessuale e racket. Da allora, Diddy è rimasto in prigione, nonostante i suoi avvocati abbiano già tentato due volte di ottenere la sua liberazione in attesa del processo, offrendo una cauzione di 50 milioni di dollari, il monitoraggio dei suoi spostamenti tramite braccialetto GPS e una lista molto limitata di visitatori, escludendo eventualmente tutte le donne. Tuttavia, il tribunale ha respinto entrambe le richieste, poiché il giudice ritiene che vi siano troppi rischi per il corretto svolgimento del processo.

I legali di P. Diddy chiedono il rinvio del processo in primavera

Secondo varie fonti, gli avvocati di Sean “Diddy” Combs hanno richiesto una data per il processo in primavera, a seguito della sua recente incriminazione. La richiesta è avvenuta un giorno dopo che la difesa ha presentato il terzo tentativo di far rilasciare il rapper su cauzione. Gli avvocati chiedono che il processo si tenga tra aprile e maggio del 2025 in merito alle accuse di traffico sessuale, anche se i procuratori non hanno ancora indicato una data precisa per il processo, come riportato dall’Associated Press.

L’accusa degli avvocati alle autorità federali

Inoltre, i legali di Combs hanno chiesto un’indagine per stabilire se le autorità federali abbiano fatto trapelare prove ai media, incluso il controverso video di sorveglianza del 2016, che mostra Combs aggredire la sua allora fidanzata Cassie.

In un documento legale depositato il 9 ottobre, l’avvocato di Combs, Marc Agnifilo, ha denunciato una serie di fughe di notizie illegali da parte del governo, che avrebbero generato una copertura mediatica pregiudizievole nei confronti del suo assistito, compromettendo la possibilità di un processo equo. Agnifilo ha definito la diffusione del video di Cassie come “l’esempio più lampante” di questa condotta, ma ha sottolineato che non è un caso isolato, accusando le autorità di diffondere informazioni con l’intento di danneggiare la reputazione di Combs.

Agnifilo ha inoltre affermato che tale comportamento riflette una pratica consolidata in quel distretto, dove il governo, secondo lui, strategicamente fa trapelare informazioni senza subire conseguenze. La difesa ha quindi richiesto al giudice di avviare un’udienza per indagare su queste accuse e cercare prove delle presunte fughe di notizie da parte dei procuratori e delle forze dell’ordine. Hanno inoltre chiesto un ordine di bavaglio per impedire ulteriori diffusioni di informazioni e l’esclusione delle prove trapelate dal processo.

L’indagine su P. Diddy

Sean “Diddy” Combs, noto anche come Puff Daddy e P. Diddy, figura di spicco dell’industria musicale, è stato incriminato il mese scorso per accuse che includono traffico sessuale, rapimento, lavoro forzato, incendio doloso e corruzione. Se condannato, potrebbe affrontare l’ergastolo. Secondo l’accusa, Combs avrebbe gestito un’organizzazione criminale volta a soddisfare i suoi desideri sessuali, utilizzando droga per costringere le vittime a rapporti con prostitute maschili e impiegando violenza e intimidazione per garantire il loro silenzio. I procuratori sostengono che Combs, per decenni, abbia abusato di donne e sfruttato le risorse del suo impero commerciale per coprire tali abusi.

L’incriminazione di Combs è arrivata dopo mesi di speculazioni mediatiche su un’indagine federale a suo carico, accompagnate da raid nelle sue abitazioni di Miami e Los Angeles. Agnifilo ha dichiarato che la copertura mediatica è stata alimentata da un continuo flusso di false dichiarazioni e informazioni trapelate dagli agenti federali. Tra queste, ha sottolineato il video di Cassie, che mostra Combs mentre la aggredisce in un corridoio d’albergo, diffusosi dopo la pubblicazione da parte della CNN a maggio.

Agnifilo ha concluso sostenendo che la diffusione del video ha avuto lo scopo di distruggere la reputazione di Combs e minare la sua capacità di difendersi dalle accuse, accusando gli agenti federali di averlo utilizzato nel modo più pregiudizievole possibile, senza tener conto del contesto.