Il Partito Democratico, il Movimento Cinque Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno presentato una proposta di legge per abbassare il numero settimanali delle ore di lavoro da 40 fino a 32. In questo modo, le aziende avrebbero la possibilità di organizzare il lavoro per i propri dipendenti (anche) spalmandolo su quattro anziché cinque giorni a settimana. Una delle menti che sta dietro a quest’idea è Marianna Filandri, docente di sociologia delle diseguaglianze economiche e sociali presso l’Università di Torino. A Tag24.it spiega tutti i benefici che ne deriverebbero. E perché, nonostante dei rilievi mossi da altri esperti, valga la pena intraprendere la strada per approvare questa legge.

Settimana lavorativa breve: in ufficio quattro anziché cinque giorni su sette. Marianna Filandri: “Vale la pena tentare”

Lavorare meno a parità di stipendio: sembra un sogno, qualcosa da paese di Bengodi. Invece è l’idea che si sta facendo largo già da anni in vari Paesi e che in Italia è stata tradotta in proposta di legge da Pd, M5S e Avs. Come dire: buona parte del centrosinistra ci crede. E con essa Marianna Filandri, sociologa delle diseguaglianze economiche e sociali nonché autrice, tra l’altro, di “Lavorare non basta”.

D Perché la settimana corta è anche una questione di diseguaglianze economiche e sociali?

R “Perché la ricerca scientifica che si è sviluppata su questo tema ormai da oltre 50 anni ci dice che con essa i dipendenti sono più soddisfatti e coinvolti, la produttività migliora e si riducono anche i costi a carico delle aziende”.

D Come fanno a ridursi?

R “Basti pensare alla riduzione del turnover e al minor assenteismo. Ma i benefici non finiscono qui”.

D Quali sono gli altri?

R “Si realizza un miglior equilibrio tra lavoro e tempo libero, la qual cosa avvantaggia soprattutto le donne perché su di loro in genere ricade il lavoro casalingo che le costringe ad accettare lavori part time e mal pagati”.

D Con la settimana breve si può spezzare anche questa spirale negativa?

“Sì perché le donne spesso sono costrette persino ad uscire dal mercato del lavoro, con ripercussioni sia sull’occupazione femminile che sul gender pay gap”.

La risposta ai rilievi mossi contro la proposta di legge

D E comunque: i rilievi a questa proposta di legge non mancano. Il primo è quello dell’economista Tommaso Nannicini e riguarda gli incentivi previsti per far adottare alle imprese la settimana breve.

R “Io credo che in una fase iniziale gli incentivi siano necessari”.

D Ma se la riduzione dell’orario di lavoro aumenta la produttività perché c’è bisogno di incentivi?

R “Perché la settimana breve comporterebbe un cambiamento molto profondo dell’organizzazione del lavoro che non tutte le aziende riuscirebbero ad assorbire in tempi brevi. Anche in Inghilterra, uno dei Paesi dove è stata già avviata la sperimentazione su 60 imprese, è stato previsto un sussidio”.

D Sono state drogate.

R “No, perché poi quelle stesse imprese hanno deciso di applicare la settimana breve anche quando il sussidio è terminato. Tutte le sperimentazioni messe in campo hanno dato risultati positivi”.

D Lavorare meno, lavorare meglio.

R “All’inizio le imprese devono essere incentivate: non tutte si fidano”.

D La proposta italiana è di dare loro la possibilità di un taglio dei contributi dal 30 al 60%.

R “Sulle modalità si può discutere. L’importante è che lo Stato si assumi la responsabilità di intervenire sul mercato del lavoro: non è un mercato come gli altri che si regola da solo trovando l’equilibrio tra domanda e offerta”.

D In Italia, alcune grandi imprese come Intesa Sanpaolo, Lamborghini e Luxottica già sperimentano la settimana corta. Con la decontribuzione o comunque l’incentivo statale non si rischia di far loro un inutile regalo?

R “In Italia abbiamo un problema molto grande: è quello dei salari reali fermi. Ridurre le ore lavorate aiuterebbe a smuoverli e in più abbatterebbe dei costi anche per i lavoratori”.

D Diciamoci la verità: l’italiano medio, lavorando meno ore, per il resto della giornata non andrebbe a cercarsi un altro lavoretto, magari a nero?

“Beh, questo può essere. Ma ogni problematica è estremamente complessa e le risposte non possono essere semplificate. Ciò da cui in ogni caso bisogna partire è che le sperimentazioni fatte e gli studi scientifici confermano che la settimana breve dà più risultati positivi che negativi. Non può essere ancora ridotta a un dibattito ideologico”.

D Uno dei proponenti della proposta di legge, Nicola Fratoianni, voleva che la settimana breve venisse finanziata con la patrimoniale, tassa rilanciata anche da Elly Schlein. Cosa ne dice?

R “Dico che ‘patrimoniale’ è una parola troppo generica. Che tipo di patrimoniale vorrebbero? Una tassa una tantum sulla ricchezza? Una di successione sui grandi patrimoni che si ereditano? Certo, anche in questo caso c’è un problema di equità e di diseguaglianze nel nostro Paese: c’è chi lavora troppo poco guadagnando poco e chi, al contrario, lavora troppo”.

D Meglio il weekend lungo.

R “Si potrebbe quantomeno avviare un altro studio pilota, andare per step. Ma la settimana breve comunque è una strada da esplorare fino in fondo”.