Bob Woodward, il cui nome completo è Robert Upshur Woodward, è considerato una vera icona del giornalismo, sia negli Stati Uniti che a livello internazionale. Con 81 anni alle spalle e una carriera lunga e prestigiosa – talvolta anche controversa – ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’informazione. Insieme al collega Carl Bernstein, è stato l’artefice del celebre scoop sullo scandalo Watergate nel 1972, che portò alla fine del mandato di Richard Nixon.
Nonostante abbia lasciato il Washington Post nel 2008, Woodward non sembra affatto intenzionato a ritirarsi dalla scena. Dopo il successo di “Tutti gli uomini del presidente”, scritto in collaborazione con Bernstein e adattato in un film premiato con quattro Oscar, ha pubblicato altri 20 libri su temi legati alla politica americana e globale. Il 15 ottobre uscirà la sua ventunesima opera, intitolata “WAR” (Guerra), con il sottotitolo “Al centro dei conflitti, al cuore del potere”, che compare in grassetto sulla copertina.
La pubblicazione di questo libro arriva in un momento strategico, a poche settimane dalle elezioni presidenziali americane del 5 novembre, considerate tra le più incerte di sempre. I candidati, Donald Trump e Kamala Harris, sono quasi alla pari nei sondaggi e rappresentano due visioni dell’America profondamente diverse e in netta contrapposizione.
Chi è Bob Woodward?
Nato il 26 marzo 1943 a Geneva, Illinois, Woodward è cresciuto a Wheaton, un sobborgo di Chicago, dove suo padre era un affermato giurista. Inizialmente ci si aspettava che seguisse le orme paterne e diventasse avvocato, tanto che si iscrisse alla Yale University con una borsa di studio del ROTC della Marina. Nel 1965, si è laureato in storia e letteratura inglese e ha servito per cinque anni come ufficiale di comunicazioni nella Marina.
Dopo il servizio militare, Woodward fu accettato alla Harvard Law School nel 1970, ma scelse di non proseguire con la laurea in giurisprudenza. Invece, richiese uno stage non retribuito di due settimane presso il Washington Post.
Nonostante nessuno dei suoi articoli iniziali venisse pubblicato, i redattori notarono il suo potenziale e lo indirizzarono verso il settimanale Montgomery County Sentinel, situato nella periferia del Maryland. Nel giro di un anno, Woodward perfezionò le sue competenze al punto che il Post gli offrì una seconda opportunità.
Il Watergate e il Premio Pulitzer
Mentre seguiva il lavoro della polizia da circa nove mesi, giunse una segnalazione di un furto con scasso nella sede del Comitato Nazionale Democratico nel complesso Watergate. Collaborando con Carl Bernstein, suo collega al Post, Woodward riuscì a collegare l’irruzione ai più alti livelli dell’amministrazione del presidente Richard Nixon. Grazie a questo lavoro investigativo, il Washington Post vinse il Premio Pulitzer per il servizio pubblico nel 1973. I nomi di Woodward e Bernstein divennero sinonimi di giornalismo investigativo e il loro libro, “All the President’s Men” (1974), raggiunse le vette delle classifiche di vendita. Anche il film tratto dal libro, con Robert Redford nel ruolo di Woodward, ebbe grande successo nel 1976.
Woodward continuò la sua carriera al Post e nel 1979 fu nominato vice direttore editoriale. Tuttavia, negli anni successivi, il suo nome divenne ancora più famoso per i suoi libri piuttosto che per il giornalismo di cronaca. Le sue indagini su figure come il comico John Belushi e l’ex vicepresidente Dan Quayle suscitarono reazioni contrastanti: da un lato, veniva elogiato per la sua abilità nel raccogliere dettagli, dall’altro criticato per l’enfasi su aspetti controversi della vita privata. Col tempo, Woodward si concentrò sempre più su argomenti riguardanti la politica e il potere a Washington.
Nel 2002, guidò un team del Post che vinse un altro Premio Pulitzer per la copertura delle conseguenze degli attentati dell’11 settembre 2001. Quello stesso anno pubblicò “Bush at War”, il primo di una serie di libri che analizzavano dall’interno l’amministrazione di George W. Bush. “Bush at War” (2002) tracciava i profili dei personaggi che influenzarono la risposta militare americana in Afghanistan, mentre “Plan of Attack” (2004) esaminava la preparazione all’invasione dell’Iraq. “State of Denial” (2006) rappresentava una critica tagliente agli errori commessi dall’amministrazione Bush, mentre “The War Within” (2008) offriva una valutazione critica del presidente stesso.
Successivamente, Woodward rivolse la sua attenzione all’amministrazione di Barack Obama. In “Obama’s Wars” (2010), descrisse le tensioni interne alla Casa Bianca riguardo alla politica di guerra in Afghanistan, mentre “The Price of Politics” (2012) si focalizzava sui conflitti tra l’amministrazione e il Congresso in merito alle questioni economiche. I suoi successivi libri, “Fear: Trump in the White House” (2018) e “Rage” (2020), offrirono un ritratto fortemente critico della presidenza di Donald Trump, includendo una serie di interviste con lo stesso Trump. “Peril” (2021), scritto in collaborazione con Robert Costa, si concentrava sugli sforzi di Trump per mantenere il potere nonostante la sconfitta nelle elezioni del 2020.