Le accuse sono pesanti ma le ha sempre respinte. E’ rammaricato per il quadro che hanno fatto di lui, lontano anni luce dalla realtà, e lotta con tutte le forze a disposizione affinché la verità venga a galla. Andrea Pellegrini non si dà pace, è tormentato, si sente in gabbia perché da due anni sul suo conto si è detto di tutto e di più. E’ stato apostrofato con gli aggettivi più negativi e brutali nonostante il processo non sia nemmeno cominciato, nonostante non sia stato ancora rinviato a giudizio. “Eppure alcuni hanno già sentenziato la mia colpevolezza o l’hanno solamente insinuata” dice rattristato. Andrea Pellegrini è il poliziotto accusato di tortura e falso per il caso Hasib Omerovic, il 37enne sordomuto di etnia rom caduto dalla finestra della sua casa popolare a Primavalle, a Roma, il 22 luglio 2022 durante un’operazione di identificazione. A coadiuvare Pellegrini i colleghi Alessandro Sicuranza e Maria Rosa Natale, accusati di falso ideologico per l’annotazione di servizio scritta dopo l’intervento. Il quarto poliziotto, Francesco Ferrari, è stato condannato a 11 mesi e 16 giorni dopo il patteggiamento. La sua posizione è stata stralciata. E’ stato proprio Ferrari a raccontare al pm Stefano Luciani quello che, secondo la sua versione, sarebbe accaduto nell’abitazione di Omerovic, testimonianza che avrebbe consentito la ricostruzione dei fatti. Ricostruzione che Andrea Pellegrini contesta e a Tag24.it, in esclusiva, mostra le foto che proverebbero la sua innocenza.

Caso Omerovic, Andrea Pellegrini, il poliziotto accusato di tortura: “Da due anni vivo un incubo. Non ho fatto niente”

Il 25 ottobre 2024 avrà luogo l’udienza preliminare e Andrea Pellegrini, insieme ai colleghi Alessandro Sicuranza e Maria Rosa Natale, dovrà comparire davanti al Gup. Secondo le accuse formulate dal pm Pellegrini avrebbe tenuto un comportamento violento nei confronti di Omerovic, lo avrebbe legato con il filo di un ventilatore e lo avrebbe minacciato con un coltello. Per sfuggire ai maltrattamenti l’uomo si sarebbe buttato dalla finestra. Una tesi che Pellegrini, all’epoca dei fatti in servizio nel Distretto XIV di Primavalle, nega e, a sostegno della sua versione, presenta le immagini che secondo lui dimostrerebbero la veridicità della sua ricostruzione. A Tag24.it racconta il dramma personale che vive da due anni.

D. Come sta?

R. Come volete che stia, da due anni subisco offese e invenzioni. La mia foto è ovunque, così come il mio nome. Mi devo giustificare con mia figlia che è piccola, ha dieci anni, e non è una bella sensazione. Anche a livello economico la mia famiglia ed io non ce la passiamo bene perché sono sospeso dal servizio e percepisco dalla Polizia di Stato, ormai da due anni, un assegno alimentare con il quale non riesco a pagare nemmeno l’affitto.

D. Come riesce ad andare avanti?

R. Grazie all’aiuto degli amici e del padrone di casa mia che si è messo una mano sul cuore e non mi fa pagare l’affitto. Se ricevo così tanta solidarietà vuol dire che alla fine ho seminato bene.

D. Il 25 ottobre ci sarà l’udienza preliminare, saprà se sarà rinviato a giudizio e quindi sarà imputato. Come vive l’attesa?

R. Cerco di non pensarci, ho due figli piccoli, il secondo nato poco prima dell’arresto. Per loro cerco di essere il più sereno possibile.

Il racconto dell’ispezione in casa Omerovic e le foto dell’identificazione

D. Cos’è successo quel 25 luglio 2022?

R. Quella mattina vado in ufficio e vengo incaricato di accompagnare l’ufficiale giudiziario e provvedere a uno sfratto. Nel frattempo la vice dirigente mi mostra un post sul gruppo Facebook di quartiere nel quale una utente si lamenta di un nomade reo di alcuni atteggiamenti ritenuti osceni, di alcune molestie, e mi chiede di identificarlo perché il post sociale avrebbe potuto portare a delle denunce. E’ un soggetto noto nel quartiere, fruga nei cassonetti ma nessuno lo ha mai identificato. Effettuiamo quindi prima lo sfratto, Ferrari ed io, e poi pattugliamo il territorio, zona Primavalle. Durante il pattugliamento chiediamo informazioni sul nomade e alla fine scopriamo dove vive.

D. Andate subito?

R. Sì, si aggiungono Sicuranza e Natale. Ci troviamo davanti a due palazzoni, iniziamo a suonare ma i citofoni sono quasi tutti rotti. Ci risponde solo una voce maschile che ci indica dove vive e ci descrive una situazione delicata, ci dice che in famiglia si picchiano, portano l’immondizia, si sente cattivo odore e che c’è anche un bambino. Saliamo le scale e arriviamo al secondo piano rialzato, suoniamo e ci apre Omerovic, a torso nudo, che ci fa entrare.

D. L’uomo è tranquillo?

R. Sì, nonostante l’uomo, disabile al 100%, soffra di attacchi di panico davanti alle forze dell’ordine. Questo lo racconta la famiglia e la dichiarazione è agli atti. Pare che abbia subito un trauma anni fa.

D. Come si pone? Il collega Ferrari afferma che lei gli ha dato subito due schiaffi colpendolo tra il collo e il volto nella parte destra,

R. Assolutamente no. Per fortuna ho scattato delle foto a ripetizione che mostrano che le accuse sono senza fondamento. Se gli avessi dato degli schiaffi tra il collo e il viso lo avrei preso vicino all’orecchio e lo avrei stordito. Dalle foto, soprattutto in modalità live, si evince invece la sua tranquillità. Dalle foto si vede anche che fuma una sigaretta in tutta serenità.

D. Perché scattava le foto?

R. Per consentire l’identificazione e cercavo di non farmi notare. Le immagini sono utili per gli eventuali riconoscimenti. Non stava mai fermo quindi continuavo a scattare.

D. Quando entrate in casa cosa succede?

R. In casa c’è una donna, scopriamo poi essere la sorella, anche lei disabile. La collega Maria Rosa Natale si occupa di lei.

D. Mentre i colleghi lo identificano lei minaccia Omerovic con un coltello?

R. No, perché nel frattempo che i colleghi controllano i documenti di Omerovic io cerco questo fantomatico bambino e giro per l’appartamento. E’ molto grande, sgarrupato, con i mobili sfondati. Ma non trovo nessuno. A un certo punto mi imbatto in una porta tutta scassata, con i buchi ma chiusa.

D. Ferrari afferma che lei ha sfondato la porta con un calcio.

R. Non è vero, do una spallata perché non ci sono le chiavi e entro. Anche la scientifica che ha fatto i rilievi non individua per terra frammenti di legno che potrebbero far pensare a noi come gli artefici di quei danni. All’interno della camera non c’è nessuno. Nel frattempo arrivano i due colleghi con Omerovic che si siede.

D. Lo mettete al centro della stanza e lei lo lega con il filo di un ventilatore, come si evince dall’interrogatorio di Ferrari?

R. Assolutamente no, si vede dalla foto. E soprattutto si siede in pizzo. Se devo bloccare una persona lo attacco alla spalliera. Quindi io, secondo il racconto del collega, mentre scatto le foto stacco il ventilatore, strappo il filo e lo lego senza fargli il nodo? Il ventilatore e il coltello non sono stati trovati. La famiglia ha dichiarato che lo aveva buttato perché Omerovic usava rovistare nei cassonetti e portare qualsiasi cosa in casa.

La caduta dalla finestra di Omerovic e l’annotazione di servizio per descrivere l’accaduto

D. Qual è la dinamica della caduta dalla finestra?

R. L’unica cosa che dico è di non farci tornare e di smetterla con i video, i gesti. Per me finiva così. Stiamo per andare via quando la collega Natale ci mostra dei lividi sul corpo della sorella. Omerovic viene verso di noi – che stesse venendo verso di noi l’ho scoperto successivamente dal racconto di un collega – e si accorge che stiamo guardando i lividi, a quel punto corre verso la stanza, tira sù la serranda, il collega Ferrari lo segue e sentiamo che dice: “Che cazzo fai”. Omerovic era precipitato dalla finestra.

D. Voi che fate?

R. Ci scendiamo giù e chiamiamo l’ambulanza. Lo vediamo a terra. Si rialza ma poi ricade. Io nel frattempo scatto altre foto, è prassi in caso di incidente, per immortalare l’evento. Ha fatto un volo di 9 metri.

Omerovic è stato portato in ospedale, è stato ricoverato per diversi mesi al Policlinico Gemelli e ha subito diverse operazioni chirurgiche. “Ora sta bene, è stato anche interrogato. Sul corpo non aveva segni di percosse – spiega Pellegrini – lo dimostrano anche i certificati medici. Lui ha avuto delle emorragie dovute alla caduta”.

D. Quanto è durato l’intervento nell’abitazione?

R. Nove minuti, dall’inizio quando arriviamo sotto casa di Omerovic fino alle due telefonata che ho fatto dopo la caduta, una alla dirigente e una a mia moglie. Le foto sono praticamente minuto per minuto, una è stata scattata un attimo prima che cadesse dalla finestra e si vede che non ha un graffio.

D. Lei è accusato, insieme ai suoi colleghi Natale e Sicuranza, di falso ideologico: avrebbe mentito nell’annotazione di servizio. 

R. Ha cominciato a scrivere l’annotazione Ferrari poi io ho aggiunto l’orario in cui ho chiamato la scientifica, il magistrato ecc ecc e ho corretto gli errori grammaticali e abbiamo firmato la relazione. Ferrari ha dichiarato di averlo fatto per paura, per i miei metodi poco ortodossi, Mi sembra strano perché con lui avrò fatto sì e no un servizio.

D. Perché Ferrari ha dato una versione talmente diversa da averla messa nei guai?

R. Sinceramente non lo so. Ha raccontato tante cose non vere su di me e sul mio passato.

D. Per esempio?

R. Che faccio l’investigatore e pedino la gente, che ho picchiato un pedofilo, Mi ha dato dell’intrallazzino, ha anche dichiarato nell’interrogatorio che che mi vanto di alzare le mani.

D. Le è dispiaciuto com’è stato descritto anche dai media?

R. Molto, in trent’anni di carriera non ho mai ricevuto un procedimento disciplinare per violenze durante un arresto. Se avessi messo le mani addosso ad Omerovic si sarebbe visto, gli avrei fatto male. Sono alto e peso 100 chili, lui invece è mingherlino. Sono stato dipinto come un picchiatore, un violento. Non sono così.

R. Cos’altro l’ha amareggiata?

D. Il mio nome subito su tutti i giornali, la mia foto pubblicata ovunque. E poi l’arresto il 21 dicembre, a ridosso di Natale. Un trattamento che si riserva ai latitanti. Pensate che mio figlio era nato da appena dieci giorni.