La vita calcistica di Andrès Iniesta è stata uno spettacolo, anche senza la vittoria del Pallone d’Oro. Il mondo del calcio è cambiato e ha fatto un passo in avanti anche grazie al suo Don, che all’età di quarant’anni si è guardato indietro per l’ultima volta e ha deciso di ringraziare tutti e smettere di giocare. Un saluto speciale quello al suo fútbol, che non gli ha lasciato nessun rimpianto neanche se mettiamo le lancette indietro di quattordici anni e torniamo alla fine del 2010.

Don Andrès Iniesta, l’uomo infinito che sfiorò il Pallone d’Oro

Don Andrès è in corsa per la vittoria del Pallone d’Oro, conteso con i suoi compagni di squadra Messi e Xavi. La sua stagione è stata sensazionale, forse la migliore in senso assoluto di tutta la sua carriera. Iniesta infatti è diventato una sorta di eroe nazionale, è l’uomo che ha regalato la prima Coppa del Mondo alla Spagna. In Sudafrica è stato lui a chiudere il cerchio, regalando il titolo Mondiale agli spagnoli nella finale vinta contro l’Olanda.

Un destro leggendario, entrato nell’immaginario collettivo di tutti gli amanti dello sport. E oggi, giorno in cui ha ufficializzato il proprio ritiro, Iniesta è tornato proprio a quella magica serata dell’11 luglio mettendo in mostra ancora la propria umiltà. Quel gol non è interamente suo ma di tutti gli spagnoli, anche di quelli che tifavano Real Madrid ma sognavano con Iniesta in campo per la Spagna.

Iniesta e l’omaggio a Daniel Jarque al Mondiale 2010

Quel gol è stato segnato anche da Daniel Jarque, ex calciatore scomparso tragicamente nell’estate 2009 a cui Iniesta ha dedicato proprio la rete segnata contro gli olandesi a Johannesburg. “Daniel Jarque siempre con nosotros”: diceva così quella maglia bianca mostrata da Andrès all’FNB Stadium. Iniesta ci ha giocato contro tantissimi derby, Jarque era un simbolo dell’Espanyol ma prima di tutto un amico che non ha mai dimenticato. Iniesta infatti oggi l’ha ricordato nuovamente, visibilmente: quel gol che l’ha reso leggenda vivente è anche di Daniel.

E in fondo quella conclusione da sola poteva bastare benissimo per conquistare il Pallone d’Oro, senza considerare tutto il lavoro portato avanti nei mesi precedenti. Iniesta quell’anno vinse la sua quarta Liga, spingendosi fino alle semifinali di Champions League poi perse contro l’Inter di Mourinho. Una delusione grandissima per i blaugrana, che non riuscirono a ripetersi dopo lo storico triplete del 2009.

Il Pallone d’Oro 2010 fu assegnato a Leo Messi

Un rendimento e un palmarès non da tutti, visto che Iniesta ormai è certamente il centrocampista in attività più forte del pianeta. A Zurigo però il 6 dicembre di quell’anno arrivò un’altra delusione, probabilmente la più grande di sempre: Iniesta arriva secondo, il Pallone d’Oro va a Leo Messi per la seconda volta in assoluto. Uno scarto di soli 5 punti percentuali: la Pulce si afferma con il 22%, Iniesta segue con il 17% e Xavi chiude con il 16%.

Iniesta non arrivò mai così vicino alla vittoria del Pallone d’Oro come in quel magico 2010. L’anno prima infatti si piazzò quarto, lo stesso risultato ottenuto nel 2011 prima di un terzo posto conquistato nel 2012. Don Andrès però ha sempre affrontato le difficoltà della sua carriera in silenzio, accettando i verdetti che arrivavano dal campo e non solo.

Dalla Masia alla conferenza d’addio: quasi trent’anni di Iniesta

È questo spirito che l’ha reso una leggenda immortale dello sport. Quasi quaranta titoli vinti tra Barcellona, Spagna e Vissel Kobe e un Pallone d’Oro mancato per un soffio non basteranno mai a ricomporre la storia di un giocatore infinito. Questa è la parola che si sposa meglio con Iniesta, come quell’otto che ha sempre difeso nel corso della sua carriera. Servirebbe tornare a quel lontano 1996 e ripercorrere tutto il percorso da cima a fondo per capire a fondo il valore di Iniesta: dal primo ingresso alla Masia, casa delle giovanili del Barcellona, fino alla conferenza d’addio. Grazie Don Andrès, che lo spettacolo continui.