È Roma, il cuore il Roma, ma il Ghetto, stasera, 6 ottobre 2024, sembra più che mai una piccola proiezione di Israele. È la vigilia del primo anniversario del 7 ottobre, del pogrom più sanguinoso subito dal popolo ebraico dai tempi della Shoa, e evidentemente non poteva essere altrimenti. Nemmeno tra i tavoli dei ristoranti di cucina kosher che si snodano dal portico di Ottavia si respira la consueta aria rilassata. Il Ghetto, stasera, è letteralmente militarizzato. Sono decine le forze dell’ordine in servizio. Molte strade, attorno alla Sinagoga, sono transennate. Impossibile non pensare a cosa è stato in Israele e a tutte le terribili conseguenze di un anno di guerra.
Gli orsacchiotti bendati e i promotori dell’iniziativa anonimi. Il 7 ottobre al Ghetto
Impossibile non pensare alla guerra: lo fanno anche i bambini. Perché anche qui, come in molti altri angoli iconici di Roma, dal Colosseo al Pincio, sono spuntati degli orsacchiotti di peluche bendati, incatenati e insanguinati. Ognuno di loro ha addosso una maglietta con la foto di un ostaggio fatto prigioniero da Hamas un anno fa e la scritta “Per favore, aiutaci a riportarli a casa vivi”.
Non sono giocattoli con i quali giocare, si rendono conto anche i piccoli con i loro occhi smarriti. Gli orsacchiotti sono stati istallati dalla Rete studenti ebrei romani, una sigla dietro cui, evidentemente per motivi di sicurezza, si celano nomi e cognomi, ragazzi e ragazze in carne e ossa che reputano troppo pericoloso esporsi in questo momento, primo anniversario dell’attacco terroristico che ha fatto ripiombare nella guerra l’area mediorientale.
Tutti i loro pensieri vengono affidati a una nota:
“Gli orsi di peluche rappresentano l’umanità e la fragilità di coloro che attendono ancora di essere liberati e servono a rendere chiaro che l’anniversario del 7 ottobre non debba essere solo una data, ma un richiamo collettivo all’azione”
I promotori dell’iniziativa lanciano l’appello
“a riflettere e a unirsi affinché nessuno sia dimenticato e a sollevarsi contro la strumentalizzazione dei luoghi di istruzione per fini politici”
Per loro, è il momento di
“assumersi le proprie responsabilità di fronte al silenzio sulle vittime e sui rapiti, respingendo ogni forma di attivismo violento nelle scuole e la connivenza intellettuale di certi cattivi maestri”
Infine, la Rete degli studenti ebrei, il giorno dopo gli scontri alla manifestazione pro Palestina, chiede di prendere
“una netta posizione contro le proteste violente, l’oscurantismo, la difesa di regimi illiberali che ledono i diritti e la dignità umana, il fondamentalismo religioso e le infiltrazioni di matrice terroristica. Il mondo ci guarda, e le famiglie degli ostaggi, per le quali ogni giorno è una battaglia contro il tempo e l’indifferenza, meritano il nostro sostegno e la nostra attenzione”
L’orsacchiotto insanguinato del Ghetto
Uno degli orsacchiotti insanguinati è stato sistemato su una panchina del Ghetto, giusto davanti a un portone accanto al quale c’è una serie di adesivi per ricordare gli ostaggi. Ci sono anche fotografie di bambini. Qualche appartenente alla Comunità, di tanto in tanto, si avvicina per mandare un bacio sulla loro foto. Un adesivo con la stella di David recita così: “Il nostro amore è più forte del vostro odio”.
La manifestazione per gli ostaggi
Sta di fatto che la vigilia del primo anniversario 7 ottobre si vive con una evidente tensione. In attesa della visita della premier Giorgia Meloni in programma per domani, le vie del Ghetto sono praticamente blindate dalle Forze dell’ordine e dagli uomini del servizio di sicurezza della Comunità. Attorno alla Sinagoga diverse arterie sono chiuse. Persino i cestini per i rifiuti sono resi inservibili per ragioni di sicurezza. Sembra una piccola proiezione di un Paese in guerra, mentre, in tarda serata, una manifestazione ricorda gli ostaggi elencando i loro nomi e la loro età e facendo un’altra cosa che piacerebbe ai bambini: si fanno volare in cielo dei palloncini.
Luca Spizzichino, il presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia: “Viviamo inseguiti dall’odio”
A parteciparvi è anche Luca Spizzichino, 29 anni, presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia, un’associazione che raccoglie 4 mila giovani dai 18 ai 35 anni. Racconta a Tag24.it la vigilia del 7 ottobre così:
“Abbiamo appena concluso una manifestazione di solidarietà importante. Ad oggi, ci sono ancora 101 ostaggi su 251 di cui non abbiamo più alcuna notizia. C’è bisogno di tenere alta l’attenzione su di loro”
D Vi sentite isolati?
R “Diciamo che subito dopo il 7 ottobre si è scatenato l’odio contro Israele. Ora si tende addirittura a giustificare ciò che è accaduto quel giorno. Ma non ci sentiamo isolati del tutto, questo no. Questa sera, ad esempio, c’erano diverse associazioni che si sono sempre mostrate vicine alla nostra comunità e a Israele”.
La presenza dell’associazione iraniana alla manifestazione per gli ostaggi
Una in particolare ha fatto segnare una presenza significativa: “Donne vita e libertà”, l’associazione iraniana che lotta contro il regime di Teheran. Sta di fatto che Luca racconta come l’odio percorra anche i sentieri dei social:
“Ci arrivano tantissimi messaggi d’odio anche sulla pagina dell’associazione”
D Qualche esempio?
R “C’è chi inneggia a Hitler. Chi ci dice di andare all’inferno. Chi ci augura la morte. Chi ci accusa di crimini che storicamente non abbiamo mai commesso. Ma cosa ha di diverso il popolo ebraico rispetto a tutti gli altri per non poter vivere nella nostra terra ancestrale?”
D Ieri la manifestazione pro Palestina ha reso ancora più difficile il clima?
R “Gli slogan che si sono sentiti sono ingiustificabili. Come si fa a dire che uccidere un sionista non è reato?”
D Il corteo è stato vietato dalle autorità.
R “E’ stata una scelta importante, significativa per noi. Ma tutti i giorni le Forze dell’ordine ci stanno vicino”.
D A un anno dal 7 ottobre, cosa spera?
R “Spero nella pace. Ma prima di tutto che il 7 ottobre 2023 finisca. Vale a dire, che tutti gli ostaggi siano liberati e che da quel momento si inizi a costruire una giusta pace per tutti”.