Tra il 29 e il 30 settembre del 1975 tre ragazzi della “Roma bene”, tre “pariolini”, rapirono, violentarono e torturarono, in una villa del Circeo, la 17enne Donatella Colasanti e una sua amica, Rosaria Lopez, di 19. La storia di ciò che è successo loro, la storia del loro “massacro”, ha riempito per anni le pagine di cronaca del nostro Paese, cambiandolo per sempre. Per raccontarla, dobbiamo tornare indietro a 49 anni fa.

La ricostruzione del “massacro del Circeo”

Rosaria Lopez e Donatella Colasanti

Tutto inizia la sera del 30 settembre 1975. Sono le 22.30 quando, passeggiando su viale Pola, a Roma, un metronotte sente dei gemiti provenire dal bagagliaio di una Fiat 127 parcheggiata a bordo strada e, pensando che si tratti di un micio rimasto intrappolato, si mette in contatto con la centrale operativa e dà l’allarme:

“Cigno, cigno… C’è un gatto che miagola dentro una 127 in viale Pola”.

Quando i carabinieri arrivano, aprendo lo sportello, si trovano davanti a una scena agghiacciante: nel portabagagli ci sono Donatella Colasanti, 19 anni, con il volto ricoperto di ecchimosi, e Rosaria Lopez, 17 anni, ormai morta.

Il racconto del rapimento, dello stupro e delle torture

La ragazza sopravvissuta, ancora sotto shock, racconta agli investigatori ciò che lei e l’amica hanno subìto nelle ore precedenti: dice che tre ragazzi di Corso Trieste, tre ragazzi di buona famiglia, le hanno sequestrate, violentandole e torturandole per molto tempo.

Si tratta di Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido. Donatella spiega che li ha conosciuti, insieme a Rosaria, al bar del ristorante “Il Fungo” dell’Eur tramite un altro ragazzo, un certo Carlo, che aveva incontrato fuori dal cinema Empire quando, qualche giorno prima, con la sua amica Nadia aveva chiesto un passaggio per tornare a casa.

Dice che per il pomeriggio del 29 settembre si erano dati appuntamento davanti al cinema Ambassade; che alla fine si erano presentati solo Angelo e Gianni e che i due le avevano convinte a seguirli per trascorrere un pomeriggio insieme a Lavinio, salvo poi cambiare tragitto e portarle al Circeo, dove la famiglia Ghira aveva una casa di proprietà, villa Moresca.

Villa Circeo
La villa del massacro del Circeo (foto di Ansa)

Nella prima mezz’ora non ci furono minacce, né violenza. Poi la trasformazione. E tutto diventò un incubo – le parole estratte dalla sua testimonianza, riportata da Misteri d’Italia -. Erano le 18,20 e ci trovavamo nel giardino. Gianni tirò fuori una pistola. Lui e Angelo cominciarono a dire che erano della banda dei Marsigliesi. Per spaventarci ancora di più, ci dissero che doveva arrivare un certo Jacques (Ghira, appunto, ndr), che era il loro capo, che era terribile, e che era stato lui a dare l’ordine di prendere due ragazze. Noi dicemmo subito che non avevamo mai fatto l’amore, che ci dovevano lasciare andare.

Da lì in poi, le sevizie, terminate solo quando Donatella, capendo di non avere altra via di fuga, aveva avuto il coraggio di fingersi morta e di far caricare il suo corpo insieme a quello di Rosaria in auto.

Donatella Colasanti
Donatella Colasanti durante il trasporto in ospedale (foto di Ansa)

Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido

Mentre i carabinieri sono impegnati a soccorrerla in viale Pola, la sera del 30 settembre, i suoi aguzzini se ne stanno, come se niente fosse, a mangiare e scherzare. Poche ore dopo vengono arrestati. Solo uno di loro, Ghira, riesce ad evitare la cattura: fugge all’estero. Lo si sarebbe scoperto solo tanto tempo dopo.

Viene fuori che sia lui che Izzo hanno dei precedenti: che due anni prima del massacro, nel 1973, si sono macchiati di una rapina a mano armata. Izzo poi ha alle spalle anche una condanna per violenza: insieme a due amici ha abusato di una ragazza, ottenendo, però, una sospensione della pena.

Insieme a Guido frequentano movimenti neofascisti: sono di buona estrazione sociale, si sentono superiori. Gli avvocati che li difendono sostengono che abbiano trascorso adolescenze difficili, che abbiano avuto cattivi rapporti con le figure genitoriali.

Di Izzo dicono che presenta una personalità “borderline”. Tutti, però, risultano capaci di intendere e di volere.

Le condanne, la semilibertà e il duplice omicidio di Campobasso

Nel 1976 i giudici di primo grado condannano all’ergastolo senza attenuanti sia Izzo e Guido che Ghira, latitante. Negli anni successivi, sia Guido che Izzo riescono ad evadere, venendo ricatturati. Nel 2004 l’evento che cambia tutto: nonostante la condanna ancora pendente, il tribunale del Riesame concede ad Izzo la semilibertà, permettendogli di andare a lavorare nella cooperativa “Città futura” di Campobasso.

Angelo Izzo
Angelo Izzo (foto di Ansa)

Izzo sembra un uomo diverso. Sembra pentito, cambiato. Il 28 aprile del 2005, però, mostra il suo vero volto: torna, cioè, ad uccidere. Donatella aveva messo in guardia tutti:

Sta mentendo, state attenti, stiamo attenti. Vuole solo tornare libero. E se lo liberate, farà ancora del male.

Soffoca la donna che frequenta, Maria Carmela Linciano, moglie di un detenuto di cui è stato compagno di cella, e la figlia Valentina. E dice di averlo fatto per soldi: per prendere possesso del denaro ricavato dalla donna dalla vendita di un terreno in Puglia. Al suo avvocato avrebbe poi detto:

Voglio che sappiate che non vi ho ingannato. Ero davvero convinto di aver messo sotto controllo tutto quello che di negativo avevo dentro.

Si trova ancora in carcere. Guido dal 2009 è invece tornato in libertà. Ghira è morto nel 1994 per un’overdose. Era a Melilla, in Marocco. Donatella si è spenta a causa di un tumore al seno nel 2005. Aveva 47 anni; nel cuore e nella testa il ricordo ancora vivissimo delle violenze subite trent’anni prima.

Ne ha parlato Fabio Camillacci in una puntata de “La storia oscura”, in onda tutti i giorni dalle 21 alle 22 in radiovisione su Radio Cusano Campus e Cusano Italia TV (canale 122 del digitale terrestre). Puoi recuperarla su Cusano Media Play.