L’orario di lavoro non è solo il tempo passato in ufficio, ma può includere, delle volte, anche il viaggio e allora cerchiamo di capire se queste ore devono essere pagate oppure no.

Con orario di lavoro, la disciplina identifica qualsiasi periodo in cui il lavoratore dipendente, di fatto, lavora. In sostanza si tratta del tempo in cui è a disposizione del datore di lavoro e soggetto al suo potere direttivo.

Individuare quali ore rientrano nella definizione, come si immagina, comporta diverse conseguenze sia sul piano economico che burocratico.

Quando le ore di viaggio rientrano nell’orario di lavoro

L’orario di lavoro identifica il periodo in cui il lavoratore dipendente svolge la propria attività lavorativa. La definizione è presente nel decreto legislativo n. 66/2003.

Individuare quali attività vi rientrano ha conseguenze sul piano economico perché tutte le ore di lavoro devono essere retribuite, ma anche sul piano burocratico perché devono essere indicate nel calendario presenze del Libro Unico del Lavoro.

Le ore di viaggio sono quelle che il lavoratore impiega per raggiungere il luogo di lavoro dalla propria abitazione, affinché possa svolgere tutte le sue mansioni.

Anche se lo smart working ha avuto una larghissima diffusione, ci sono ancora molti lavoratori che per prestare la propria attività devono necessariamente spostarsi dal luogo abituale. Non ci riferiamo solo allo spostamento dalla propria casa alla sede di lavoro, ma anche andare da un cliente per dargli assistenza oppure recarsi altrove per partecipare a un meeting.

Le ore di viaggio devono essere pagate

Chiarita la definizione di orario di lavoro, per cui si intende il momento in cui il lavoratore è fisicamente al lavoro e, di conseguenza, a disposizione del datore di lavoro e quando sta svolgendo le sue mansioni, rispondiamo al quesito che ci siamo posti.

Nel caso degli spostamenti, il problema è capire se l’attività rientra o meno nell’esercizio delle proprie mansioni.

Se i trasferimenti sono collegati alla propria mansione, la risposta è affermativa: queste ore rientrano nell’orario lavorativo e devono essere retribuite.

Il tragitto casa-lavoro fa parte dell’orario di lavoro?

Le ore necessarie per raggiungere la sede di lavoro non sono considerate attività lavorativa.
Pensiamoci bene: se ogni giorno l’azienda dovesse retribuire il tragitto casa-lavoro, allora tutti i lavoratori dovrebbero essere compensati per il semplice fatto di abitare più o meno distanti e non per il lavoro effettivamente prestato. Immaginiamo lavoratori che abitano in grosse città e in quartieri lontani anche un’ora dalla sede di lavoro!

Tuttavia, nonostante quanto detto c’è un’eccezione per i lavoratori che devono spostarsi per andare al lavoro. Si tratta più che altro di una forma di tutela. Stiamo parlando della tutela dell’infortunio in itinere, ovvero della normativa degli eventuali incidenti che possono avvenire durante il tragitto per recarsi al lavoro.

Quindi, se da una parte le ore di viaggio per recarsi al lavoro non sono considerate orario di lavoro, la legge considera comunque un incidente avvenuto in quel lasso di tempo come un vero e proprio infortunio lavorativo.

Come vengono retribuite le ore di viaggio

La retribuzione delle ore di viaggio è disciplinata dai singoli contratti collettivi di lavoro. Non è prevista, quindi, una regola generalmente applicabile.

Solitamente, i contratti collettivi prevedono che le ore impiegate negli spostamenti vengano compensate con la normale retribuzione oraria o, in altri casi, con una percentuale.

Le ore di viaggio sono considerate come lavoro straordinario? La risposta a questa domanda dipende da come avviene lo spostamento e la sua durata.

La disciplina normalmente prevede che il lavoro straordinario sia quello richiesto al lavoratore oltre il consueto orario di lavoro e sempre in determinate occasioni. Quindi, può essere considerato come straordinario solo in specifiche situazioni.