Lutto nel mondo del tennis per la scomparsa di Lea Pericoli. Non esiste un vero appassionato di tennis che non conosca il suo nome, poiché ha avuto una carriera sportiva straordinaria e ammirevole. Dal 1959 al 1976, è stata la prima in classifica in Italia, stabilendo un primato imbattuto. Successivamente, si è piazzata al secondo posto in quattro occasioni: dal 1960 al 1962 e poi di nuovo nel 1973. Ha disputato ben 29 partite con la nazionale italiana, vincendo otto match in singolare e sei in doppio. Anche nei tornei del Grand Slam ha lasciato il segno, raggiungendo gli ottavi di finale al Roland Garros quattro volte (nel 1955, nel 1960, nel 1964 e nel 1971) e altre tre a Wimbledon (nel 1965, nel 1967 e nel 1970). Insomma, un palmarès eccezionale che la consacra come una delle più grandi. Oltre ai successi sul campo, Lea Pericoli è sempre stata un’icona di stile ed eleganza. Dopo la sua carriera da giocatrice, ha continuato a raccontare il tennis, lavorando in televisione e scrivendo per i giornali.
Perché Lea Pericoli non ha avuto figli?
Nell’ultima intervista prima della sua morte, concessa al Corriere della Sera, Lea Pericoli ha svelato il motivo per cui non ha avuto figli:
Non mi piace rivangare gli amori finiti. Ho avuto molte storie belle, mi sono anche sposata, diciamo che sono stata brava a non lasciare che la gente parlasse male di me, inclusi i miei ex. Figli? Non ho fatto in tempo, avevo troppe cose da fare. O forse non ci ho mai davvero pensato sul serio.
Che malattia ha avuto Lea Pericoli?
Lea Pericoli, nell’intervista al Corriere, ha parlato anche del periodo difficile legato alla battaglia contro la malattia:
Mi venne un cancro, stavo male, ero triste, perché tacere? Ti vedo palliduccia, mi dicevano incontrandomi. E io: beh certo, ho un tumore. E quelli stupefatti, a bocca aperta! Parlarne, a quei tempi, era uno choc. Al professor Veronesi, un luminare, non parve vero: tappezzammo l’Italia di manifesti sulla prevenzione. Il cancro in fondo è come una partita a tennis: per batterlo preferisci avere tutto il pubblico che tifa per te.
Non fu coraggio, mi creda. Fu piuttosto una richiesta d’aiuto, uno sfogo. Se ti tieni tutto dentro, se passi il tempo a piangerti addosso, è peggio. E ti viene l’angoscia.