Era il 1994 quando tre ragazzi di West Memphis, in Arkansas, tutti amanti del metal e dell’occultismo, furono accusati dell’omicidio di tre bambini della cittadina. Uno di loro, Damien Echols, all’epoca 18enne, fu condannato alla pena di morte, gli altri due all’ergastolo e rilasciati tutti per assenza di prove nel 2011.
“Uccisioni di matrice satanica e rituali” scrissero i giornali e i media di quegli anni. In realtà si trattò soltanto di “Satanic Panic”, un’ansia collettiva legata alla “diversità”, additati per i loro ascolti musicali, il loro vestiario “thrash” e il loro interesse per il gioco di ruolo “Dungeons & Dragons”, mentre il vero assassino è tuttora in libertà.
Parallelamente, in Italia, nel 1998, esordirono i veri criminali ed occultisti, ovvero le “Bestie di Satana”, un gruppo di giovani della provincia di Varese.
La setta era composta dal leader Andrea Volpe, Nicola Sapone, Paolo Leoni, Pietro Guerrieri, Marco Zampollo, Eros Monterosso, Elisabetta Ballarin e Massimo Magni protagonisti di quattro brutali ed efferati omicidi.
Nel collettivo, figurava anche Mario Maccione, oggi al centro di una polemica per l‘apertura di uno sportello di ascolto virtuale destinato a giovani e adulti alle prese con problemi d’ansia, depressione e lotta per la salute mentale.
Chi è Mario Maccione, l’ex componente delle “Bestie di Satana” e che cosa ha fatto
Mario Maccione, soprannominato “Ferocity” era un componente attivo delle “Bestie di Satana“ ma ricopriva, a differenza del capo e guida Andrea Volpe e Nicola Sapone, un ruolo estremamente marginale.
La congrega si ispirava al “Satanismo Acido”, una corrente deviata del movimento dedita al consumo di sostanze stupefacenti, superalcolici, riti orgiastici e sacrificali utili alla connessione con demoni e creature dell’aldilà.
Un pretesto, per numerosi ragazzi disadattati per sfogare le loro pulsioni, comportamenti insani. Alcuni dei killer, erano parallelamente anche spacciatori di droga.
Tra i simboli prediletti dalla gang: pentacoli, croci rovesciate e il numero 666, il “numero della Bestia” dell’Apocalisse di Giovanni.
Conoscitore di esoterismo ed occultismo e delle relative pratiche, come Paolo Leoni, era considerato il “medium” connesso a spiriti e alle varie creature della demonologia, dell’ars goetia e deus ex machina delle sedute spiritiche.
È stato accusato e condannato per complicità negli omicidi commessi dalla setta a diciannove anni e due mesi di reclusione, inclusi i casi di uccisione dei giovanissimi Mariangela Pezzotta e Fabio Tollis avvenuto nel ’98 e condannato all’ergastolo per il suo coinvolgimento nella vicenda.
È uscito dal carcere nel 2017 e attualmente vive con la sua prima fidanzata, che lo ricontattò durante il periodo di detenzione.
Durante il processo, ha più volte tentato di minimizzare il proprio ruolo e cercato di catalizzare l’interesse della giuria sugli altri membri del collettivo. Nonostante il tentativo, la corte ha riconosciuto la sua responsabilità negli atti brutali commessi dalla setta.
Dove vive oggi? Nella bufera il suo sportello d’ascolto
Mario Maccione ha attualmente quarantaquattro anni e vive una vita lontana dai riflettori, immerso nella natura, in una città anonima per motivi di privacy, in provincia di Sassari.
È un musicista ambient, percorso intrapreso anche da Burzum, figura di spicco della scena black metal norvegese e accusato dell’omicidio di Euronymous, cantante dei Mayhem ed è un artista molto interessato alle nuove tendenze, come nel caso degli NFT.
Ha scritto un libro “L’inferno tra le mie mani” ed è al lavoro su un saggio su come uscire dalle dipendenze da sostanze stupefacenti senza l’utilizzo di medicinali.
Recentemente ha dato il via ad uno sportello virtuale nato in supporto di giovani e adulti bisognosi di aiuto e supporto nella loro vita quotidiana, come rivelato da “Il Corriere” ed è stata subito polemica. Al costo di cinque euro è possibile contattarlo su Instagram ed essere videochiamati per ricevere consigli sul miglioramento personale, attacchi di panico, depressione e il superamento delle proprie paure.
Non si definisce un terapeuta, specificando di non avere lauree per permettersi un tale accostamento, ma si ritiene più vicino ai mental coach, tanto in voga negli ultimi anni.
L’idea è stata definita dai parenti delle vittime, in particolare da parte di Michele Tollis, padre di Fabio, “preoccupante” e “pericolosa”.