Al fine di realizzare le sue proposte programmatiche, il Movimento Unione Italiano MUI, illustra la propria intenzione di agire secondo i seguenti punti
PUNTO 1
Istituzione di un Istituto Bancario a disposizione del cittadino e delle imprese con cui il governo di Roma Capitale potrà realmente dare avvio allo sviluppo economico e sociale di Roma. Un Istituto a cui si intende dare un nome che già di per sé è una garanzia e cioè “ BANCA ROMA CAPITALE SPA” creata al 51% dal Comune di Roma, il 25% aperto a tutta la cittadinanza, il 14% aperto a tutte le piccole e medie imprese.
PUNTO 2
Al fine di sostenere le fasce di popolazione, che a causa della difficile situazione congiunturale dell’economia si sono ritrovate senza lavoro, si propone la creazione di “Laboratori di reinserimento al lavoro” atti a svolgere un duplice ruolo:
1) monitoraggio ATTIVO della situazione occupazionale delle persone in seno alle aziende locali. Per ATTIVO si vuole intendere la funzione attiva che avranno tali laboratori nel richiedere e ricevere dalle aziende, comunicazione sul personale licenziato o in procinto di esserlo, non per incompetenza, ma a causa dei tagli alle spese.
2) attività di reinserimento occupazionale di tali soggetti in settori ancora produttivi e o in via di sviluppo
PUNTO 3
Per il miglioramento della Mobilità e Trasporti del Comune di Roma si ritiene che i servizi pubblici devono avvalersi di mezzi evoluti e rinnovati, con un doppio riguardo sia per il fattore economico che per l’impatto ambientale.
Nello specifico, i taxi devono diventare competitivi a livello europeo attraverso una strategia commercialmente intelligente che consiste nel riconoscere al possessore della licenza di un taxi, la possibilità di avere fino a tre licenze, in tal modo ogni tassista diventerebbe un piccolo imprenditore con l’autonomia di gestire il proprio pacchetto di licenze. Questa soluzione porterebbe a un triplice vantaggio :
1- creazione di 6 posti di lavoro per ogni tassista
2- arricchimento della categoria dei tassisti
3- miglioramento dell’efficienza del servizio per l’utente
PUNTO 4
A Roma sono oltre 20 anni che si vive una crisi di disfacimento della struttura urbana e per quanto riguarda la VIABILITA’ c’è da prendere sicuramente decisioni immediate dal momento che le inefficienze ad essa legate sono la prima causa di morte tra le persone che si muovono in moto nella città. Se ad oggi non è possibile ripristinare le strade romane dato che i costi degli appalti sono troppo elevati, si propone di far nascere aziende ad hoc gestite direttamente dal Comune di Roma che si occupino della corretta manutenzione della viabilità
PUNTO 5
Nell’ambito delle politiche di riqualificazione delle periferie, si ritiene fuori da ogni dubbio che le periferie per essere “riqualificate” necessitino di lavoro e quindi vadano ristrutturate a livello professionale.
Si propone a tal fine di incentivare il trasferimento e la nascita della piccola e media impresa nelle periferie attraverso una politica di sgravi fiscali, sottraendole al pagamento dell’IMU o sottraendole al pagamento dell’ IRAP per i nuovi assunti.
La periferia deve diventare una periferia semi industriale e artigianale.
Nello specifico, nelle periferie, l’artigianato deve diventare una leva fondamentale di sviluppo economico. I piccoli artigiani che fino ad oggi hanno avuto difficoltà nel reclamizzare ed esportare i prodotti artigianali, si propone, debbano essere “tutelati” attraverso la partecipazione ad un consorzio ad hoc, un vero e proprio “Consorzio Artigianale di Roma”, facente capo al Comune di Roma che avrà il compito di coordinare, strutturare, organizzare e supervisionare le vendite interne e per l’estero con il marchio del centro artigianale romano.
In pochi anni, alcune aree periferiche, seguendo questo processo potrebbero cambiare radicalmente aspetto e diventare non solo nuovi centri di produttività e lavoro ma anche nuove mete turistiche, infatti le periferie passerebbero da quartieri dormitorio a zone vivaci, ricche di contrasti, in bilico tra stile urbano e tradizione artigiana; le fabbriche o i magazzini abbandonati potrebbero essere riconvertiti in centri artigiani che convivono con edifici popolari e bazar di artigianato locale: richiamo irresistibile per il turista in cerca della vera romanità.
In sintesi si propone che il commercio e l’industria di Roma siano sponsorizzati proprio come “Romanità” con il marchio di Roma. L’Impero Romano deve ri- esistere riconquistando il mondo a livello commerciale, industriale e finanziario
PUNTO 6
Come già avviene in quasi tutte le altre grandi destinazioni turistiche, anche a Roma dal 1° gennaio del 2011, i turisti in visita nella capitale contribuiscono con una piccola somma alle spese per i servizi a loro destinati, fino a quel momento sostenute soltanto dai contribuenti romani.
Tuttavia il contributo di soggiorno è una tassa che Noi non condividiamo in quanto riteniamo sia un modo per scaricare i debiti capitolini sugli “stranieri”, vale a dire sulle persone che scelgono Roma come loro meta di viaggio.
Crediamo fermamente che non ci sia bisogno di ricorrere al contributo di soggiorno dal momento che i cittadini romani pagano tasse che, se ben gestite, possono garantire una manutenzione cittadina più che decorosa per se stessi e per gli ospiti da tutto il mondo.
Inoltre nella nostra visione, questa è una tassa da eliminare perché gli introiti che ne derivano si ritiene siano irrisori rispetto agli svantaggi che crea; la città deve saper “sfruttare” sapientemente i vantaggi di cui i turisti sono portatori e non deve penalizzare i suoi ospiti con “pedaggi” inutili. Chi fa impresa sa perfettamente che non può far pagare un pedaggio ignobile per vendere il proprio prodotto ma che deve ottimizzare i suoi guadagni su una base commerciale.
Oltretutto la legge ha previsto che al gestore della struttura ricettiva presso la quale è avvenuto il soggiorno spetta l’onere di provvedere alla riscossione del contributo, al versamento all’amministrazione di Roma Capitale nonché alla comunicazione obbligatoria al Dipartimento delle Risorse Economiche; questo significa che gli albergatori o similari sono diventati, loro malgrado, “esattori” a titolo gratuito, laddove alcune società a controllo pubblico (vedi GERIT EQUITALIA) incassano fino al 30% più interessi ed agio, per svolgere l’attività di riscossione.
PUNTO 7
La nuova tassa Tares sui rifiuti, che entrerà in vigore tra pochi mesi, si prevede porterà entrate nelle casse dello Stato per 8 miliardi di euro, di contro, comporterà un aumento medio di spesa per le famiglie del 30% e, una trattoria a Roma potrebbe arrivare a pagare il 570% in più rispetto alla precedente tassazione. Questo nuovo salasso è stato ritenuto necessario al fine di coprire completamente le spese di raccolta e smaltimento rifiuti. Anche noi ci associamo a questa “iniziativa fiscale” e crediamo che gli introiti provenienti da questo ennesimo sacrificio della cittadinanza siano utilissimi alla “causa rifiuti”, tuttavia riteniamo che tali introiti debbano essere utilizzati DEFINITIVAMENTE, non per tamponare la solita emergenza spazzatura, ma per trovare una soluzione definitiva a questa piaga attraverso la fattiva costruzione di impianti di smaltimento dei rifiuti.
Con l’investimento in termovalorizzatori, infatti , fra non oltre tre anni, la città di Roma sarebbe finalmente “libera” dalla annosa e costosa questione di dove e a chi scaricare i propri rifiuti, e tutta la cittadinanza sarebbe sollevata dal pagamento delle esose tasse sulla nettezza urbana, a ciò si aggiunga che l’utilizzo dei termovalorizzatori appagherebbe parte del fabbisogno di energia della città con conseguenti benefici economici per le famiglie, le imprese, gli ospedali, le scuole.
I rifiuti, che oggi sono una spesa, diventerebbero nel giro di pochi anni, una risorsa come accade in altri paesi Europei evoluti e come accade nella vicina Brescia dove opera uno dei termovalorizzatori più grandi d’Europa [ca. 750 000 tonnellate l’anno: il triplo di quello di Vienna. Da solo soddisfa circa un terzo del fabbisogno di calore dell’intera città (1100 GWh/anno). Recupera dai rifiuti circa 600 milioni di chilowattora elettrici e 750 milioni di chilowattora termici l’anno].
La gestione della politica e dello Stato non può essere la tassazione continua del cittadino! Per Noi, i cittadini non sono sudditi e debbono essere chiamati al sacrificio fiscale solo se questo sacrificio si traduce nella garanzia di in un beneficio futuro!
PUNTO 8
Roma è il comune agricolo più grande d’Italia e questa è una leva da “sfruttare” per il benessere dei consumatori e dei piccoli-medi agricoltori.
Riteniamo infatti che il settore vada concretamente rispettato e rilanciato: rispettato perché l’agricoltura condotta in maniera sana è una garanzia per la salute del cittadino; e rilanciato perché questo è un settore che, se intelligentemente gestito, può consentire al cittadino di acquistare i prodotti della terra a prezzi molto convenienti il chè darebbe respiro non solo alle tasche dei consumatori ma anche a quella categoria di piccoli – medi imprenditori agricoli che trovano difficoltà a posizionare i loro prodotti sul mercato.
La nostra proposta per rilanciare il settore della piccola- media imprenditoria agricola è un piano basato sui “prodotti a km quasi zero”.
Fino ad oggi abbiamo sempre sentito parlare di prodotti a km 0 cioè un progetto bellissimo che mette in contatto diretto il produttore-contadino con il consumatore finale, e che prevede che il consumatore si rechi dal suo contadino di fiducia a fare la spesa dei prodotti che la natura offre e a prezzi molto convenienti (dato che si sono saltati tutti quegli intermediari che fanno inevitabilmente lievitare i prezzi dei prodotti). Questa filiera corta, felicissima a dirsi, resta di difficile attuazione in una città tanto grande come Roma, in quanto sono pochissime le persone che hanno la fortuna di avere il contadino sotto casa e, nella maggior parte dei casi gli spostamenti per andare a comprare anche 1 solo kg di frutta sono lunghi e onerosi.
Ecco perché riteniamo che sia più concreto attuare un progetto “prodotti a km quasi zero” cioè riteniamo che il Comune di Roma, insieme alle associazioni di settore, dovrà attivare un vero è proprio “centro di raccolta comunale” cioè una rete di trasportatori auto muniti che tutti i giorni preleverà i prodotti presso i piccoli- medi agricoltori consociati e li posizionerà presso “corner di quartiere”, punti di mercato strategici e di facile accesso al consumo (presumiamo 3 corner per ogni circoscrizione quindi 45 corner su tutta Roma). I rapporti tra il contadino e il messo trasportatore sarebbero garantiti quotidianamente da uno scambio di informazioni via internet in merito alla tipologia e il quantitativo di merce da prelevare e ai prezzi da praticare.
Questi prodotti, vedono l’intervento del trasportatore-intermediario e quindi sono a KM quasi zero ma saranno comunque venduti a prezzi molto convenienti e caricati solo di un minimo margine per le spese di carburante e per il trasportatore.
Questo modello di gestione dei “prodotti a Km quasi 0” lo abbiamo tratto direttamente da un passato non molto lontano che vedeva i contadini e gli allevatori impegnati nella loro piccola azienda agricola ma in cui il posizionamento del prodotto sul mercato era assicurato da piccoli trasportatori locali: una simbiosi che allora come ora , siamo certi, garantirà la sopravvivenza e l’evoluzione di un settore dal quale siamo nati e che siamo certi ha le potenzialità per condurci molto lontano.
PUNTO 9
“Negli ultimi dieci anni le tasse, la burocrazia, il costo del lavoro, il deficit infrastrutturale e l’inefficienza della pubblica amministrazione hanno spinto molti imprenditori a trasferirsi in paesi come l’Austria , la Slovenia dove il clima verso le aziende è più favorevole.
Insieme al Veneto, la Lombardia ha perso quasi diecimila imprese, l’Emilia Romagna più di tremila e il Piemonte altrettante. Messe tutte assieme costituiscono oltre il 72% del totale delle imprese che hanno lasciato il nostro Paese. Meno tasse e burocrazia sono il richiamo:
7 giorni per fondare una società o per una concessione edilizia, 80 per l’avvio di una produzione industriale, imposta secca del 25% sugli utili delle società (non esiste l’Irap), finanziamenti per investimenti produttivi e R&S, costi deducibili e detrazioni, rimborso automatico dell’Iva, approvvigionamenti energetici immediati e sicuri a costi minori, flessibilità del lavoro.”
Ispirandoci proprio a questi principi di maggiore “leggerezza” fiscale e burocratica, il Movimento Unione Italiano, intende battersi per la riorganizzazione fiscale di Roma Capitale; obiettivo è di creare una “bolla” fiscale all’interno di Roma Capitale che deve diventare una città d’Italia a statuto Speciale anche a livello fiscale, si vuole che il Comune di Roma diventi un porto franco in cui agevolare tutte le imprese sulle imposte comunali e questo sarà possibile tagliando le imposte “inutili” che generano introiti che vengono solo sprecati e facendo tagli strutturali su settori realmente inopportuni: vogliamo attuare a Roma un vero e proprio federalismo fiscale.
La scelta di un federalismo fiscale per salvare la capitale è necessaria dal momento che la tassazione italiana è arrivata oramai al 53% e per moltissime aziende si è spinta oltre il 75% strozzando letteralmente il popolo italiano; è come se il contadino che produce 10 litri di latte ne dovesse 7 litri e 12 al padrone e dovesse riuscire a mantenere la sua famiglia con soli 2 litri e 12; oppure, che ne direste se tutti i giorni il cappuccino che beviamo a colazione per metà bisognasse versarlo e darlo ad un altro?