Il campo largo della discordia torna a far parlare di sé. A esporsi sulle alterne vicende del fronte progressista è, ancora una volta, Carlo Calenda che stavolta affonda il colpo contro Alleanza Verdi e Sinistra per il ‘tradimento’ messo in atto (con il Movimento 5 Stelle come complice…) sulle nomine per il nuovo Cda della Rai.

E, a proposito di tradimenti, il leader di Azione conferma di non aver ancora mandato giù del tutto quello di Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, pronunciando parole decisamente pesanti nei loro confronti.

Cda Rai, Calenda contro Avs per denunciare la fragilità del campo largo

Parlare a nuora perché suocera intenda“.

Recita così questo vecchio adagio della tradizione italiana. Un detto che Calenda sembra piegare ai propri scopi politici, quando se la prende con Bonelli e Fratoianni per il comportamento assunto da Avs alla votazione delle nomine del Consiglio di amministrazione della Rai. Sebbene, infatti, il bersaglio della sua invettiva, pronunciata a ‘L’Attimo Fuggente’ a Giornale Radio, sia il partito di Bonelli e Fratoianni, è evidente che il leader di Azione si stia rivolgendo, in realtà, al Partito democratico, asse portante del campo largo.

Calenda dice chiaramente che Avs ha colto “l’opportunità di fregare un altro dell’opposizione, occupando un posto da consigliere nel Cda Rai grazie all’assenza dall’aula del Pd. Un’uscita dall’aula, denuncia il leader di Azione, decisa da tutta l’opposizione fino alla scelta di Avs e Cinquestelle di entrare e partecipare alla votazione, spartendosi i due posti assegnati all’opposizione:

“Non sono mai d’accordo sull’Aventino come principio, tuttavia questa volta c’era un impegno a fare una riforma della Rai”.

Proprio il fronte del centrosinistra ha accusato duramente il colpo di questa mossa a sorpresa, con nuove tensioni sorte tra Pd e M5S che potrebbero addirittura mettere a rischio l’alleanza nelle Elezioni regionali previste in Liguria tra circa un mese. Un segnale non proprio a favore della credibilità del campo largo come alternativa alla destra meloniana.

E Calenda parla proprio di questo in un video pubblicato sui suoi canali social, rivolgendosi al Pd, che del campo largo è il fulcro, e mettendo in dubbio la stabilità di un progetto di alternativa che, a suo dire, ha confermato nuovamente di non stare in piedi.

Il leader di Azione su Gelmini, Carfagna e Versace: “Il loro addio? Immorale opportunismo personale”

Anche sul referendum, Calenda non si lascia ingannare dagli ottimi risultati raggiunti dai colleghi di opposizione negli ultimi giorni, dal milione e 300mila firme raccolte per quello contro l’autonomia differenziata al quorum di 500mila firme raggiunto in tempi record da quello sulla cittadinanza.

Il leader di Azione dice candidamente di avere terrore del referendum, preoccupato dal non raggiungimento del quorum che comporta non solo la sconfitta politica ma anche il dare “alibi al governo” per la sua azione.

Infine, torna nuovamente sull’uscita dal suo partito di Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Giusy Versace, alle quali rivolge parole decisamente poco amichevoli.

Calenda le accusa di aver lasciato Azione “per ragioni di opportunismo personale dopo la sconfitta del terzo polo alle Elezioni europee, per cercare “una condizione migliore dal punto di vista politico, quindi nella maggioranza“.

Per lui, dunque, lo ‘spauracchio’ dell’ingresso di Azione nel campo largo (motivo addotto dalle tre per la loro fuoriuscita) non c’entra nulla, da cui l’attacco sul piano etico alle ex compagne di partito:

“Trovo immorale l’idea che per metà legislatura voti la sfiducia alla Meloni e l’altra metà dici che la Meloni è una statista. Lo trovo triste”.

Di certo, dopo le frasi di oggi, l’ipotesi di un accordo tra Azione e le altre forze di opposizione appare più lontano che mai.