Sono stati riesumati i resti di Francesco Vinci, una delle figure centrali nella cosiddetta “pista sarda” legata ai delitti del mostro di Firenze. L’operazione è stata ordinata dalla procura di Firenze, su richiesta della famiglia dell’uomo, che fu sospettato di essere il mostro ma poi scagionato. Vinci fu trovato morto nell’agosto del 1993 nelle campagne pisane. La riesumazione è avvenuta nella mattina di venerdì 27 giugno, poco dopo l’alba, presso il cimitero di Montelupo Fiorentino (Firenze).

Secondo quanto riportato dall’Ansa, erano presenti sul posto i carabinieri, le due pubbliche ministeri Ornella Galeotti e Beatrice Giunti, che conducono l’ultima indagine sui delitti del mostro di Firenze, e uno dei figli di Francesco Vinci. I resti sono stati trasferiti all’istituto di medicina legale di Firenze, dove verranno analizzati sia dagli esperti della procura che da quelli scelti dalla famiglia.

Come è morto Francesco Vinci?

Francesco Vinci, originario di Villacidro (Cagliari), è stato uno dei principali sospettati nella cosiddetta “pista sarda” riguardante i delitti del Mostro di Firenze. Arrestato nel 1982 con l’accusa di essere responsabile degli omicidi delle coppiette, fu successivamente prosciolto e rilasciato dopo il delitto dei ragazzi tedeschi a Giogoli, avvenuto nel 1983 mentre si trovava già in carcere.

Nel 1993, Francesco Vinci fu trovato morto, incaprettato e carbonizzato all’interno della sua auto nelle campagne di Chianni, in provincia di Pisa, insieme all’amico e pastore Angelo Vargiu. Tuttavia, la famiglia di Vinci ha sollevato dubbi sull’identità del corpo e ha richiesto un esame del DNA per verificare se i resti siano davvero i suoi.

Questo duplice omicidio, caratterizzato da modalità brutali, non è mai stato completamente chiarito. Storicamente, viene associato alle morti violente collegate a persone in qualche modo legate agli indagati per i delitti delle coppiette. Francesco Vinci, insieme al fratello Salvatore, è stato al centro dell’attenzione della procura di Firenze negli anni ’80, quando si cercava di spiegare i delitti del Mostro. In quel periodo, la Toscana era segnata anche dai sequestri di persona dell’Anonima Sarda.

Vinci era stato l’amante di Barbara Locci, assassinata nel 1968 insieme al siciliano Antonio Lo Bianco a Castelletti di Signa. Questo omicidio è considerato il primo della serie attribuita al Mostro di Firenze, poiché venne utilizzata la stessa arma, una Beretta calibro 22. Stefano Mele, marito della Locci e già condannato, accusò Vinci di essere l’autore del duplice omicidio per motivi di gelosia. Il fatto che Vinci fosse ritenuto possessore di una pistola alimentò sospetti anche per i successivi quattro delitti delle coppiette, ma fu rilasciato dopo l’omicidio dei giovani tedeschi a Giogoli.

Riesumati i resti per l’esame del DNA

La riesumazione è stata disposta a seguito della richiesta avanzata dalla vedova di Vinci, Vitalia Velis, e dai suoi figli. La famiglia ha richiesto un esame del DNA per confermare che i resti rinvenuti nel bagagliaio di una Volvo, il 7 agosto 1993, nelle campagne di Chianni (Pisa) – un corpo incaprettato, ucciso e carbonizzato – appartengano effettivamente a Francesco Vinci.

La vedova ipotizza che il cadavere possa non essere quello del marito e che egli possa essere ancora vivo o vittima di circostanze sconosciute. Se il test del DNA dovesse rivelare che il corpo non appartiene a Vinci, potrebbero emergere nuovi scenari inaspettati.