L’Agenzia delle Entrate fa i conti in tasca a milioni di contribuenti, cosicché la corsa a provare voce per voce le entrate e le uscite in caso di accertamento bancario è iniziata da tempo. Anzi, sono diventati più pressanti i controlli sui conti correnti di professionisti, lavoratori autonomi e imprenditori.
Il fisco, infatti, incrocia i dati e, individuando anomalie nei movimenti bancari, avvia un accertamento fiscale. In questo caso, il contribuente è chiamato a contrastare la presunzione bancaria, dimostrando voce per voce la provenienza delle operazioni o la non imponibilità delle movimentazioni. Ma perché questa presunzione è così severa, e come si può fare per evitarla?
Agenzia delle Entrate: accertamento bancario e onere della prova
In materia di accertamento bancario, gli articoli 32 del DPR n. 600 del 1973 e 51 del DPR n. 633 del 1971 dispongono una presunzione legale a beneficio dell’erario: il contribuente deve dimostrare di essere in regola fornendo una prova analitica.
In sostanza, deve provare voce per voce le entrate e le uscite del conto corrente, dimostrando così che i movimenti bancari oggetto di accertamento non riguardano operazioni imponibili.
In altre parole, per i professionisti e le imprese vale la presunzione bancaria: in assenza di prove contrarie, i versamenti sono considerati emolumenti prodotti dall’attività lavorativa e, quindi, soggetti a tassazione. Su questo principio si basa la lotta all’evasione fiscale.
D’altra parte, se il fisco rileva anomalie nei versamenti e nei prelievi, parte dal presupposto che le somme siano imponibili, per cui il contribuente deve giustificare i movimenti fornendo prove dettagliate, come fatture, contratti o documenti simili.
Se l’Amministrazione finanziaria controlla il conto corrente, non sarà sufficiente una spiegazione generica sull’estraneità delle somme ai guadagni dell’impresa. L’onere della prova è a carico del contribuente, che deve fornire un giustificato motivo atto a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono a operazioni imponibili.
Le nuove regole della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con le ordinanze n. 21220 e 21214 del 30 luglio 2024, ha introdotto ulteriori precisazioni in materia di presunzione bancaria nell’ambito dell’accertamento fiscale, riguardando sia i versamenti che i prelievi.
Tuttavia, è importante ricordare che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 228 del 2014, ha già chiarito che per i lavoratori autonomi non è legittima la presunzione bancaria sui prelievi ingiustificati, in quanto non possono essere considerati automaticamente fonte di reddito.
La Corte ha infatti sottolineato che tale presunzione viola il principio di capacità contributiva, affermando che le tasse devono essere pagate in base al reddito effettivamente percepito.
Come evitare problemi con il Fisco?
Un confronto sereno con il fisco parte da una corretta tenuta della contabilità: una visione d’insieme dei movimenti di entrata e uscita, tracciabili e giustificabili, è fondamentale.
In vista di un possibile controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate, lavoratori autonomi, professionisti e imprese devono conservare con cura ogni elemento che possa dimostrare la legittimità dei versamenti e dei prelievi effettuati.
Dalla fattura al tracciamento del pagamento, tutto deve essere documentato in modo preciso. È importante sottolineare che, nel confronto con il fisco, il contribuente deve essere in grado di distinguere nettamente le spese personali da quelle professionali.
Una “promiscuità contabile” può rendere sospette anche le operazioni personali agli occhi dell’Agenzia delle Entrate. Per evitare di dover dimostrare la provenienza di ogni singolo euro, è consigliabile tenere una contabilità separata per le spese personali e quelle professionali.