Ci sono delitti che percepiamo “contro natura”; delitti che, più di altri, ci appaiono inconcepibili, inspiegabili, come quello che stiamo per raccontare. Un delitto che risale a ormai dieci anni fa, ma che in molti ancora ricordano: quello che ha portato in carcere, con una condanna a 30 anni, la giovane Veronica Panarello, accusata di aver ucciso il figlio Lorys. Ecco la sua storia, dall’inizio ad oggi.

La storia di Veronica Panarello

La scomparsa del piccolo Lorys Stival

È il 29 novembre del 2014. Veronica Panarello, 26 anni, vive insieme al marito Davide Stival, 29enne di professione camionista, in un’abitazione di via Giuseppe Garibaldi a Santa Croce Camerina, nel Ragusano. Hanno due figli: Lorys, di 8 anni, che frequenta la terza elementare, e Diego.

È il primo, all’improvviso, a scomparire nel nulla. Sono le 13 quando la madre si presenta al commissariato locale per denunciarne la scomparsa. Racconta che quella mattina lo ha accompagnato a scuola, ma che, all’uscita, non c’era.

Vengono attivate subito le ricerche. Ci si chiede che fine possa aver fatto il piccolo. Se qualcuno non l’abbia rapito. Difficile che si sia perso, in un paese così piccolo.

Il ritrovamento del corpo e le prime indagini

Alle 16.50 la terribile notizia: un cacciatore trova il suo corpo in un fosso rinominato “Canalone”, vicino al Mulino Vecchio, in periferia. È adagiato sul terreno, vestito, con il viso rivolto da un lato e una gamba sopra l’altra. Sembra quasi che stia dormendo.

Presenta, però, dei vistosi segni al collo. È immediatamente chiaro a tutti che qualcuno lo ha aggredito. Che è stato ucciso. Le indagini non escludono nessuna pista ma, per forza di cose, si concentrano soprattutto sulla famiglia. Si scopre, infatti, che il bimbo non era mai arrivato in classe.

La madre, ascoltata, ipotizza che qualcuno possa averlo convinto a seguirlo all’ingresso di scuola e che poi lo abbia portato sul luogo del ritrovamento. Sembra una donna distrutta, sconsolata. Poi, però, fa qualcosa che nessuno si aspetta.

Nel corso di una visita delle maestre del figlio, parla, per la prima volta, delle famose “fascette”. Dice che Lorys gliele aveva chieste per un esperimento da fare a scuola. È un riferimento strano: le donne, una volta uscite dalla sua abitazione, vanno dai poliziotti, che subito le collegano ai segni rinvenuti sul collo del bimbo.

L’arresto per omicidio e occultamento di cadavere di Veronica Panarello

Sono le fascette, stabiliscono gli esperti, l’arma del delitto. Ma perché Veronica le ha nominate? Nel corso di un nuovo interrogatorio la donna viene chiamata a ripercorrere il tragitto compiuto la mattina della scomparsa del figlio.

Dice che è uscita di casa in auto per recarsi a buttare la spazzatura, di aver proseguito dritta fino a scuola di Lorys per poi accompagnare il figlio minore in ludoteca e partecipare a un corso di cucina. Le immagini delle telecamere di sorveglianza, però, la smentiscono.

E dimostrano che Lorys, dopo essere uscito di casa a piedi, è rientrato e non è mai più uscito. Sarebbe morto, secondo le ricostruzioni, tra le 8.48 e le 9.23 del 29 novembre, il lasso di tempo in cui la madre – dopo essersi recata in ludoteca, essere rientrata e aver parcheggiato l’auto in garage – era rimasta in casa prima di uscire di nuovo.

Al termine di cinque ore di interrogatorio viene arrestata con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere e trasferita in una struttura penitenziaria. Gli inquirenti pensano che sia stata lei ad uccidere il bambino.

Il processo e la condanna

Panarello si professa innocente. Solo un anno dopo i fatti fa una parziale ammissione. “L’ho gettato io”, confessa. Ma non dice di averlo ucciso. E non sa spiegare il motivo. Poi sostiene di essersi ricordata che il figlio è morto “a causa di un incidente”, che si è stretto da solo una fascetta intorno al collo mentre erano in casa.

Dice di aver provato a soccorrerlo, di non aver avuto la forza di chiamare nessuno e di essersi disfatta del suo corpo per paura. Gli inquirenti, però, non le credono. Neanche quando, nel 2016, cambia ulteriormente versione, dichiarando che ad uccidere il figlio è stato il suocero Andrea, con cui, stando al suo racconto, aveva avuto una relazione extraconiugale (vicenda che le è costata una condanna per calunnia e diffamazione).

I giudici hanno stabilito che è colpevole: dovrà scontare 30 anni di reclusione. In cella studia per diventare un’operatrice sociale. Il marito Davide e l’altro figlio si sono trasferiti e insieme si sono costruiti una nuova vita. Stanno provando a lasciarsi alle spalle l’accaduto, ma non è facile. Nessuno potrà ridare loro indietro il piccolo Lorys.

Ne ha parlato Fabio Camillacci in una puntata de “La storia oscura””, in onda tutti i giorni dalle 19 alle 20 in radiovisione su Radio Cusano Campus e Cusano Italia TV (canale 122 del digitale terrestre). Puoi recuperarla su Cusano Media Play.