Nuova udienza a Roma per l’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friuliano torturato e ucciso al Cairo, in Egitto, nel 2016. Oggi, 24 settembre 2024, a testimoniare in aula è Elisabetta Belloni, attualmente al capo del Dis- Dipartimento per le informazioni per la Sicurezza- ma, all’epoca dell’uccisione del 28enne, segretario generale della Farnesina.

L’avvocato Alessandra Ballerini, che segue la famiglia Regeni, sottolinea come l’Egitto si sia ufficialmente rifiutato di collaborare affinché i testimoni egiziani possano comparire in aula. Si discuterà quindi della possibilità di richiedere i verbali delle interviste.

Processo Regeni oggi 24 settembre 2024, l’avvocato Ballerini: “L’Egitto non collabora, si discute del’acquisizione dei verbali”

L’avvocato Ballerini è arrivata a Piazzale Clodio, a Roma, insieme ai genitori di Giulio Regeni. Ai giornalisti presenti- tra cui l’inviato di TAG24, Thomas Cardinali- illustra il programma della giornata.

Continua la discussione sulla possibilità di acquisire i verbali dei testimoni egiziani assenti, dato che l’Egitto ha detto che non collaborerà minimamente nella citazione per comparire a testimoniare. Poi, a mezzogiorno, verrà sentita l’ambasciatrice Belloni.

Il legale della famiglia Regeni evidenzia cosa cercheranno di ottenere in questa nuova udienza.

Noi come sempre speriamo di strappare brandelli di verità. Speriamo che oggi se ne aggiunga un tassello

dichiara.

Nella precedente udienza del 19 settembre 2024 sono stati ascoltati Matteo Renzi e Marco Minniti, rispettivamente premier e ministro degli Interni all’inizio del 2016. Il prossimo 10 ottobre saranno presenti in aula l’ex premier Gentiloni e la professoressa Abdelrahaman dell’università di Cambridge.

La testimonianza di Elisabetta Belloni: “Elevata preoccupazione dell’ambasciatore Massari”

In aula l’ambasciatrice Belloni racconta gli eventi avvenuti dopo la sparizione di Giulio Regeni. All’epoca capo di gabinetto del ministro degli esteri Gentiloni, ha ricoperto quella carica finché non è stata nominata segretario generale.

Venni chiamata la mattina del 26 gennaio dall’ambasciatore Massari che spiegò di aver appreso della sparizione di Giulio Regeni la sera del 25 gennaio. Mi chiamo più volte e ci sentimmo frequentemente, le prime chiamate erano di routine perché i casi di sparizione di connazionali all’estero sono frequenti. Tuttavia l’ambasciatore Massari era preoccupato per via della ricorrenza di piazza: aveva diligentemente segnalato di non recarsi in alcune zone. La coincidenza in occasione della scomparsa aveva dato una maggiore preoccupazione, che è cresciuta con il passare delle ore. Io ero in contatto con l’unità di crisi e informai il Ministro Gentiloni

spiega.

Abbiamo avviato le procedure solite, non vi è un protocollo formale perché ci sono diverse modalità in base al paese in cui avviene. Nei paesi europei è tutto più semplice, in paesi difficili come l’Egitto vi è un impegno maggiore per sollecitare una risposta dagli interlocutori locali. Massari ha utilizzato tutte le risorse dell’ambasciata. Al ministero degli esteri vi è un sistema che permette la circolazione in maniera integrata, tutto ciò che va all’ unità di crisi arriva poi alla segreteria generale. Nel caso specifico l’ambasciatore Massari telefonava regolarmente, teneva informato il ministro tramite me.

C’è poi il contatto tra l’allora ministro degli Esteri Gentiloni e il suo corrispettivo egiziano il 31 gennaio.

Non ricordo di telefonate dirette con l’Egitto prima di allora, quella telefonata avvenne su iniziativa del ministro. L’incontro il 4 di febbraio a Londra arrivò in un bilaterale dopo la scoperta della morte di Giulio. Tengo a sottolineare che l’ambasciatore Massari, nella sua richiesta di interlocuzione, aveva ricevuto istruzioni dal Ministero degli Esteri per conto del governo italiano. Al di là delle apparenze confermo che la risposta era di non avere notizie. La richiesta di riscontro non arrivava e lì capivo che non c’era volontà di cooperare.

Il colloquio tra Gentiloni e il ministro egiziano, sottolinea Belloni, “fu molto teso”.

Non nascose la preoccupazione e il dolore per quanto accaduto, ma incalzò moltissimo la sua controparte. Trasmise un messaggio molto chiaro circa la volontà di fare chiarezza e capire quanto successo: le due parti erano visibilmente tese.

All’inizio, aggiunge, non c’era motivo di pensare che le autorità egiziane non volessero cooperare:

presupponevamo di poter ricevere collaborazione. Dopo il colloquio del 2 febbraio, dove non arrivò nessuna risposta, il livello di preoccupazione e la percezione della volontà di non cooperare è diventata evidente. Il ritrovamento del corpo in quelle circostanze fece elevare la percezione, che si è confermata con il passare dei giorni. Il sospetto che ci possa essere stato un coinvolgimento dell’apparato egiziano lo abbiamo avuto tutti, non era evidente fino a che non si sono svolte le indagini.

Dopo la ricostruzione temporale delle comunicazioni all’interno delle autorità italiane, Belloni sottolinea come cercasse di far arrivare “in tutti i modi” la richiesta italiana di collaborazione.

I rapporti bilaterali si sono purtroppo deteriorati, non si perdeva occasione di parlare di Regeni. Non ci sono mai state ammissioni di responsabilità.

La mancanza di collaborazione da parte dell’Egitto

Nel corso della sua testimonianza, Belloni ha ribadito, sia alle parti civili che alla difesa, dell’impegno del Governo ma dell’assoluta mancanza di collaborazione da parte delle autorità egiziane.

Gradualmente ci siamo resi conto della mancanza di collaborazione da parte egiziana. Ci siamo convinti di questo e tutt’ora oggi parliamo di questa mancanza di collaborazione con la mancanza dei soggetti imputati. Non c’è incontro anche oggi con le autorità egiziane che non abbia il caso Regeni all’ordine del giorno. Lo sollevo io in modo preciso, ma è molto che non parlo con la parte egiziana.