La battaglia contro la pirateria nel settore del calcio online sta facendo grandi progressi. Chi è abituato a guardare partite di calcio in streaming senza sottoscrivere un abbonamento ufficiale, utilizzando le cosiddette IPTV illegali, si troverà di fronte a un’importante novità. Un nuovo accordo tra la Procura e la Guardia di Finanza ha infatti potenziato l’efficacia di Piracy Shield, un sistema tecnologico creato per combattere la diffusione di contenuti sportivi non autorizzati.
Questa piattaforma, che impedisce l’accesso a contenuti protetti da copyright, è ora capace di rilevare automaticamente chi tenta di visualizzare trasmissioni in modo illecito e di applicare sanzioni direttamente, evitando lunghe procedure giudiziarie per ogni singolo caso. Le multe previste variano tra 150€ e 5.000€, in base alla gravità dell’infrazione.
Come funziona la Piracy Shield?
Piracy Shield opera bloccando gli indirizzi IP e i domini che trasmettono contenuti senza autorizzazione. In pratica, se un utente tenta di guardare una partita su una piattaforma pirata, il sistema ne blocca l’accesso, impedendo la visione del match. Questo approccio è pensato per prevenire la pirateria in tempo reale, intervenendo direttamente durante la trasmissione di eventi sportivi. I risultati iniziali sono promettenti: durante le prime giornate del campionato di Serie A, migliaia di indirizzi IP e siti che trasmettevano illegalmente sono stati bloccati, dimostrando l’efficacia di Piracy Shield nel contrastare lo streaming non autorizzato.
La lotta alla pirateria è essenziale per tutelare i diritti delle emittenti che acquistano i diritti di trasmissione e per garantire la sostenibilità economica dell’industria audiovisiva. La pirateria, infatti, sottrae risorse a chi produce e distribuisce contenuti originali, danneggiando l’intero settore legale.
Per gli spettatori che seguono le partite in maniera legale, questo rafforzamento delle misure anti-pirateria è un vantaggio. Con un Piracy Shield sempre più efficiente, sarà più difficile accedere a trasmissioni illegali, riducendo così anche il rischio di incorrere in sanzioni.
Multe anche a chi utilizza le VPN?
Non solo il pezzotto. Molte persone utilizzano le Vpn per connettersi a siti inaccessibili dall’Italia e guardare le partite in streaming su portali stranieri. Anche loro rischiano sanzioni? Al momento, questo punto non è chiaro.
Massimiliano Capitanio, Commissario di AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), ha recentemente affrontato il tema della pirateria nel calcio con un post su LinkedIn, dove ha evidenziato la possibilità di sanzionare chi utilizza una VPN per accedere illegalmente a eventi sportivi. Lo ha fatto dopo aver partecipato a un incontro organizzato dalla FAPAV (Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali).
Il Commissario ha fatto riferimento alla legge 93/2023, la quale rappresenta la base normativa per queste azioni, con sanzioni che possono arrivare fino a 5.000 euro per chi utilizza una Virtual Private Network (VPN) per accedere illegalmente a contenuti sportivi, spesso attraverso il cosiddetto “pezzotto”.
Due aspetti sono stati evidenziati: primo, la legge 93/2023 è stata efficace. Secondo, chi utilizza una VPN non può dichiararsi inconsapevole, essendo pienamente cosciente di commettere un illecito e quindi rischia una sanzione fino a 5.000 euro. Capitanio ha inoltre anticipato che probabilmente ci saranno ulteriori sviluppi su questo fronte.
Le Virtual Private Network sono strumenti del tutto legali e utili per proteggere la privacy online, accedere a risorse aziendali in modo sicuro o aggirare restrizioni geografiche, ma il loro uso illecito per lo streaming pirata comporta conseguenze legali.
Tuttavia, per identificare e punire coloro che usano questi strumenti per accedere illegalmente ai contenuti sarà necessaria la collaborazione dei fornitori di servizi VPN. Questo rappresenta una sfida complessa, considerando che molte di queste aziende operano da paesi esteri e spesso applicano rigide politiche di non tracciamento, dichiarando di non salvare dati sulle attività degli utenti.